66. Come mi sono liberata dall’arroganza
Dio Onnipotente dice: “Ogni fase dell’opera di Dio, sia essa fatta di parole dure, di giudizio o di castigo, rende l’uomo perfetto ed è assolutamente appropriata. Dio non ha mai compiuto un’opera simile nel corso degli anni; oggi Egli opera in voi in modo che apprezziate la Sua saggezza. Malgrado abbiate provato la sofferenza, i vostri cuori sono saldi e in pace; è la vostra benedizione riuscire a godere di questa fase dell’opera di Dio. A prescindere da ciò che potrete ottenere in futuro, tutta l’opera di Dio che vedete in voi oggi è amore. Se l’uomo non sperimenta il giudizio e l’affinamento di Dio, le sue azioni e il suo fervore saranno sempre apparenti e la sua indole rimarrà sempre immutata. Tutto ciò significa essere stato conquistato da Dio? Oggi, malgrado ci sia ancora molta arroganza e presunzione nell’uomo, la sua indole è molto più stabile rispetto ai tempi passati. Dio ti tratta in questo modo per salvarti ed anche se provi un po’ di dolore al momento, verrà il giorno in cui ci sarà un cambiamento nella tua indole. In quel momento guarderai indietro e noterai quanto sia saggia l’opera di Dio, e quel momento arriverà quando saprai veramente comprendere la Sua volontà” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’amabilità di Dio”). Una volta pensavo che essere zelanti e disposti a pagare un prezzo bastasse per avere la Sua approvazione. Non accettavo il giudizio e castigo delle Sue parole; la mia indole non cambiava. Nel mio dovere, ero arrogante e dispotica. Limitavo e danneggiavo i fratelli e il lavoro della Chiesa. Alla fine, ho capito che, senza il giudizio e castigo di Dio, la mia indole corrotta non poteva essere purificata e cambiata; era impossibile far bene il mio dovere per soddisfare Dio. Ho sperimentato davvero che il Suo giudizio e il castigo sono la nostra salvezza.
Nel 2016, la Chiesa mi ha scelto come scenografa. Che emozione! Ero laureata in design d’interni e avevo oltre quattro anni di esperienza. L’avrei sfruttata a pieno per fare bene e soddisfare Dio. Poi, assieme ai fratelli, ho appreso altre abilità e condividevamo sui princìpi. Dopo un po’, ho iniziato a vedere qualche risultato. A volte ci dicevano: “La scenografia è davvero realistica, bravi!” Anche se rispondevo che era grazie alla guida di Dio, in realtà, pensavo: “Ovvio, non sai chi l’ha progettata? Io sono una professionista!” Ho iniziato a camminare a testa alta, a usare un tono di voce diverso. Se vedevo che gli altri membri del gruppo commettevano errori nei loro compiti, li disprezzavo. Non li ho più consultati per le disposizioni sceniche. Visto che avevo studiato design, che bisogno c’era? Era tempo sprecato: tanto alla fine si doveva fare come dicevo io. Mi occupavo da sola della progettazione e poi ne discutevo con il regista.
Dopo la promozione a capogruppo, sono diventata ancora più sprezzante verso gli altri. Una volta, mentre allestivamo una scena ambientata in un ristorante, fratello Zhang mi ha detto: “Quella porta non è abbastanza alta. Non mi piace”. Mi ha irritato parecchio. Avevo progettato tanti set simili. Sapevo bene quanto dovrebbe essere alta una porta! Lui, invece, non aveva la mia esperienza, la mia formazione, gli anni di lavoro… e voleva insegnarmi il mestiere? Spazientita, ho bocciato la sua proposta e ho imposto che tutti facessero a modo mio. Poi, il cameraman ha visto la porta: ha detto che era troppo bassa e bloccava l’inquadratura. Non si poteva girare così. Abbiamo dovuto costruirne una nuova. Poi, dovevamo anche fare una credenza. Ho chiesto a fratello Chen di procedere in base al mio progetto. Ma diceva che la parte centrale era eccessivamente larga. Proponeva di ridurla un po’. Ho pensato: “Ho cercato tante informazioni online e queste sono le proporzioni giuste. Fai come dico io e non sbaglierai”. Mi sono impuntata: “Ma che dici? Segui il mio progetto e basta!” Alla fine, tutti hanno detto che la parte centrale era enorme e antiestetica. Fratello Chen ha dovuto perdere altro tempo per modificarla, rallentando le riprese. Eppure, non riflettevo su me stessa, né cercavo di conoscermi: non vi davo peso. Pensavo che tutti commettiamo errori. Non era una tragedia: bastavano un po’ di tempo e di materiali per sistemarla.
Dopo una riunione, fratello Zhang mi ha fatto notare una cosa: “Ultimamente, ti dimostri piuttosto testarda nel lavoro con gli altri. Non ascolti i nostri suggerimenti; ne bocci alcuni che sono assolutamente fattibili. Usi un tono di sufficienza e soffochi le persone, insistendo che le cose vengano fatte a modo tuo. Stai rivelando un’indole arrogante”. A parole, gli ho dato ragione; ma, in cuor mio, pensavo che non fosse un problema grave. Qualche giorno dopo, anche fratello Liu mi ha trattata per la mia arroganza: non ascoltavo gli altri e li soffocavo. Mi sono messa sulla difensiva prima ancora che finisse di parlare. Nessuno di loro reggeva il confronto con me. Come osavano trattarmi? Più ci pensavo, meno mi andava giù. Perfino in preghiera trovavo giustificazioni. Più lo facevo, più diventavo triste e depressa. Le mie scenografie non avevano molto criterio, eppure non riflettevo su me stessa. Un giorno, ho urtato contro la struttura metallica di una sedia e mi sono procurata un taglio profondo su una gamba. Mi hanno messo sette punti. Non era un incidente, lo sapevo bene: dietro c’era la volontà di Dio. Solo allora ho riflettuto davvero a cuore calmo. Ogni volta che gli altri avevano consigli o indicazioni utili, io ero scettica e contraria. Non ero affatto aperta o condiscendente. Anzi, ero davvero rigida. A questo pensiero ho pregato Dio, chiedendoGli di guidarmi per arrivare a conoscere la mia indole corrotta.
Nei devozionali, una mattina, ho letto queste Sue parole: “Se li consideri inferiori sei vanaglorioso, presuntuoso e non sei di alcuna utilità a nessuno” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 22”). “Non pensare di essere un talento naturale, collocandoti appena sotto il cielo ma molto più in alto della terra. Non sei più furbo di nessun altro, e si potrebbe persino dire che tu sia più adorabilmente sciocco di qualunque uomo sulla terra che abbia il dono della ragione, poiché hai un’opinione così alta di te e non hai mai avuto un senso di inferiorità; sembra che tu percepisca le Mie azioni nel minimo dettaglio. In realtà, sei una persona che manca fondamentalmente di ragionevolezza, poiché non hai idea di ciò che farò e ancor meno sei consapevole di ciò che sto facendo ora. Pertanto, dico che non sei neppure equiparabile a un vecchio contadino che lavora con fatica la terra, un contadino che non ha la più lontana percezione della vita umana e, tuttavia, nel coltivare il terreno dipende dalle benedizioni del Cielo. Non dedichi alla tua vita neanche un ripensamento, non sai nulla della notorietà, e tanto meno possiedi alcuna conoscenza di te stesso. Sei così ‘elevato’” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che non imparano e rimangono nell’ignoranza non sono forse bestie?”). Ero abbattuta dopo aver letto queste parole. Mi sentivo messa a nudo da ognuna di esse. Da quando ero diventata scenografa, mi ritenevo un talento indispensabile, perché conoscevo il settore e avevo esperienza. Ero altezzosa verso i miei fratelli, dato che io ero la professionista e nessun altro valeva come me. Avevo sempre l’ultima parola e mi rifiutavo di discutere con loro. Per me, era una perdita di tempo, perché non avevano le mie conoscenze. Se controvoglia mi confrontavo con qualcuno, ero convinta di essere più informata e di avere una visione più esaustiva. Non vagliavo mai le proposte altrui. Le respingevo e basta. Non mostravo nemmeno un minimo di rispetto. Quando dicevano che ero arrogante e mi incoraggiavano a riflettere, non lo accettavo, mi opponevo. Non rivelavo altro che arroganza. Vivendo in base a quell’indole, guardavo tutti con disprezzo, soffocavo e danneggiavo i miei fratelli. Sul lavoro, ero arrogante e dittatoriale: li costringevo a darmi retta e, alla fine, dovevano rifare le cose più volte, turbando il lavoro della Chiesa. Stavo veramente compiendo il male! Quando me ne sono resa conto, ho avuto un po’ paura. Mi sono pentita dinanzi a Dio. Non volevo più essere mossa dall’arroganza.
Dopo di ciò, (nel mio dovere), rinunciavo a me stessa e ascoltavo di più i consigli degli altri, per ovviare alle mie mancanze. A volte, quando stendevo un progetto, gli altri avanzavano proposte discordanti dalle mie. Proprio quando stavo per scartarle, mi rendevo conto della mia arroganza. Nel silenzio del mio cuore, pregavo Dio di farmi rinunciare a me stessa e di liberarmi dalla mia indole corrotta. Volevo seguire qualunque consiglio giovasse di più al lavoro della casa di Dio. Quando ho iniziato ad accettare le idee degli altri, ho notato che i nostri oggetti di scena erano migliori, più funzionali, pratici e veloci da produrre. Ho provato cosa vuol dire praticare le parole di Dio! Ma non capivo veramente la mia natura arrogante, non avevo autoconsapevolezza. Mesi dopo, ho visto che tutti apprezzavano le nostre scenografie e avevo riscontrato un certo successo. Tuttavia, la mia indole arrogante ha fatto di nuovo capolino.
Una volta, allestivamo una scena ambientata nella casa di un ricco. Convinta che, in una dimora simile, ci dovessero essere oggetti costosi a rispecchiare lo status del proprietario, ho fatto disporre il set proprio come dicevo io. Secondo fratello Zhang, era troppo moderno e non si addiceva all’età del protagonista. Ci sono rimasta male. Che ne sapeva lui? Si chiama flessibilità. La scenografia doveva essere coerente con il suo status, senza delimitarla a un periodo storico. Secondo me, non aveva la minima idea dello stile che dovrebbero avere quelle case. Le sue idee erano vecchie. Gli ho risposto: “Me ne intendo del periodo storico. Fidati e basta”. Secondo fratello Chen, poi, le finestre erano troppo moderne. Ero proprio irritata. Perché erano così arretrati e ostinati? Trattenendo la rabbia, ho insistito sulla mia opinione. Fratello Chen non ha più parlato. Terminato il set, con mia sorpresa, il regista ha detto che il progetto non era realistico, era troppo sfarzoso e poco adatto alla generazione a cui apparteneva il protagonista. Bisognava rifarlo. Io, però, non ci stavo. A mio avviso, non avevano senso estetico. Ma tutti dicevano che non funzionava e quindi, riluttante, ho dovuto rifare il lavoro.
A un certo punto, ci serviva un letto cinese stile anni ‘80. Ho pensato che ci sarebbe costato parecchio, ma fratello Zhang ha detto che avremmo risparmiato molti soldi se lo avessimo costruito da soli e che lui aveva già un progetto dettagliato in mente. Invece, io disdegnavo quell’idea. Avremmo risparmiato, ma poi sarebbe durato di meno. Tanto lavoro per niente, no? Ho detto al regista che l’idea di fratello Zhang non avrebbe funzionato. Ha ribattuto che il mio preventivo era eccessivo, quindi ha eliminato quella scena. Allora, fratello Zhang ha proposto un’altra opzione e io l’ho rimproverato, accusandolo di essere ostinato. Un’altra sorella ha notato che lo stavo limitando e ha detto che ero arrogante. Per me, era inaccettabile. Ero arrogante e irremovibile perfino quando discutevo della scenografia con il regista. Pertanto, a volte i set non andavano bene e bisognava rifarli. Le riprese non procedevano.
Di lì a poco, sono stata rimossa dall’incarico Il capo mi ha spiegato che i miei fratelli mi trovavano arrogante; che io facevo di testa mia, avevo sempre l’ultima parola e rimproveravo gli altri con fare altezzoso. Come se fossi il capo e loro i miei sottoposti. Li facevo sentire soffocati. Queste parole mi hanno sconvolta. Non credevo di risultare così arrogante e irragionevole. Ero così scossa che ho perfino smesso di ascoltarlo. Per qualche giorno, sono stata malissimo. Non riuscivo a mangiare né a dormire. Poi, ho ripensato a un passo tratto dalle parole di Dio: “Ognuno di voi dovrebbe esaminare di nuovo la propria vita di fede in Dio” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Prefazione”). Ho riflettuto: “Credo in Dio da cinque anni ormai, senza aver mai riflettuto su me stessa; non mi conosco. Inavvertitamente, mi sono mostrata tanto arrogante. Devo riflettere su me stessa, sinceramente”. Ho pregato così: “O Dio, Ti prego, guidami e illuminami: così potrò conoscere la mia indole corrotta, riuscirò a odiarmi e rinunciare a me stessa. Voglio pentirmi”. Un giorno, sono andata sul set per una faccenda. Ho visto che c’era un letto cinese fatto proprio come aveva suggerito fratello Zhang. Era costato meno della metà del mio budget iniziale. Quel fratello e gli altri avevano anche costruito molti oggetti con il cartone. Si erano rivelati funzionali ed economici; veloci e facili da costruire. Mi sono vergognata. Ho capito quanto ero stata arrogante e che avevo ritardato pesantemente le riprese. Ho iniziato a chiedermi: “Perché sono così? Sempre a pretendere che gli altri mi ascoltino? Da dove viene questa tendenza?”
Una mattina, nei devozionali, ho letto queste parole: “Se davvero possiedi la verità dentro di te, il cammino che percorri sarà naturalmente la retta via. Senza la verità, è facile commettere il male, e lo commetterai tuo malgrado. Per esempio, se in te ci fossero arroganza e presunzione, ti sarebbe impossibile astenerti dallo sfidare Dio; ti sentiresti costretto a farlo. Non lo faresti intenzionalmente, ma saresti guidato dalla tua indole arrogante e presuntuosa. La tua superbia e il tuo orgoglio ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza; ti indurrebbero a esaltare te stesso, a metterti costantemente in mostra e, alla fine, a sederti al Suo posto e a rendere testimonianza per te stesso. A lungo andare, trasformeresti le tue idee, la tua mentalità e le tue nozioni in verità da adorare. Guarda quanto male commettono le persone sotto il dominio della loro natura arrogante e presuntuosa!” (“Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Erano parole davvero sconvolgenti. Conoscevo la mia indole arrogante, ma non sapevo delle sue conseguenze. Attraverso le parole di Dio e la riflessione su quanto avevo detto e fatto, ho capito che l’arroganza mi spingeva a compiere il male e resistere a Dio. Questa mia natura mi ha portata ad avere un’alta opinione di me stessa e a svilire gli altri perché avevo un minimo di professionalità. Credevo di essere sempre nel giusto, un gradino sopra agli altri e dunque degna di obbedienza. Se dicevo “sinistra”, guai a chi girava a destra. Nessuna obiezione. Chi non mi ascoltava veniva rimproverato. Ero testarda e dittatoriale. Ero limitante e stavo imboccando il cammino di un anticristo. Queste parole di Dio: “La tua superbia e il tuo orgoglio ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza”; mi hanno fatto pensare a quanto mi ero messa in mostra nel mio dovere. Non cercavo mai la volontà di Dio né i princìpi della verità. Di fronte alle proposte altrui, non mi chiedevo mai se venissero da Dio, se fossero guidate da Lui. Non erano una mia idea, quindi non ascoltavo. Non avevo alcuna riverenza verso Dio. Trattavo gli altri con disprezzo e nel mio cuore non vi era posto per Lui. La fede è sottomissione alla verità e all’opera dello Spirito Santo. Qualsiasi suggerimento altrui, seppure non in linea con le mie idee, poteva anche venire dallo Spirito Santo. Dovevo accettarlo ed esaminarlo con cuore timorato, in piena sottomissione. Se era in linea con la verità e giovava al lavoro della casa di Dio, dovevo obbedire e metterlo in atto. Rifiutare ciò che viene dalla guida e illuminazione dello Spirito Santo significa ostacolare la Sua opera, resistere a Dio e offendere la Sua indole. Svolgevo il mio dovere mossa dall’arroganza, ero dispotica, soffocavo i fratelli e accantonavo idee eccellenti. Così, turbavo il lavoro della Chiesa. Sono stata rimossa per intervento della giusta indole di Dio. Ripensando a tutto il male che avevo provocato ai fratelli e ai danni causati al lavoro della Chiesa, mi sentivo in colpa. Ero pentita. Detestavo la mia corruzione. Allo stesso tempo, ero piena di gratitudine verso Dio: se non fossi stata giudicata e castigata severamente a causa della mia arroganza e ostinazione, avrei continuato a resistere a Dio, senza conoscere me stessa.
Poi, ho letto un altro passo delle Sue parole: “Gran parte del tempo, dei pensieri, delle azioni e della mentalità delle persone che hanno talento e qualità sono in contrasto con la verità, ma loro stesse non ne sono consapevoli. Pensano comunque: ‘Visto come sono intelligente? Ho fatto scelte così intelligenti, ho preso decisioni così sagge! Nessuno di voi può eguagliarmi’. Vivono costantemente in uno stato di narcisismo e apprezzamento di sé. Per loro è difficile placare il proprio cuore e riflettere su ciò che Dio chiede loro, su cosa sia la verità e quali siano i principi della verità. Per loro è difficile entrare nella verità e nelle parole di Dio, è difficile trovare o afferrare i principi della messa in pratica della verità, ed entrare nella realtà della verità” (“Proprio ciò su cui gli uomini hanno fatto affidamento per vivere” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Lette queste parole, ho capito, puntare su doti e qualità, nella vita, accresce arroganza e superbia; porta a credere che esse siano la verità senza ricercarne i princìpi. Convinta delle mie capacità, mi ritenevo indispensabile ai miei fratelli e sorelle per le scenografie e gli arredi. Ma, in realtà, alcuni di loro se la cavavano bene anche senza alcuna esperienza professionale. Addirittura facevano molto meglio di me. Convinta di essere acuta, esperta e di avere buone idee, combinavo un sacco di guai. Producevo oggetti inutili e spesso da rifare, sprecando tempo, energie e denaro. Facendo leva su doti e qualità senza ricercare i principi della verità, mi mancava l’opera dello Spirito Santo e non riuscivo a fare bene il mio dovere. Se abbiamo buone intenzioni, Dio ci illumina e ci guida. Ci dona una saggezza impensabile all’essere umano. Ho capito che quelle doti e abilità di cui ero fiera non valevano niente. Considerarle come mio capitale è stato arrogante e irragionevole. Il solo pensiero mi ha fatta vergognare. Poi ho pregato Dio: “Non voglio più vivere secondo la mia indole arrogante. Desidero perseguire e praticare risoluta la verità, svolgendo bene il mio dovere”.
In seguito, mi hanno affidato il compito di irrigare nuovi fedeli; lavoravo con gli altri tenendo un profilo basso. A ogni difficoltà, cercavo consapevolmente la volontà di Dio e ascoltavo i consigli altrui. Un giorno, un fratello della mia squadra mi ha detto che il mio modo di irrigare e dare sostentamento agli altri era un po’ rigido e dava scarsi risultati; nell’irrigare, dovevo concentrarmi sulle debolezze individuali. Io non ne ero molto convinta. Sentivo che stavo facendo leva su tutta la mia esperienza: come potevo sbagliare? Stavo per respingerlo, ma poi mi sono accorta che la mia arroganza rialzava la testa. Pregando Dio in silenzio, ho ripensato a queste Sue parole: “Quando altre persone danno voce a opinioni diverse: a quale pratica puoi ricorrere per evitare di essere testardo? Per prima cosa, devi avere un atteggiamento di umiltà, mettere da parte ciò che credi sia giusto e far sì che tutti comunichino. Anche se pensi che il tuo modo sia giusto, non dovresti continuare a insistervi. Questo è il primissimo tipo di passo avanti; mostra un atteggiamento di ricerca della verità, di negazione di te stesso e di soddisfazione della volontà di Dio. Acquisito questo atteggiamento e, contemporaneamente, non attenendoti alla tua opinione, tu preghi. Poiché non distingui ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, permetti a Dio di rivelare e dire qual è la cosa migliore da fare, la più consona. Mentre tutti si uniscono nella condivisione, lo Spirito Santo porta a ciascuno l’illuminazione” (La condivisione di Dio). Ero stata troppo arrogante e testarda in passato, soffocavo i miei fratelli e turbavo il lavoro della casa di Dio. Sapevo che non potevo continuare così: limitavo gli altri, resistevo a Dio… Dovevo ascoltare i suggerimenti altrui, accettarli e sottomettermi. E poi, cercare la volontà di Dio. Solo così riceviamo la Sua guida. Perciò, ho ascoltato con calma quel fratello e ho capito che i miei metodi erano tutt’altro che perfetti. L’approccio che suggeriva era più flessibile e adattabile. L’ho messo in pratica e ho scoperto che era davvero efficace. In seguito, quando mi hanno fatto altre adattabile, le ho accettate ed esaminate di buon grado, discutendo con loro per trovare un percorso di pratica migliore. Tutti hanno ammesso di aver ricavato molto da quel tipo di irrigazione. Mi sono sentita davvero in pace. Sapevo che dovevo ringraziare Dio e lodarLo per avermi guidata. Ho anche sperimentato come Egli ci benedica se pratichiamo i principi della verità, abbandonando l’arroganza.