87. Una collaboratrice non è una rivale
Non molto tempo dopo aver accettato l’opera di Dio degli ultimi giorni, ho iniziato a praticare l’irrigazione dei neofiti. Poiché ero motivata e propositiva, e producevo risultati nel mio dovere, sono stata scelta come capogruppo. Poi, sono diventata diacono del Vangelo. I miei fratelli e sorelle dicevano che, sebbene fossi giovane, ero del tutto affidabile, che portavo un fardello nel mio dovere e che ero responsabile. Questo appagava davvero la mia vanità. Nell’ottobre 2020, sono diventata una leader della chiesa. Ciò mi ha fatto sentire ancora di più che ero una persona capace, che perseguiva la verità.
Dopo un po’ di tempo, una leader superiore ha assegnato sorella Olivia a lavorare con me. Mentre le stavo esponendo la situazione della chiesa, la leader ha menzionato alcuni problemi presenti nella chiesa. Alle sue parole, Olivia ha replicato: “Dobbiamo trovare la radice del problema e risolverlo presto. Altrimenti, ostacolerà il lavoro della chiesa”. Sentirglielo dire mi ha fatta vergognare, perché temevo che Olivia mi avrebbe guardata dall’alto in basso poiché quei problemi erano presenti nel mio lavoro. Nei giorni successivi, Olivia ha avuto modo di sapere come i fratelli e le sorelle svolgevano i loro doveri nella chiesa. Poi, di fronte a diversi collaboratori e ai miei fratelli e sorelle, mi ha detto: “Il diacono del Vangelo e alcuni dei capigruppo che ho incontrato negli ultimi due giorni non portano un fardello. Quando i nuovi arrivati hanno nozioni e difficoltà, i capigruppo non sanno come risolverle e non le esaminano attivamente, anzi si impantanano nelle difficoltà. In questo modo, non possono irrigare bene i neofiti”. Ho provato un po’ di resistenza quando ho sentito le sue parole, perché c’erano diversi capigruppo che erano stati coltivati da me. A sentirla parlare così di loro, sembrava che nessuno stesse lavorando bene. Mi è parso che fosse troppo esigente. Ho pensato: “Sei appena arrivata e non conosci bene la situazione nel dettaglio, eppure hai iniziato a criticarne i difetti. Vuoi dimostrare di portare un fardello e saper rilevare i problemi? Stai solo cercando di fare impressione perché sei nuova? Se continui a scavare nei problemi del mio lavoro, non distruggerai la mia buona immagine agli occhi dei miei fratelli e sorelle?” Ho soffocato la rabbia e ho detto: “Hai ragione su questi problemi. Tuttavia, sia i capigruppo che il diacono del Vangelo hanno delle difficoltà effettive, quindi a volte il lavoro di valutazione non viene svolto bene, e noi dobbiamo mostrare comprensione”. E lei ha replicato: “Queste difficoltà possono essere risolte condividendo sulla verità. Se sapranno accettare la verità e comprendere l’intenzione di Dio, porteranno un fardello e saranno responsabili nel loro dovere. La chiave sta nel fatto che condividiamo o meno sulla verità per risolvere questi problemi”. Mi sono arrabbiata ancora di più, pensando: “Stai dicendo che non sono capace di risolvere questi problemi attraverso la condivisione sulla verità?” La mia visione di Olivia è cambiata completamente. Non la vedevo più come mia collaboratrice o come qualcuno che potesse aiutarmi, ma come un’avversaria. Ho pensato: “Di questo passo, prima o poi prenderà il comando del lavoro. Sono io la leader, e lei è qui solo per collaborare con me. È migliore di me sotto ogni aspetto e mi mette sempre in imbarazzo. Come posso avere una dignità in questo modo? E cosa penseranno di me i miei fratelli e sorelle?” Da quel momento, non ho più voluto lavorare con lei né parlarle.
Una volta, in una riunione tra collaboratori, abbiamo letto la parola di Dio che rivela che i falsi leader non svolgono un lavoro reale. Olivia ha riflettuto e condiviso la sua comprensione di sé stessa, dicendo che era nella chiesa da tempo ma, poiché non aveva svolto alcun lavoro reale, le difficoltà dei nuovi arrivati non potevano essere risolte in tempo. Ha detto che questo li portava a vivere costantemente con le loro difficoltà e che non sapevano come praticare la verità, cosa che stava ritardando la loro crescita nella vita. Sebbene Olivia stesse discutendo della conoscenza di sé, ho avuto la sensazione che mi stesse smascherando perché non svolgevo alcun lavoro reale. Ho iniziato a interpretare ciò che intendeva: “Stai parlando di questo per far sapere deliberatamente a tutti dei problemi del mio lavoro, vero? In passato i fratelli e le sorelle avevano una buona impressione di me ma, ora che mi hai smascherata in questo modo, è come se stessi volutamente danneggiando la mia immagine, non è così? Che opinione avranno di me, adesso?” In quel momento, ero molto contraria e volevo andarmene, ma mi sembrava irragionevole, così mi sono costretta a rimanere fino alla fine. Quella sera, Olivia è venuta da me per discutere chi portasse un fardello e si potesse coltivare come capogruppo dell’irrigazione. La sua domanda ha suscitato in me molta resistenza, e ho pensato: “Sono rimasti dei candidati adatti? Hai scartato tutti i migliori. Parli apertamente dei problemi che esistono nella nostra chiesa non solo qui, ma anche davanti a fratelli e sorelle di altre chiese. Ora le altre chiese sanno che non svolgo lavoro reale. Perché non consideri i miei sentimenti prima di parlare? Credo che tu mi stia prendendo deliberatamente di mira!” Ho risposto decisa: “Da quando sei arrivata, nessun altro ha portato un fardello!” Lei mi ha risposto dimessa: “Intendi dire che non dovrei essere qui?” Mi sono resa conto di essere stata troppo impulsiva e che non avrei dovuto dirlo, così ho subito risposto: “No”. Siamo rimaste in silenzio per un po’ e poi abbiamo ripreso a parlare di lavoro. Più tardi, ripensare a ciò che le avevo detto mi ha fatta sentire un po’ in colpa. Il fatto che Olivia avesse rilevato problemi nel nostro lavoro dimostrava che riusciva a portare un fardello. Come avevo potuto parlarle in quel modo? Volevo scusarmi con lei alla fine della discussione, ma non appena il lavoro mi ha assorbita, me ne sono dimenticata.
In seguito, quando vedevo la leader superiore consultarsi con Olivia su ogni questione, mi sentivo molto a disagio. “Anch’io sono una leader. Cosa penseranno di me i fratelli e le sorelle? Diranno che sono inutile come leader e che non servo a nulla?” Sentivo che Olivia mi stava rubando la scena ed ero invidiosa di lei. Pensavo: “Se non ci fosse lei, la leader discuterebbe del lavoro con me”. Ho inoltre considerato il fatto che ora Olivia dominava tutto il lavoro, e che lei credeva in Dio da molto tempo e capiva più verità di me. Aveva anche evidenziato i problemi nel mio lavoro davanti ai miei fratelli e sorelle, quindi non avevo idea dell’opinione che ora avevano di me. Quando pensavo a queste cose, entravo in crisi. Temevo che Olivia mi avrebbe rubato la posizione. Più ci pensavo, più mi sentivo scontenta e maturavo il desiderio di vendicarmi di lei: “Non ti importa dei miei sentimenti, quindi d’ora in poi non ti renderò le cose facili”. Ricordo che una volta stavamo discutendo di lavoro e, dopo aver espresso la sua opinione, Olivia mi ha chiesto un consiglio. Io l’ho ignorata e ho trovato difetti nella sua organizzazione del lavoro, dicendo che questo o quello non avrebbe funzionato per renderle deliberatamente le cose difficili. Una volta, stavamo parlando di un lavoro di cui Olivia era la principale responsabile. In quel momento, sapevo chiaramente come risolvere il problema, ma non volevo darle alcun suggerimento. Ho persino pensato: “Meglio se le tue disposizioni falliscono. In questo modo, tutti sapranno che non sai gestire le cose, e la leader capirà che sbaglia a consultare sempre te invece che me”. In seguito, lei mi ha dato diversi suggerimenti, ma io li ho rifiutati tutti. Quando ho visto che non sapeva come risolvere il problema e voleva che le dessi qualche consiglio, ho provato un’intima soddisfazione: “Non sai nemmeno organizzare correttamente un lavoro come questo, e hai ancora il coraggio di giudicare il mio”. La leader ha notato che il mio comportamento non era giusto e mi ha richiamata a lavorare in armonia con Olivia, altrimenti il lavoro della chiesa avrebbe subito ritardi. Alle sue parole, mi ha rimorso un po’ la coscienza. Di fronte agli ostacoli nel lavoro, io non mi assumevo il fardello di risolverli. Invece, restavo a guardare e a burlarmi di altri. Non stavo affatto tutelando il lavoro della chiesa. Dopo essermene resa conto, ho modificato la mia mentalità e partecipato alle discussioni. Ma, a causa del precedente rallentamento, le disposizioni lavorative sono state attuate con molto ritardo.
Una sera, la leader mi ha fatto notare i miei problemi. Mi ha detto: “La tua brama di reputazione e prestigio è troppo forte. Sei in competizione con Olivia per la fama. Quando parlate di lavoro, non accetti nessuna delle idee che propone. Le respingi tutte. Olivia si sente limitata da te e non sa come collaborare con te. Devi riflettere un po’ su te stessa”. Le parole della leader mi hanno fatta sentire molto triste e afflitta: “Perché Olivia segnala i miei problemi alle mie spalle? Se voleva davvero aiutarmi, poteva dirmelo di persona. Ora la leader sa dei miei problemi e potrebbe rimuovermi”. Non appena ho pensato a questo, mi sono aperta sul mio stato con la leader. Mi sono persino offerta di riconoscere la mia responsabilità e dimettermi, per non ritardare oltre il lavoro. Parlare di dimissioni mi ha quasi spezzato il cuore. Sentivo che stavo per perdere il mio dovere. La leader ha condiviso con me e ha detto: “Quando abbiamo dei problemi, non possiamo evitarli. Dobbiamo cercare la verità e riflettere su noi stessi. Il fatto che Olivia rilevi i problemi nel lavoro dimostra che è in grado di portare un fardello. Non giova forse al lavoro della chiesa? Perché non sai trattarla adeguatamente? Sei sempre invidiosa di lei e hai paura che ti surclassi. Questo dimostra che brami troppo il prestigio”. Dopo la comunione della leader, mi sono resa conto che la mia brama di reputazione e prestigio era davvero eccessiva. Dovevo cercare la verità per risolvere il mio stato. Non potevo più sentirmi negativa e ostile.
Poi, ho letto un passo delle parole di Dio, e ho acquisito una certa comprensione dell’indole corrotta che avevo manifestato. Le parole di Dio dicono: “Gli anticristi pensano che chi li espone stia semplicemente dando loro del filo da torcere, quindi competono e lottano con chiunque li esponga. A causa di questa sorta di natura da anticristi, non sono mai gentili con chi li pota, né tollerano o sopportano chi lo fa, tanto meno gli saranno grati o lo elogeranno. Al contrario, se qualcuno li pota e fa perdere loro dignità e reputazione, in cuor loro covano odio per questa persona, e vogliono trovare un’opportunità per vendicarsi di lei. Quanto odio provano verso gli altri! Questo è ciò che pensano, e apertamente di fronte agli altri diranno: ‘Oggi mi hai potato: bene, ora la nostra faida è scolpita nella pietra. Tu vai per la tua strada e io per la mia, ma giuro che mi vendicherò! Se mi confesserai la tua colpa, se ti inchinerai a me, o se ti inginocchierai e mi supplicherai, allora ti perdonerò, altrimenti non lascerò mai correre!’ Qualunque cosa dicano o facciano, gli anticristi non vedono mai l’amorevole potatura o l’aiuto sincero che ricevono da qualcuno come manifestazioni dell’amore e della salvezza di Dio. Al contrario, li considerano come un segno di umiliazione, come il loro momento di massima vergogna. Questo dimostra che gli anticristi non accettano affatto la verità, che possiedono un’indole di avversione e odio nei confronti della verità” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte ottava”). Dio ha rivelato che, quando vengono potati, gli anticristi non solo non lo accettano, ma iniziano anche a odiare la persona che li ha potati e vogliono vendicarsi. Ho visto che gli anticristi non accettano la verità e provano per essa avversione e odio. In passato, quando leggevo la parola “vendicarsi”, lo ritenevo un approccio malvagio. Non credevo di manifestare malvagità e di essere capace di cose simili. Solo gli anticristi e i malevoli si vendicavano sugli altri. Ho ripensato al mio comportamento: non era lo stesso degli anticristi? Quando Olivia ha evidenziato i problemi nel mio lavoro davanti ai miei collaboratori, ai fratelli e alle sorelle, sentivo che la mia immagine ne veniva danneggiata, così ho sviluppato pregiudizi e resistenze nei suoi confronti. Durante una riunione, sulla base delle parole di Dio, Olivia si è resa conto che non svolgeva un lavoro reale, e mi sembrava stesse deliberatamente esponendo i problemi nel mio lavoro parlando della sua conoscenza di sé, così il mio pregiudizio nei suoi confronti è aumentato. L’ho persino attaccata, dicendo che nessun altro portava un fardello da quando era arrivata lei. Quando ho visto che la leader discuteva sempre con lei del lavoro, ho sentito che mi era stata rubata la scena. Per vendicarmi di lei, non le davo suggerimenti nelle discussioni di lavoro e, quando lei esprimeva i suoi pensieri e suggerimenti, trovavo dei difetti e li rifiutavo, cosa che rendeva impossibile il progresso del lavoro. La consideravo una rivale. Per mantenere reputazione e prestigio, sono arrivata persino ad attaccarla e a vendicarmi. L’indole che rivelavo non era la stessa indole di un anticristo? Oltre a questo, ho considerato che stava evidenziando problemi reali nel mio lavoro. Se avessi cercato la verità per riflettere su me stessa e correggere le deviazioni, i problemi si sarebbero potuti risolvere rapidamente. Avrebbe giovato al nostro lavoro. Ma io non solo non l’ho accettato, volevo anche vendicarmi di lei. Non meritavo davvero di essere definita una credente in Dio!
In seguito, ho letto altri due passi della parola di Dio che mi hanno fatto capire l’essenza e le conseguenze di quel comportamento. Le parole di Dio dicono: “Uno dei tratti principali della natura degli anticristi è la malignità. Che cosa significa ‘malignità’? Significa che hanno un atteggiamento davvero vile nei confronti della verità: non solo non si sottomettono a essa e si rifiutano di accettarla, ma addirittura condannano coloro che li potano. Tale è l’indole maligna degli anticristi. Gli anticristi pensano che chi accetta di essere potato sia vulnerabile alla prepotenza, e che chi pota continuamente gli altri non voglia fare altro che punzecchiare e maltrattare le persone. Quindi, un anticristo si opporrà a chiunque lo poti e gli darà del filo da torcere. E, di chiunque evidenzi le sue carenze o la sua corruzione o condivida con lui sulla verità e sulle intenzioni di Dio o gli faccia conoscere sé stesso, un anticristo penserà che lo stia mettendo in difficoltà e lo troverà sgradevole. L’anticristo odierà quella persona dal profondo del cuore, si vendicherà di lei e le renderà le cose difficili. […] Che tipo di persone possiedono una tale indole maligna? Le persone malevole. Il fatto è che gli anticristi sono persone malevole. Pertanto, sono solo le persone malevole e gli anticristi a possedere una tale indole maligna. Quando una persona maligna si trova di fronte a qualsiasi tipo di esortazione, accusa, insegnamento o aiuto a fin di bene, il suo atteggiamento non è quello di gratitudine o di umile accettazione, bensì di infuriarsi per la vergogna, di provare estrema ostilità, odio, e persino di vendicarsi” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte ottava”). “Gli anticristi considerano il loro prestigio e la loro reputazione più importanti di qualsiasi altra cosa. Non sono solamente propensi all’inganno, astuti e malvagi, ma anche estremamente maligni. Cosa fanno quando sentono messo a rischio il loro prestigio, o quando perdono il loro posto nel cuore delle persone, quando non sono più approvati e adorati, quando non vengono più venerati e ammirati e precipitano nel disonore? Cambiano improvvisamente. Non appena perdono il loro prestigio, perdono anche la volontà di svolgere qualsiasi dovere, fanno tutto in modo superficiale e non provano interesse verso nulla. Ma non è questa la manifestazione peggiore. Qual è la manifestazione peggiore? Non appena gli anticristi perdono il loro prestigio e nessuno li ammira né si lascia fuorviare da loro, vengono fuori l’odio, l’invidia e la vendetta. Non solo non hanno un cuore che teme Dio, ma sono anche privi della benché minima sottomissione. Nei loro cuori, inoltre, sono inclini a odiare la casa di Dio, la chiesa, e i leader e i lavoratori; desiderano che il lavoro della chiesa subisca problemi o arresti; vogliono deridere la chiesa e i fratelli e le sorelle. Inoltre odiano tutti coloro che perseguono la verità e temono Dio. Attaccano e scherniscono chiunque sia leale nel suo dovere e disposto a pagare un prezzo. Tale è l’indole degli anticristi; non è forse un’indole maligna? È evidente che sono delle persone malevole; gli anticristi sono malevoli nell’essenza” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte seconda”). Leggere parole come “maligni” e “persone malevole” è stato spaventoso e penoso. Non mi aspettavo che queste parole si applicassero a me. La mia immagine è stata danneggiata perché Olivia ha evidenziato i problemi nel mio lavoro. L’ho attaccata e mi sono vendicata, mettendola deliberatamente in imbarazzo quando discutevamo di lavoro, e cercando i difetti nella sua organizzazione del lavoro. Non le ho nemmeno dato spiegazioni quando sapevo come risolvere un suo problema di lavoro perché volevo metterla in imbarazzo e deriderla. Quando la leader mi ha smascherata e potata, non solo non ho riflettuto su me stessa, ma ho odiato Olivia perché aveva segnalato i miei problemi. Ero negativa e resistente, sfogavo la mia rabbia nel dovere, e volevo persino dimettermi e smettere di compierlo. Manifestavo un’indole malvagia, proprio come un anticristo! Credevo nei motti: “Non attaccherò se non sarò attaccato” e “Se tu sei scortese con me, io farò del male a te”. Quando qualcuno toccava i miei interessi e la mia immagine, lo odiavo, lo attaccavo e mi vendicavo. Ho ricordato una volta, prima che iniziassi a credere in Dio, in cui ho litigato con un’amica e lei ha parlato male di me a qualcun altro. Mi sono arrabbiata molto, e ho pensato: “Se tu sei scortese con me, io farò del male a te”. Di nascosto, ho detto all’altra persona: “Come puoi essere così stupido? Perché mai sei così gentile con lei? Non sai nemmeno che lei parla male di te alle tue spalle!” Credevo fosse da deboli non rispondere alle angherie subite. Vivere secondo queste filosofie mi rendeva egoista e malvagia, distorceva i miei pensieri e mi rendeva incapace di discernere il bene dal male. Rendendomi conto di questo, mi sono sentita orribile. Se non avessi affrontato la mia malvagità, avrei potuto solo compiere altro male, per poi essere sdegnata ed eliminata da Dio! Ho pregato Dio in silenzio: “Dio, attraverso il giudizio e la rivelazione della Tua parola ho capito che la mia umanità è scarsa e che sono assolutamente malvagia. Voglio pentirmi e praticare la verità per cambiare me stessa Ti prego, guidami”.
Poi, nella parola di Dio, ho letto: “Quando qualcuno ti supervisiona o ti osserva per un po’ di tempo, oppure arriva a capirti a un livello profondo, cercando di comunicare a cuore aperto con te e di scoprire quale sia stata la tua condizione durante questo periodo, e persino quando, certe volte, il suo atteggiamento è un tantino più duro e questa persona ti pota, ti disciplina e ti rimprovera un po’, questo è perché ha un atteggiamento coscienzioso e responsabile verso il lavoro della casa di Dio. Non dovresti avere pensieri o emozioni negativi verso questo fatto. Cosa significa saper accettare quando gli altri supervisionano, osservano e tentano di capirti? Che, in cuor tuo, accetti lo scrutinio di Dio. Se non accetti la supervisione, l’osservazione e i tentativi di capirti delle persone nei tuoi confronti, se opponi resistenza a tutto questo, sei forse in grado di accettare lo scrutinio di Dio? Quest’ultimo è più dettagliato, approfondito e accurato di quando le persone tentano di capirti; i Suoi requisiti sono più specifici, rigorosi e approfonditi. Se non sai accettare di essere supervisionato dal popolo eletto di Dio, le affermazioni secondo cui sai accettare l’esame minuzioso di Dio non sono forse parole vuote? Per essere in grado di accettare lo scrutinio e l’esame di Dio, devi prima accettare di essere supervisionato da parte della casa di Dio, dei leader e dei lavoratori, o dei fratelli e delle sorelle” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (7)”). “Indipendentemente dai tuoi problemi o quale corruzione riveli, dovresti sempre riflettere e conoscere te stesso alla luce delle parole di Dio, o chiedere a fratelli e sorelle di farti notare queste cose. La cosa più importante è che tu accetti lo scrutinio di Dio, che ti presenti davanti a Lui e Gli chieda di illuminarti. Indipendentemente dal metodo utilizzato, scoprire i problemi in anticipo e poi eliminarli è ciò che si ottiene con l’autoriflessione, e questa è la cosa migliore che si possa fare. Non devi aspettare che Dio ti riveli e ti elimini prima di provare rimorso, perché sarà troppo tardi per pentirsi!” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 7: Sono malvagi, insidiosi e propensi all’inganno (Parte prima)”). Solo dopo aver letto le parole di Dio mi sono resa conto che la supervisione e la guida che i miei fratelli e sorelle mi offrono è solo perché sono seri e responsabili verso il lavoro. Dovrei accettarlo da Dio e imparare ad accettarlo e a obbedire. Solo questo è accettare l’esame da parte di Dio e avere un cuore che Lo teme. Quando quella sorella ha rilevato i miei problemi e me li ha fatti notare, il suo scopo era aiutarmi e assistermi. La mia esperienza di vita era troppo superficiale. I nuovi arrivati avevano problemi nei loro doveri, ma io non sapevo condividere sulla verità per risolverli, e molte volte mi limitavo a organizzare il lavoro per portarlo a termine e basta, senza poi fornire supervisione o assistenza. Il lavoro non aveva ottenuto alcun risultato. Non capivo i principi per organizzare il personale, e l’inadeguatezza di alcune persone era difficile da evitare. Olivia comprendeva alcune verità e discerneva chiaramente alcune questioni; quindi, se avessimo collaborato nel lavoro della chiesa, non solo questo avrebbe aiutato il lavoro, ma io avrei potuto imparare da lei e migliorare. Solo allora ho capito perché Dio ci chiedeva di collaborare nei nostri doveri, invece che di svolgerli da soli. La ragione è che le persone hanno un’indole corrotta e molti difetti. Dobbiamo supervisionarci, guidarci e aiutarci a vicenda. È l’unico modo per evitare errori. Questo pensiero mi ha colmata di senso di colpa. Non potevo più vivere per la reputazione e il prestigio. Dovevo imparare a rinunciare a me stessa, accettare la supervisione e la guida degli altri, collaborare con quella sorella, cercare la verità e risolvere i problemi del lavoro insieme, e svolgere adeguatamente il mio dovere.
In seguito, sono stata mandata a svolgere il mio dovere in un’altra chiesa. Dopo la separazione da Olivia, ho sentito di avere molti rimpianti. Così, ho pregato Dio in silenzio, dicendoGli che d’ora in avanti volevo compiere bene il mio dovere e concentrarmi sul correggere la mia indole corrotta. Una volta, ho chiesto a sorella Esther, che era la responsabile dell’irrigazione, di spiegarmi come stessero andando le riunioni dei neofiti. Esther mi ha dato dei consigli: “Tu vai sempre alle altre riunioni e partecipi raramente a quelle dei nuovi arrivati: questo dà l’idea che la leader sia assente. Nessuno dei fratelli e delle sorelle ti conosce. Non è facile per te seguire il loro lavoro o risolvere i loro stati e le loro difficoltà”. Le sue parole mi hanno sbalordita e mi sono sentita avvampare. Ho pensato: “Come puoi definirmi una leader assente? Intendi dire che non svolgo lavoro pratico e non servo a nulla? Sei troppo dura! Non è così, è che sto monitorando altri lavori. Visto che sei tu la responsabile di questo gruppo, dovresti occupartene tu. Non devo essere io a fare tutto. Se i leader superiori sentissero le tue parole, non penserebbero che non svolgo lavoro effettivo? Questo non va bene. Devo trovare qualche deviazione nel tuo lavoro di cui parlare in giro”. A questo pensiero, ho capito che il mio stato era sbagliato. Quella sorella stava sottolineando i problemi del mio lavoro e, invece di accettarlo e riflettere, pensavo che fosse troppo dura e volevo trovare dei problemi nel suo lavoro per contestarla. Stavo rifiutando di accettare la verità e cercando di nuovo di vendicarmi. Ho subito pregato Dio in silenzio: “Dio, Esther mi ha fatto notare un problema, ma nel mio cuore ero resistente, e questo va contro la Tua intenzione. Desidero accettarla, obbedire e riflettere su me stessa”. Finito di pregare, ho riflettuto e mi sono resa conto che avevo effettivamente un problema: dipendevo molto da Esther. Sentivo che, con lei a gestire l’irrigazione dei nuovi arrivati, potevo rilassarmi, così ho adottato un approccio distaccato. Ero leader della chiesa, ma raramente conoscevo le reali condizioni e difficoltà dei neofiti. Non stavo adempiendo alle mie responsabilità. Manifestavo davvero di non svolgere lavoro effettivo. Poi, ho detto a Esther: “Non mi ero resa conto dell’esistenza di questo problema prima d’ora, ma voglio cambiare”. In seguito, mi sono messa in reale contatto con i nuovi arrivati e ho partecipato alle loro riunioni, fornendo condivisioni per risolvere i loro problemi. Compiere il mio dovere in questo modo mi ha fatta sentire a mio agio.
Grazie a questa esperienza, ho capito che, praticando secondo la parola di Dio e imparando ad accettare la supervisione, la guida e la potatura dei miei fratelli, potevo davvero ottenere dei cambiamenti. Dio sia lodato!