6. La fama e la fortuna mi hanno recato sofferenza
Era primavera, avevamo organizzato un barbecue con gli altri medici dell’ospedale. Mentre eravamo per strada, alcuni abitanti del luogo hanno riconosciuto la dottoressa Wang. Erano tutti felici e riconoscenti verso di lei. L’hanno salutata con grande calore. A un certo punto, ci siamo resi conto che ci mancavano cose per cucinare, e quelle persone si sono mostrate gentilissime. Se vedevano che ci serviva qualcosa, ci offrivano la loro. Alcuni beni di prima necessità scarseggiavano in quei giorni e quindi erano piuttosto preziosi. Ad esempio, non c’era molto latte. Bisognava fare lunghe file per averne un po’. Eppure, a noi lo portavano direttamente dal caseificio… Tutte queste attenzioni erano dovute alla reputazione della dottoressa Wang. Lei socchiudeva gli occhi mentre sorrideva, e io non potevo fare altro che invidiarla: era davvero ammirata e rispettata da tutti, ovunque andasse, e non doveva preoccuparsi di nulla! La sua presenza bastava a rendere tutto facile. Io, invece, ero un semplice medico, nessuno mi conosce. Io, quel trattamento, non lo ricevevo mai. Io potevo solo seguire la sua scia. Che sconforto… Poi, però, mi è venuto da pensare ai suoi capelli bianchi: dopotutto ero ancora giovane. Se avessi studiato come si deve, imparato dai colleghi più anziani e mi fossi impegnata, prima o poi anch’io magari sarei stata famosa e rispettata come loro.
Così, dopo essermi messa sotto per un mese, ero in grado di stare in servizio da sola e anche di operare. Ma questo era solo il primo passo. Dovevo ancora faticare. Quindi stavo sempre a studiare teorie mediche. Ho sostenuto un esame e frequentato ogni sorta di corsi per recuperare al di fuori dell’orario lavorativo. Quando serviva un intervento di emergenza, che fossi di turno o meno, non mi lasciavo mai scappare l’occasione di operare. A volte, in sala operatoria, mi veniva fame, ma il mio corpo passava in secondo piano, perché non erano previsti errori. A volte addirittura dovevo fare turni di 24 ore. Una volta finito, mi sentivo mentalmente stordita e fisicamente esausta. Avevo un disperato bisogno di riposare, ma poi mi ricordavo che mio padre mi diceva sempre: “Nessun dolore, nessun guadagno”, e mi raccontava storie su quanto sia importante faticare per raggiungere un obiettivo. Quindi mi ripetevo di tenere duro e mi imponevo di continuare a impegnarmi. La prima cosa che facevo, appena tornata a casa la sera, era poggiare la testa sul cuscino. Mi distendevo e rilassavo il corpo esausto, dolorante. Chiudevo gli occhi, volevo dormire, ma nella testa rivedevo ogni dettaglio di un intervento. Temevo che la mia mente fiacca mi avrebbe portata a commettere errori in sala operatoria. Pensavo agli ex colleghi che avevano fatto piccoli sbagli: gli era stato negato a vita il diritto di operare. Bastava che una minima cosa andasse storta e avrei fallito per sempre. Venivo subito assalita da una sensazione di stress, stanchezza, paura e preoccupazione. Il corpo e la mente erano stanchissimi. Mi veniva da pensare all’intervento elettivo programmato per l’indomani: anche se tornavo a casa tardissimo, dovevo controllare e ripassare, più e più volte, la teoria necessaria per l’operazione del giorno dopo, per essere sicura di non sbagliare. Nonostante la stanchezza, mi spronavo con la speranza di farcela, un giorno: “Dai, non mollare! C’è una luce in fondo al tunnel!”, mi dicevo.
Alla fine, dopo 7 anni di impegno e di persistenza, sono diventata un medico accreditato. In quel momento, c’erano alcune parole che troneggiavano nella mia mente: ne è valsa la pena! Passando a un grado più alto, anche la mia parcella cresceva. Eseguivo tutte le operazioni che solo i medici di livello potevano fare e il mio nome era nella lista dei capi chirurgo. Anche lo stipendio era aumentato, insieme al prestigio. I miei colleghi, invece, rimanevano indietro. Non è facile spiegare a parole la mia gioia, soprattutto quando le persone mi riconoscevano, nelle strade affollate. Io non conoscevo loro, ma loro conoscevano me. Si complimentavano per le mie abilità di chirurgo. Mi guardavano ammirati e dicevano che si erano rivolti a me in passato e che, con poca spesa, avevano subito visto miglioramenti, mentre il loro precedente medico li aveva curati per lunghissimo tempo senza il minimo risultato. Qualcuno mi diceva: “Mi riferiscono che lei è un bravo medico. Mi hanno consigliato di rivolgermi a lei, anche se ultimamente pare abbia un’agenda molto fitta…” Quando sentivo queste cose, facevo un grande sorriso. Dentro di me scoppiavo di gioia. Dopo tanto tempo, ancora si ricordavano certe cose. Altri addirittura venivano da me proprio perché ero rinomata. D’un tratto sentivo che la mia reputazione era cresciuta e assaporavo il gusto del successo. Però, dopo la felicità, arrivava il pensiero di quanta strada dovessi ancora fare prima di diventare uno strutturato. Per ora potevo solo eseguire interventi di routine. Una volta salita di grado, anche il livello degli interventi sarebbe cresciuto, assieme all’ammirazione della gente e al numero di pazienti che avrebbero voluto consultarmi. Avrei goduto di un prestigio ancora maggiore?
Così, ho accelerato il passo per raggiungere fama e fortuna. Mio marito si lamentava e discutevamo spesso, perché passavamo sempre meno tempo insieme. Mi sentivo stanca e trattata ingiustamente. Continuavo a chiedermi: “A cosa sono serviti tutti i miei sforzi? Volevo avere una carriera di successo e una bella vita. Forse ho sbagliato in qualche cosa? Ma no, è mio marito che non vuole sentire ragioni. Non ha ambizioni”. Mi asciugavo le lacrime e inviavo la richiesta per entrare a far parte di un’unità medica a livello comunale, per approfondire gli studi, migliorare le mie capacità e diventare strutturata. Era un’opportunità rara e ne ho fatto tesoro. Ma, nel frattempo, ho scoperto di essere incinta. Non me lo aspettavo. La gravidanza mi ha lasciata spiazzata: non era assolutamente il momento giusto per avere un figlio. Mi era costata tanto quell’opportunità: non potevo rinunciarci per fare la madre e rovinare ogni mia prospettiva futura. Ma poi ho pensato al bambino: non volevo abortire. In seguito, visto che stavo molto in piedi a operare e lavoravo troppo, saltando anche i pasti per eseguire interventi non programmati, alla fine, ho avuto un aborto spontaneo. Nemmeno per un momento, però, ho smesso di perseguire fama e fortuna. Volevo tornare a lavorare in ospedale già subito dopo l’intervento di rimozione del feto, ma quel giorno ero così debole fisicamente. Sentivo il corpo a pezzi, mi faceva male lo stomaco e le gambe non mi reggevano. L’unica cosa da fare era stendermi sul letto e riposare. Tuttavia, il mio pensiero non andava al bambino che avevo perso o a come prendermi cura della mia salute. L’unica cosa di cui mi preoccupavo era il ritardo accumulato negli studi, che avrebbe potuto posticipare il conseguimento della laurea. Tutto il mio impegno sarebbe valso a nulla?
Dopo altri sette anni di lavoro estenuante, finalmente ho realizzato il mio sogno: sono diventata medico strutturato. I miei pazienti mi salutavano quando mi vedevano e dicevano a tutti i presenti: “Mi ha operato lei, la dottoressa Tian: mi ha salvato la vita”. Alcuni venivano a trovarmi a casa, portando ogni tipo di specialità locale. Qualcuno recava regali e buoni spesa in segno di gratitudine. Capitava di trovarmi al ristorante e di vedermi offrire il conto da uno dei miei pazienti, a mia insaputa. Anche se tutto ciò suscitava l’invidia generale, la mia felicità era sempre soltanto momentanea e nascondeva tanto dolore e fatica, ma nessuno sapeva quanto. Durante un intervento, non posso permettermi il minimo errore, altrimenti le conseguenze sarebbero inimmaginabili. Ero sempre preoccupata di commettere uno sbaglio che mi avrebbe rovinata. Ero molto cauta, sempre sul filo del rasoio. La mia mente non reggeva più il troppo stress a cui l’avevo sottoposta. Ero arrivata a pesare circa 40 chili e la mia salute ne risentiva, era molto peggiorata, anche a causa dei lunghi periodi di lavoro eccessivo. Tanto che non dormivo, avevo mal di stomaco e la cistifellea infiammata. Non riuscivo a mangiare né a dormire. La notte, contavo tutte le ore, senza riuscire a chiudere occhio, pur assumendo fino a quattro sonniferi. Durante il giorno, mi sentivo stordita e spossata. Mi sembrava di avere il piombo nelle gambe. Era veramente dura. Il mio sorriso aveva un sapore amaro al pensiero di possedere prestigio e ammirazione generale, ma di non riuscire nemmeno a fare un pasto o un sonno come una persona normale. Addirittura volevo evitare il lavoro, evitare tutto, volevo solo dormire, ma era una semplice chimera. La cosa peggiore era che, nel momento in cui mi servivano attenzioni e cure, mio marito era da qualche parte a bere e a divertirsi, mentre da sola dovevo reggere il peso della mia tristezza. In quelle notti immobili, mi sentivo infelice e impotente. Facevo fatica a prendere sonno e spesso sognavo di vagare nel buio, senza vedere in quale direzione andassi, senza individuare la strada di casa. Avevo tanta paura e mi dimenavo. Una volta, mi sono svegliata gridando: “Ah!” Avevo la fronte sudata. Ho acceso la luce e mi sono seduta sul bordo del letto, pensando al rispetto dei miei pazienti e agli elogi della mia famiglia, ma il dolore non spariva proprio. Riflettendo sugli sforzi fatti nel corso degli anni, mi ripetevo: “Ho passato metà della vita a impegnarmi per fare strada ma, alla fine, a parte qualche breve momento di gloria, mi rimane solo un corpo malato, un marito infedele e una sofferenza infinita. Perché? Come dovrebbe vivere una persona per avere una vita significativa e preziosa?” Desideravo tanto liberarmi del dolore. Mi sono rivolta a una cartomante, ho cercato risposte nelle citazioni dei personaggi famosi e mi sono immersa nell’“energia positiva” che la gente cerca tanto. Ho cercato risposte nel Buddismo online, ma non erano soddisfacenti e non hanno risolto affatto i miei problemi. Proprio quando il dolore diventava intollerabile, e non vedevo più la speranza né trovavo un modo per andare avanti, la grazia salvifica di Dio Onnipotente è scesa su di me.
Ho trovato la fede in Dio e, nelle Sue parole, le risposte che cercavo. Egli dice: “Dopo aver ottenuto fama e profitto, le persone pensano di poterli capitalizzare per usufruire di uno stato sociale elevato e di grandi ricchezze, e godersi così la vita. Pensano che fama e profitto siano una sorta di capitale che possono utilizzare per una vita improntata alla ricerca del piacere e al godimento sfrenato della carne. Per questa fama e questo profitto tanto bramati dall’umanità, le persone consegnano volentieri, seppure inconsapevolmente, i loro corpi, le loro menti, tutto ciò che possiedono, il loro futuro e il loro destino, a Satana. Le persone, infatti, lo fanno senza neppure un attimo di esitazione, sempre ignare della necessità di recuperare tutto ciò che hanno consegnato. Possono le persone mantenere un qualche controllo su di sé dopo essersi rifugiate in Satana ed essergli diventate leali in questo modo? Certo che no. Sono completamente e assolutamente controllate da Satana. Sono completamente e assolutamente sprofondate in un pantano e sono incapaci di liberarsi. Una volta impantanate nella fama e nel profitto, non cercano più ciò che è luminoso, giusto o le cose belle e buone. Questo perché il potere seduttivo che fama e profitto esercitano sulle persone è troppo grande, ed essi divengono obiettivi da perseguire nel corso della vita e persino per tutta l’eternità, senza fine. Non è vero?” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). Le Sue parole hanno portato la luce nel mio cuore spento. Ho ripensato a quel barbecue con la dottoressa Wang, quando dentro di me avevo stabilito che il prestigio ed elevate competenze mediche mi avrebbero garantito il rispetto di tutti, un trattamento speciale, e una vita senza problemi. Avevo anche accolto i veleni satanici come “L’uomo lascia il proprio nome ovunque vada, così come l’oca emette il suo grido ovunque voli”, “Sii al di sopra degli altri, voler essere migliore degli altri”, e “Mentre l’uomo si affanna verso l’alto, l’acqua scorre verso il basso”, tanto che inseguire fama e fortuna era diventato l’obiettivo della mia vita. Mi impegnavo costantemente per fare carriera. Una volta ottenuto il rispetto e l’encomio di chi mi stava attorno, credevo di avere successo per davvero, cosa che mi ha tenuta sul cammino sbagliato, senza che gettassi un solo sguardo indietro. Ho trascorso più di dieci dei miei anni migliori a perseguire fama e fortuna, sacrificando la famiglia e il bambino che avevo in grembo. Mi ero rovinata la salute e ormai vivevo in un corpo infermo. Purtroppo, dopo tanti sacrifici, solo allora mi sono chiesta quale beneficio mi avessero recato fama e fortuna. Inseguirle mi aveva portato solo stanchezza e sofferenza. Anche dopo averle ottenute, soffrivo in maniera indicibile. Evidentemente, la strada che percorrevo non era quella giusta. Finalmente ho capito che la lotta per la fama e la fortuna era una forza malvagia che avvolge le persone come una corda e le soffoca. Simile a un giogo a cui Satana mi aveva legata, che mi portava a soffrire e sacrificare ogni cosa. Alla fine, Satana mi aveva completamente in pugno. Proprio come dicono le parole di Dio: “Satana usa fama e profitto per controllare i pensieri dell’uomo, finché le persone non riescono a pensare ad altro che non sia fama e profitto. Si affannano per fama e profitto, patiscono disagi per fama e profitto, sopportano umiliazioni per fama e profitto, sacrificano tutto ciò che hanno per fama e profitto, ed esprimeranno giudizi o prenderanno decisioni per fama e profitto. In tal modo, Satana lega le persone con catene invisibili ed esse non hanno la forza né il coraggio di liberarsene. Portano inconsapevolmente il peso di queste catene e continuano ad arrancare con grande difficoltà. Per il bene di tale fama e profitto, l’umanità evita Dio e Lo tradisce e diventa sempre più malvagia. In questo modo, quindi, una generazione dopo l’altra viene distrutta nella fama e nel profitto di Satana” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). Ho capito che Satana è davvero ripugnante e ho ringraziato Dio dal profondo del mio cuore. Proprio quando Satana mi aveva messa all’angolo, Dio non è rimasto a guardare impassibile. Mi ha teso la Sua mano salvifica, mi ha confortato con le Sue parole, incoraggiandomi e aiutandomi a trovare la radice del mio dolore. Solo Lui ama sommamente le persone. Si è fatto carne per esprimere la verità, per insegnarci a discernere tra il bene e il male, tra il positivo e il negativo. Era chiaro che non potessi continuare sulla via sbagliata, passando la vita a rincorrere fama e profitto. Dovevo adorare il Creatore. Dopo di ciò, ho dedicato molto più tempo libero alla lettura delle parole di Dio, condividendo con i miei fratelli e le mie sorelle sulle cose che non capivo, e ci aiutavamo e sostenevamo a vicenda. In men che non si dica, avevo capito alcune verità e comprendevo meglio determinate cose. Sentivo la mente molto più rilassata. Pian piano, l’insonnia è migliorata, e i dolori di stomaco e l’infiammazione alla cistifellea sono scomparsi. Certe cose non le avrei ottenute inseguendo fama e profitto. Ho davvero conosciuto la gioia della libertà spirituale.
In seguito, osservavo tutti i miei colleghi che si impegnavano per ottenere promozioni; vedevo persone che avevano competenze professionali inferiori alle mie, alcune delle quali avevo io stessa formato, diventare professore associato. Provavo un senso di vuoto. Se la mia salute non avesse ceduto una decina di anni prima, se non mi avesse ostacolata, date le mie abilità, come minimo sarei diventata professore associato. Ma, ripensando a quando inseguivo le promozioni, per ritrovarmi nella sofferenza di un corpo dolorante, ho capito che era frutto di un astuto piano satanico. Satana stava usando i miei desideri per attirarmi di nuovo nel vortice di fama e profitto. Se avessi ricominciato a perseguire quelle cose, alla fine avrei forse perso la vita. A cosa sarebbe servito? Ho pensato a queste parole del Signore Gesù: “Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l’anima sua? O che darà l’uomo in cambio dell’anima sua?” (Matteo 16:26). E Dio Onnipotente dice: “In quanto siete normali e perseguite l’amore di Dio, l’accesso al Regno per diventare parte del popolo di Dio è il vostro vero futuro, e una vita che è del massimo valore e della massima importanza; nessuno è più benedetto di voi. Perché dico questo? Perché coloro che non credono in Dio vivono per la carne e vivono per Satana, ma oggi voi vivete per Dio e vivete per fare la volontà di Dio. Ecco perché dico che la vostra vita è della massima importanza” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Conoscere la più recente opera di Dio e seguire le Sue orme”). Da queste parole ho compreso la volontà di Dio. Il prestigio o la reputazione di una persona sono irrilevanti, inseguire fama e fortuna è la strada sbagliata, e porta alla morte. Quella via non ci conduce alla benedizione di Dio né alla Sua protezione. Se perseguiamo la verità e svolgiamo il nostro dovere, se ci liberiamo della nostra corruzione sperimentando l’opera di Dio e tentando di conoscerLo, solo così possiamo avere una vita colma di significato e di valore, ricevendo infine la benedizione di Dio. Questo è l’unico vero futuro che una persona dovrebbe avere. Se continuassi ad appagare gli interessi della carne, non solo Dio non mi benedirebbe, ma addirittura mi odierebbe. Adesso vi faccio qualche esempio di vita reale. Si tratta di persone che conoscevo: la figlia del mio capo si era laureata e stava facendo una buona carriera all’estero. Ma, dopo anni di concorrenza spietata e di stress eccessivo, è caduta in depressione e si è suicidata, lanciandosi dal tetto di un edificio. Il figlio di un mio amico era diventato manager di successo in giovane età. L’eccesso di alcol consumato in contesti sociali gli aveva causato una cirrosi epatica. Dopo nemmeno sei mesi, era già morto. Per il dolore di quella perdita, il mio amico si è ritrovato, da un giorno all’altro, con tutti i capelli bianchi. Ricordo di aver letto, una volta, queste parole di Dio: “Gli uomini si rendono conto che il denaro non può comprare la vita, che la fama non può cancellare la morte, che né l’uno né l’altra possono allungare l’esistenza di una persona anche solo di un minuto o di un secondo” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). La fama e il profitto non posso liberarci dal dolore, né salvarci la vita. Possono solo attirarci nell’abisso della morte, dopo una gioia fugace. Una volta compreso questo, mai più mi sono lasciata turbare o influenzare dalle persone attorno a me. Ero pronta a trascorrere il tempo che mi rimaneva a perseguire la verità e conoscere Dio, vivendo in base ai Suoi requisiti e svolgendo il mio dovere nella Sua casa.
Un giorno, mi ha chiamata il direttore di un altro ospedale. Mi ha detto che stavano pensando a un ricevimento per festeggiare il mio pensionamento e che voleva discutere della collaborazione di cui avevamo parlato tempo prima. Pensavano di esporre la mia licenza medica nel loro ospedale, per attirare i miei ex pazienti. Mi proponeva anche di lavorare per loro o magari diventare azionista dell’ospedale. Avevo libera scelta. Queste sue parole mi hanno fatta pensare: “Ho trascorso quasi tutta la mia esistenza a inseguire fama e profitto, e cosa ne ho ottenuto? Voglio davvero passare la vita sommersa da fama e profitto? Non è stato facile scollarmi di dosso quel dolore. Non mi serve passare altre notti insonni, né vivere tutto il giorno nella preoccupazione e nella paura. Credere in Dio e comprendere la verità dona pace mentale, e io ne conosco il sapore. Devo tenermi stretta questa felicità”. E poi, anche se mi chiedevano solo di appendere la mia licenza di medico in ospedale, in caso di problemi sarei comunque dovuta andare di persona: questo non avrebbe interferito con il mio dovere? Ho pensato alle parole di Dio Onnipotente: “Al momento, ogni giorno che vivete è fondamentale ed è di primaria portanza per la vostra destinazione e la vostra sorte, quindi dovete aver cura di tutto ciò che al momento possedete e fare tesoro di ogni minuto che passa. Dovete ritagliarvi quanto più tempo potete per voi stessi in modo da ottenere il più possibile, così che non avrete vissuto invano” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “A chi sei leale?”). Trovare Dio è un’opportunità rara. Sono stata così fortunata! È stato Dio a farmi capire il senso della vita, a tirarmi fuori dall’abisso del dolore. Come avrei potuto mai tornare tra le braccia di Satana? L’opera di Dio si avvicinava alla conclusione e io non avevo ancora ottenuto la verità. Dovevo far tesoro di ogni giorno e perseguire la verità nel poco tempo rimasto. Questa è una bella vita! Una volta compresa la volontà di Dio, ho rifiutato l’offerta. Appena ho attaccato il telefono, mi sono sentita più libera che mai. Continuavo a ripetermi: “Avrei dovuto smettere di inseguire fama e profitto un sacco di tempo fa”. Altri ospedali mi hanno proposto di collaborare con loro, e io ho rifiutato tutte le offerte. Ora, mi dedico allo svolgimento del mio dovere. Ogni giorno mi sento così tranquilla e soddisfatta. La fama, il prestigio o il piacere materiale non possono indurre questo stato. Grazie a Dio Onnipotente che mi ha salvata!