14. Il sapore dell’onestà
Un giorno, in una riunione di fine marzo, un capo ha parlato di un fratello arrestato e torturato brutalmente. In un momento di estrema debolezza, aveva tradito altri due membri della Chiesa. Pieno di rammarico, ha letto le parole di Dio di giudizio e rivelazione, capendo il motivo del suo fallimento, con animo genuinamente pentito. Il capo ci ha chiesto cosa pensavamo di quell’esperienza, se contasse come vera testimonianza. Ci ha anche chiesto di scambiarci qualche parere. Essendo davvero nervosa, ho iniziato a fare congetture: perché voleva che ne discutessimo? Per verificare se vedessimo chiaramente il problema? Ho pensato: “Quel fratello ha tradito gli altri solo per debolezza temporanea. È stata una trasgressione. Però, ha conosciuto meglio se stesso e si è pentito davvero, quindi la sua esperienza dovrebbe contare come testimonianza”. Poi, però, mi è venuto un dubbio: “Prima vediamo cosa dicono gli altri; non vorrei sbagliare o rimanere sul vago, facendo una figuraccia”. Gli altri si sono messi a esprimere pareri. Per cominciare, una sorella ha detto qualcosa di molto simile alla mia idea, il che mi ha fatto sentire approvata. Però, subito dopo, un’altra ha detto che quel fratello era stato un Giuda, che aveva tradito Dio, quindi la sua non era da considerare una testimonianza a Dio. Poi altri, in tutta sicurezza, hanno affermato la stessa cosa, che non contava. Vedendo tanti fratelli fare eco a quell’opinione e sostenerla mi ha fatto vacillare e confondere le idee. A quel punto, il capo ha aggiunto: “Chi pensa che non sia una testimonianza, alzi la mano”. Parecchie persone l’hanno fatto, ma io non ero sicura, così l’ho tenuta abbassata. Pensavo: “Non posso alzare la mano al momento sbagliato. Non dimostrerei scarsa levatura e comprensione?” Mentre ci rimuginavo, il capo mi ha chiesto perché tenessi giù la mano. Tra me e me, ho pensato: “Oh no, perché si è rivolto a me? Avrei dovuto farlo?” E l’ho subito alzata. Il cuore mi batteva forte. Mi sentivo un po’ inquieta. Era giusto tenerla su, o no? A me sembrava che fosse valida come testimonianza, ma avevo alzato la mano senza pensarci bene. A quel punto, visto che avevo preso posizione, mi sono messa ad ascoltare gli altri. Ognuno presentava il proprio punto di vista, perciò ho iniziato a rifletterci con calma. Quel fratello si era veramente pentito, quindi la sua testimonianza doveva essere valida. Sentivo che probabilmente avevo sbagliato ad alzare la mano. In quel momento, ci tenevo a esprimere il mio vero pensiero però, a pensarci bene, non comprendevo a pieno. Se avessi avuto ragione, mi sarebbe andata bene ma, in caso contrario, cosa avrebbe detto di me, il capo? Che ero di scarsa levatura o esperienza superficiale? Se avesse riscontrato quelle cose, avrebbe rinunciato a formarmi e non avrei avuto futuro nella casa di Dio. Inoltre, c’erano tanti fratelli presenti e un errore sarebbe stato davvero imbarazzante. Presa dai tentennamenti, spesso stavo per aprire bocca, ma alla fine sono rimasta in silenzio.
A quel punto, il capo ha detto che era decisamente una testimonianza, e che tradire Dio in un momento di debolezza, sperimentando poi il giudizio e il castigo, con vero pentimento, era un’ottima testimonianza. È stato motivante per molti fratelli, a dimostrazione della grande misericordia che Dio concede a chi è di fede sincera. Dio sa quanto siamo corrotti perciò, rivolgendoci a Lui con vero rammarico, Egli ci darà la possibilità di pentirci; proprio questo tipo di testimonianze rendono gloria a Dio e svergognano Satana. Il capo ha continuato a spiegare che la nostra comprensione era impura, che eravamo ingannevoli e disonesti, con pensieri divergenti dalle parole di Dio. Dato che dovevamo discutere di quell’esperienza, ci era sembrato che celasse qualcosa di errato. Non eravamo stati sinceri, tentando solo di indovinare i pensieri del capo. Il capo, con pazienza, ha tenuto una condivisione: dovevamo pensare con la nostra testa e avere un’opinione su tutto; dovevamo essere sinceri, che fossimo nel giusto o no. È il minimo che ci viene richiesto per la nostra condotta. “Il minimo che ci viene richiesto” mi ha messo davvero a disagio. In effetti, aveva ragione. Esprimere ciò che penso davvero, anche se ho torto, è meglio che seguire il gregge. Almeno è la mia visione, è una forma di onestà. Mi odiavo per non aver parlato con sincerità. In quei pochi minuti, quando avrei dovuto prendere posizione, ero stata disonesta, senza praticare la verità. Ignoravo persino i requisiti minimi della condotta umana. Non solo avevo detto e fatto la cosa sbagliata, ma mi ero comportata in modo scorretto.
Nei devozionali, dopo l’incontro, ho letto queste parole di Dio: “Nella propria fede in Dio e nel modo di comportarsi bisogna intraprendere la retta via; non bisogna usare modi e metodi disonesti e malvagi. Che cosa si intende con modi e metodi disonesti e malvagi? Si intende una fede in Dio che si fonda sempre su astuzie meschine, fumisterie e trucchi squallidi; cercare di dissimulare la propria corruzione e di nascondere problemi quali le proprie manchevolezze, i propri difetti, la propria scarsa levatura. Si intende l’affrontare sempre le cose mediante filosofie sataniche, cercare di ingraziarsi Dio e i capi della Chiesa in questioni manifeste, ma non mettere in pratica la verità, non fare le cose secondo i principi e prestare continuamente grande attenzione agli altri per adularli; si intende il domandare: ‘Come me la sono cavata ultimamente? Mi appoggiate tutti? Dio sa delle buone cose che ho fatto? E se lo sa mi loderà? Che posto ho nel cuore di Dio? Rivesto qualche importanza per Dio?’ Ciò che si sta domandando in realtà è se nella propria fede in Dio si possa essere benedetti. Le riflessioni continue su cose del genere non sono forse modi e metodi disonesti e malvagi? Questa non è la retta via. Allora qual è la retta via? È quando nella propria fede si ricerca la verità, quando si è in grado di acquisire la verità e conseguire cambiamenti nell’indole” (“Sei indicatori di crescita nella vita” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Dio ci ricorda e ci avverte di prendere la retta via nella nostra condotta e come credenti. Dobbiamo perseguire e praticare la verità. Se non mettiamo impegno in queste cose positive; se l’unico nostro pensiero è celare i nostri difetti, metterci in mostra, cercare l’approvazione dei capi e avere prestigio nella Chiesa; se badiamo troppo a ciò che Dio e i capi pensano davvero di noi… questo è percorrere il sentiero del male. Il mio comportamento era proprio come Dio rivelava. Non ero sicura se l’esperienza di quel fratello fosse una vera testimonianza, ma non ho parlato dal fondo del cuore. Invece, ho analizzato, giocato le mie carte e calcolato le reazioni degli altri. Quando il capo mi ha chiesto perché non avessi alzato la mano, mi sono ritenuta in errore e, quando la maggioranza aveva deciso che non valeva come testimonianza, sono corsa dietro alla massa. Sono stata meschina, guardando da che parte soffiava il vento. Non ho mostrato altro che un’indole satanica ingannevole. Perché era stato così difficile dire anche una sola parola sincera? Perché avevo paura di mettermi in imbarazzo con un’affermazione errata, temevo che il capo mi avrebbe disprezzato, smettendo di formarmi, e che mi avrebbe rimossa dal mio compito se fosse capitato più spesso. Volevo solo proteggere il mio prestigio e la mia posizione, nascondere la mia scarsa levatura e impegnarmi per figurare al meglio. Volevo comportarmi come una persona di alta levatura che capiva la verità e aveva molta perspicacia. A ogni domanda, cercavo sempre la risposta giusta che coincidesse con il pensiero del capo, così mi avrebbe ammirata e avrei dato un’impressione positiva. Allora, avrei ottenuto approvazione e stima anche dai fratelli. Ho visto quanto fosse ingannevole e calcolatore il mio approccio. Non ero schietta nemmeno su una cosa tanto semplice. Non mi usciva neanche una parola onesta e di cuore. Analizzavo la situazione con astuzia per mantenere il prestigio nella casa di Dio. Stavo imboccando la via del male, non la retta via. Pur essendone consapevole, non ci ho riflettuto in profondità.
Poi, tre mesi dopo, ho ascoltato questa condivisione da parte di Dio. Dio dice: “Gli anticristi attaccano Cristo nello stesso modo in cui trattano gli uomini, imitandoLo in ogni cosa che dicono e che fanno, ascoltando il Suo tono e cercando di captare il significato delle Sue parole. Quando parlano, nemmeno una delle loro parole è reale o sincera; sanno soltanto pronunciare parole vuote e dottrina. Provano a ingannare e a imbrogliare questa persona che, ai loro occhi, è soltanto un individuo comune. Parlano nello stesso modo in cui un serpente striscia, con una traiettoria tortuosa e indiretta. Lo stile e la direzione delle loro parole è come un tralcio di melone che si arrampica lungo un palo. Quando Tu dici che qualcuno è di buona levatura e potrebbe essere promosso, parlano immediatamente di quanto sia buono e di ciò che si manifesta e si rivela in lui; e se Tu dici che qualcuno è cattivo, si affrettano a parlare di quanto sia perfido e malvagio, di come causi perturbazioni e interruzioni nella chiesa. Quando Tu desideri scoprire la verità riguardo a qualcosa, non hanno nulla da dire; prevaricano, aspettando che Tu prenda una decisione, cercando di captare il significato delle Tue parole, cercando di indovinare le Tue intenzioni. Tutto ciò che dicono è lusinga, adulazione e ossequiosità; dalle loro bocche non esce una sola parola di verità” (“Disprezzano la verità, contravvengono pubblicamente ai principi e ignorano le disposizioni della casa di Dio (Parte seconda)” in “Smascherare gli anticristi”). Queste parole di Dio mi hanno trafitta. Mi sono tornate in mente tutte le volte in cui ero stata disonesta e mi ero allineata alle esigenze degli altri. Non avevo un contatto diretto con Cristo, eppure non accettavo l’esame di Dio nell’ambiente da Lui predisposto. Volevo solo mettermi in mostra e compiacere il capo, così misuravo le parole e dicevo ciò che voleva sentire senza la minima traccia di onestà. Era tutta apparenza e niente sostanza. Parlavo e agivo proprio come una serpe, ero repellente agli occhi di Dio. Pensavo che, improvvisando in quel modo, avrei potuto ingannare il capo credevo di fargli una buona impressione rispondendo bene alla domanda, di assicurarmi una posizione e un futuro nella casa di Dio. Quanto sono stata sciocca! In realtà, stavo cercando di ingannare Dio. Non ero davvero convinta che Dio esaminasse tutto. La mia levatura, la mia statura e i miei pensieri, il mio atteggiamento e le prospettive in ogni situazione… Egli vede tutte queste cose in modo cristallino. Potevo anche raggirare chi mi circondava, ma mai ci sarei riuscita con Dio. In realtà, Dio non guarda ciò che dico o faccio davanti agli altri, ma come mi avvicino alla verità. Guarda ciò che pratico e vivo ogni giorno, come mi comporto nel mio dovere. Dio esamina specialmente le piccole cose come questa. Vede se amo e pratico la verità, e quella mia falsa facciata non poteva affatto ingannarLo. Allora, ho finalmente capito che non solo ero subdola, ma negavo la giustizia di Dio e il fatto che Egli osserva ogni cosa. Mi stavo comportando da non credente. In precedenza, quando avevo sentito l’analisi di Dio sugli anticristi che disprezzano Cristo e Lo adulano, non pensavo che mi riguardasse particolarmente. Non avevo mai incontrato Cristo di persona e non credevo di poter mai mostrare quell’indole satanica. Poi, ho finalmente capito il mio errore, perché non serve entrare in contatto con Cristo per rivelarla. Ho cercato di ottenere il favore del capo, entrando nelle sue grazie; ero disposta a fare cose del genere per il prestigio nella casa di Dio. Stavo mostrando esattamente quell’indole satanica. Se mai mi fossi trovata faccia a faccia con Cristo, essa sarebbe emersa ancor di più. Involontariamente, avrei tentato ancora di ingannare e avversare Dio.
Per alcuni giorni, ho continuato a riflettere: anche se avevamo dato la risposta sbagliata, il capo non ci aveva potato e trattato come immaginavo, non aveva detto che eravamo di scarsa levatura, non ci aveva rimossi né aveva smesso di formarci. Ci aveva solo chiesto dei punti di vista per capire le nostre mancanze, prima di condividere sulla verità e darci una guida sui princìpi. Ha anche esposto la nostra indole corrotta e ci ha chiesto di riflettere su noi stessi. Tutto ciò che ha fatto è stato per aiutarci e sostenerci. Non c’è posto per le congetture nella casa di Dio e con gli altri fratelli. Allora, mi sono venute in mente queste parole di Dio: “Dio possiede l’essenza della lealtà, perciò ci si può sempre fidare della Sua parola. Inoltre, le Sue azioni sono irreprensibili e indiscutibili. Ecco perché Dio apprezza coloro che sono del tutto sinceri con Lui” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tre ammonimenti”). Le parole e le azioni di Dio meritano la nostra fiducia, Egli ci tratta con sincerità. Quando Dio creò l’uomo, Gli disse quali frutti del giardino poteva o non poteva mangiare. Erano parole semplici e dirette, senza traccia di ambiguità. Nell’Età della Grazia, il Signore Gesù diceva sempre “In verità, in verità vi dico”. Anche in questa fase dell’opera di Dio, possiamo sentire quanto siano oneste e concrete le parole di Dio Onnipotente. Perlopiù sono parole di cuore, che emanano calore e gentilezza; anche se le parti che mettono a nudo la nostra indole corrotta sembrano severe, sono tutte basate sulla realtà, servono tutte a purificarci e salvarci. Con noi, Dio è sincero e trasparente. Non mostra alcuna finzione. Invece io, in quella situazione, calcolavo e tramavo senza un briciolo di onestà. Sentivo di essere davvero troppo ingannevole e meschina.
Allora, mi sono tornate in mente alcune parole di Dio. “Apprezzo moltissimo coloro che non sospettano degli altri e Mi piacciono moltissimo anche coloro che accettano prontamente la verità; ho grande riguardo per questi due tipi di uomini, perché ai Miei occhi sono onesti. Se sei molto falso, allora avrai un cuore diffidente e pensieri sospettosi riguardo a ogni faccenda e a ogni uomo. Per questo la tua fede in Me è costruita su una base di sospetto. Non riconoscerò mai questo tipo di fede” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Come conoscere il Dio sulla terra”). Prima, non avevo mai capito perché Dio dicesse che chi non sospetta degli altri e accetta prontamente la verità è onesto ai Suoi occhi. Ma ora, riflettendo sulle Sue parole, ho cominciato a capire. Gli onesti sono candidi, senza sospetti verso Dio o l’uomo. Non analizzano ogni cosa usando il cervello umano, ma giungono dinanzi a Dio per cercare la verità. Accettano e praticano ciò che possono capire e fanno ciò che dice Dio. Si avvicinano alla verità con cuore onesto, e un cuore così è tanto prezioso. Ecco cosa significa essere come bambini. Dio li benedice, lo Spirito Santo opera dentro di loro, con la guida e l’illuminazione. Allora, capiscono e ottengono la verità più facilmente. Però, c’è anche chi dice la verità e compie un po’ il proprio dovere, ma dentro è come un labirinto, sempre diffidente e in guardia, con sospetti anche su Dio, tanto adorabile e gentile; quelle sono le persone più false e disoneste. A quel punto, ho cominciato a capire perché Dio dice che gli impostori non possono essere salvati. Da un lato, Dio è così fedele che odia i falsi e non li salva; dall’altra, dipende da ciò che perseguiamo. Gli impostori sono troppo complicati. Tentano sempre di indovinare, analizzare e difendersi dalle persone, dalle cose e da Dio. Sono anche bravi a leggere le persone. Hanno la mente sopraffatta da queste cose e non ricercano affatto la verità. Lo Spirito Santo non può operare in loro. Ecco perché non capiranno mai la verità. È come dice Dio: “Dio non rende perfetti coloro che sono falsi. Se il tuo cuore non è onesto, se non sei una persona onesta, allora non sarai mai guadagnato da Dio. Allo stesso modo, non acquisirai mai la verità e sarai inoltre incapace di guadagnare Dio” (“Sei indicatori di crescita nella vita” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). A quel punto, mi sono fatta un bell’esame di coscienza. Di fronte a un problema, non avevo cercato la verità dinanzi a Dio con cuore onesto, ma ero ossessionata da come si esprimevano gli altri. Ero spesso così anche nelle normali discussioni con i fratelli. A volte, non capivo del tutto una questione, ma mi accodavo a ciò che aveva compreso la maggioranza. Altre volte avevo un’opinione ma, per paura di dire la cosa sbagliata, mi trattenevo, ascoltando prima gli altri, e mi limitavo alle affermazioni corrette. Altrimenti, preferivo tacere per non perdere la faccia. Ho capito quanto fossi falsa e involuta. Quando non capivo qualcosa, seguivo solo la massa, osservando prima le reazioni altrui. Di conseguenza, non capivo mai veramente la verità. Non ci deve spaventare la scarsa levatura o non sapere la verità. Ciò che fa paura è nascondere sempre ciò che non si capisce. Allora, non si sarà mai in grado di capire la verità. Trovavo pericoloso andare avanti così; per me, l’onestà era imprescindibile.
Ho iniziato a ricercare il modo di affrontare le cose con onestà in futuro e i princìpi a cui attenermi. Ho letto due passi dalle parole di Dio: “Per essere sincero, devi prima di tutto mettere da parte i tuoi desideri personali. Invece di concentrarti su come Dio ti tratta, devi dire ciò che hai nel cuore e non valutare o considerare quali saranno le conseguenze delle tue parole; devi dire tutto ciò che pensi, accantonare le tue motivazioni e non dire le cose solo per conseguire qualche obiettivo. Quando hai troppe intenzioni personali, sei sempre guardingo nel modo in cui parli. ‘Dovrei dire questo, non quello, devo stare attento a ciò che dico, devo raggiungere il mio obiettivo’: qui sono forse implicate motivazioni personali? Mentalmente stai già facendo giri di parole prima ancora che ti escano di bocca, hai elaborato più volte ciò che stai per dire, in testa l’hai già filtrato ripetutamente. Nell’uscirti di bocca, queste parole presentano le macchinazioni ingannevoli di Satana. Questo non è essere sinceri” (“Disprezzano la verità, contravvengono pubblicamente ai principi e ignorano le disposizioni della casa di Dio (Parte seconda)” in “Smascherare gli anticristi”). “In tutte le questioni, dovresti essere aperto verso Dio e avere un cuore aperto. Questi sono l’unica condizione e l’unico stato che si dovrebbero mantenere dinanzi a Lui. Anche quando non sei aperto, sei aperto dinanzi a Dio. Lui lo sa, a prescindere che tu lo sia oppure no. Non sei forse stupido se non riesci a capirlo? Dunque come puoi essere saggio? Sai che Dio esamina e conosce ogni cosa, perciò non illuderti che possa non sapere; siccome è certo che vede in segreto la mente degli uomini, le persone farebbero bene ad avere un cuore un po’ più aperto, a essere un po’ più pure e oneste. È questa la cosa intelligente da fare. […] Quando gli uomini cominciano a prestare attenzione alla forma, quando si mettono in mente questa idea, quando ci riflettono sopra, diventa una faccenda seccante. Nella loro mente pensano sempre: ‘Cosa posso dire per indurre Dio ad avere una buona opinione di me e per impedire che sappia cosa penso davvero? Qual è la cosa giusta da dire? Devo tenere più cose per me stesso, avere un po’ più di tatto, avere un metodo; forse allora Dio avrà una buona opinione di me’. Pensi che Lui non lo scoprirà se ragioni sempre così? Dio conosce ogni tuo pensiero. È estenuante ragionare in questo modo. È molto più semplice parlare onestamente e sinceramente, e ti rende la vita più facile. Dio dirà che sei onesto e puro, che hai un cuore aperto, e ciò è infinitamente prezioso. Se hai un cuore aperto e un atteggiamento onesto, anche se ci sono volte in cui esageri e agisci stupidamente, per Dio non è una trasgressione: è meglio che ricorrere a giochetti meschini ed elucubrare e macchinare costantemente” (“Vogliono che gli altri obbediscano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte seconda)” in “Smascherare gli anticristi”). Secondo le parole di Dio, la sincerità è la cosa più importante e fondamentale nel modo in cui ci avviciniamo a Lui e alle situazioni che Egli predispone. Dobbiamo mettere a nudo il nostro cuore di fronte a Lui, senza occultamenti o trucchi, senza tentare di analizzare o elaborare. Non dobbiamo nascondere le motivazioni dietro le nostre parole né impiegare strategie, ma solo esprimerci con il massimo della franchezza. Dobbiamo riconoscere se non comprendiamo una cosa che ci sfugge e presentarci dinanzi a Dio, ricercando la verità con cuore candido e onesto. Questa si chiama saggezza. Dio vede ogni cosa e ci conosce come il palmo della Sua mano. Egli sa perfettamente la mia levatura, le verità che comprendo, lo spessore della mia esperienza e se sono perspicace. Dinanzi a Lui, non ho nulla da nascondere. Che bisogno c’è di coprire i miei difetti e fingere di capire tutto? In realtà, le continue congetture, le osservazioni per indovinare le idee altrui, i tentennamenti prima di parlare erano uno sfinimento mentale ed emotivo, che Dio detestava. Solo allora ho finalmente capito quanto sia importante l’innocenza e la sincerità dal profondo del cuore. Sono cose che Dio apprezza, e anche un modo più libero e rilassante di vivere. Ho anche compreso che Dio non guarda solo la levatura delle persone o la correttezza delle loro idee. Egli ci scruta nel cuore, vede come ci approcciamo alla verità e quale indole esprimiamo nel frattempo. Sì, a volte sbagliamo, ma se siamo aperti e onesti, Dio non si cura della nostra stoltaggine o scarsa levatura, non ci condanna per questo. Al contrario, ciò che trova disgustoso e odioso è l’inganno continuo. A quel punto, ho deciso di praticare la verità e di comportarmi da persona onesta. Se rimango aperta a Dio nell’ambiente da Egli creato e sincera nei rapporti con gli altri, se parlo dal cuore e mi apro su ciò che comprendo, posso pian piano eliminare la mia indole di ipocrisia, inganno e corruzione.
Ricordo una volta in cui ci siamo rivolti al capo riguardo a un inno della Chiesa in cui un paio di versi ci sembravano vuoti. Lui non ha commentato su quei versi, ma ha detto che l’inno era senza valore, che non andava bene. Mi è uscita di bocca la parola “sì”. Ho capito subito di non essere stata sincera. Non avevo riscontrato i problemi di cui parlava. Gli andavo dietro, fingendo di aver capito. Odiavo il modo in cui mi spuntava una bugia appena aprivo bocca e quella volta non volevo più fingere. Se non lo capivo, non lo capivo e basta. Ho pensato alle parole di Dio: “Essere sinceri vuol dire astenersi dall’impurità nelle vostre azioni e parole” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tre ammonimenti”). Sapevo di dover rettificare con onestà la bugia appena detta. Così ho detto al capo che due versi mi sembravano errati, ma non avevo capito che quell’inno non valesse nulla. Lui, con pazienza, ha condiviso con noi sui problemi dell’inno, aprendomi un po’ gli occhi su di esso. Ho sentito un senso di pace. In verità, le nostre parole, azioni o opinioni non hanno bisogno di orpelli: basta essere solo persone oneste, pratiche e realistiche. Nel mio gruppo, discutendo con i fratelli e le sorelle, ho anche iniziato a praticare l’onestà. Che avessi ragione o torto, esponevo il mio parere autentico. Ero franca su tutto ciò che non capivo e, quando sbagliavo, correggevo i miei errori. Ciò mi ha portato grande tranquillità. Sono ancora lontana da chi è realmente sincero, ma ho davvero sentito l’importanza di essere sincera e so che è l’unico modo per essere salvati da Dio. Aspiro davvero a diventare una persona onesta e mi voglio ancora impegnare per puntare a questo obiettivo. Sia ringraziato Dio!