80. La storia di quando ho lavorato con un nuovo credente
Nell’aprile del 2020 sono stata scelta (per prestare servizio) come diacono della chiesa. All’inizio ero piuttosto nervosa e temevo che non sarei stata brava, ma grazie all’aiuto e al sostegno dei miei fratelli e sorelle ho gradualmente afferrato alcuni principi e sono stata in grado di svolgere un po’ di lavoro. In seguito, sono stata scelta come leader della chiesa e supervisionavo ancora più lavoro. A volte il mio leader superiore mi lodava molto. Per esempio, diceva che non si sarebbe dovuto preoccupare quando mi assegnava del lavoro, mentre avrebbe dovuto supervisionare gli altri se lo stesso incarico lo avesse dato a loro. Questo mi faceva pensare che andavo piuttosto bene. In seguito, un fratello di nome Christopher, che avevo irrigato io, è stato scelto come leader della chiesa. Christopher era solo di levatura media, ma gli piaceva diffondere il Vangelo e otteneva risultati discreti. Ero felice che fosse stato scelto perché rifletteva la mia bravura, visto che l’avevo irrigato e coltivato io.
Nel giugno del 2022, mi sono recata in un villaggio per controllare il lavoro del Vangelo. Christopher non ha potuto unirsi di persona per problemi di sicurezza, e quindi collaborava con me online. Mi chiedeva della situazione del villaggio, e questo ci aiutava a identificare i problemi e a risolverli in tempo. Ma all’epoca, dato che era nuovo alla fede ed era appena diventato un leader, pensavo che non fosse in grado di lavorare. Io ero leader da due anni e avevo afferrato alcuni principi; inoltre, avevo irrigato io stessa Christopher, quindi non volevo collaborare con lui e non volevo che prendesse parte al lavoro che supervisionavo. Un giorno Christopher mi ha mandato un messaggio: “Quali sono i tuoi piani futuri per il villaggio? Discutiamone quando hai tempo”. Leggendo il suo messaggio ho provato un po’ di ostilità: “Sono passati solo pochi giorni e già mi chiedi dei miei progressi lavorativi? Non basta così poco tempo. Dopo tutto, questo non è il mio unico progetto”. Non volevo discuterne ulteriormente con lui, così ho risposto semplicemente: “Sono appena arrivata e non ho ancora iniziato a pianificare”. Mi ha risposto: “Allora dovresti iniziare a farlo il prima possibile”. Quando ho letto il suo messaggio, ho pensato: “Questo progetto potrà davvero avere successo se permetto che qualcuno con meno levatura di me e meno esperienza sia il mio collaboratore?” L’intera faccenda non mi piaceva affatto. In seguito, quando Christopher chiedeva aggiornamenti sui progressi del mio lavoro, volevo solo ignorarlo. Non parlavo quasi mai del lavoro con lui, sentendo che era inutile e che, alla fine, avrei dovuto fare tutto da sola. Così organizzavo per conto mio tutto il lavoro nel villaggio. Una volta, Christopher mi ha inviato un messaggio che diceva: “Ci sono alcuni nuovi arrivati in un villaggio vicino che non diffondono il Vangelo per paura di essere arrestati. Prima erano molto motivati, ma di recente hanno smesso di partecipare alle riunioni. Potresti andare a dare loro un po’ di sostegno?” Quando ho letto il suo messaggio, ho pensato: “Non c’è bisogno che me lo dica tu. È ovvio che hanno bisogno del mio sostegno, ma ora non ho tempo. Quel villaggio è anche piuttosto lontano, non è che possa semplicemente alzarmi e andare. A conti fatti, finirà comunque che ci andrò io, non tu. Tu in realtà non fai nulla in ogni caso, quindi non ha senso discutere con te. Ho le mie idee e i miei piani per questi progetti e procederò secondo il mio programma, non ho bisogno della tua guida e dei tuoi controlli”. Così ho risposto (dicendo): “Non ho ancora avuto il tempo di andarci. I nuovi arrivati lavorano durante il giorno e gli orari non si sono incastrati”. Christopher mi ha risposto con una sola riga, dicendo: “Oh, (allora) va bene”. In quel momento mi è parso che si sentisse limitato da me. A chiunque altro avrebbe chiesto ulteriori dettagli sul lavoro, ma dopo la mia risposta non ha osato farlo. Da allora, ho praticamente smesso di parlare del lavoro con Christopher, e quando cercava di fissare un incontro con me rispondevo sempre: “Sono impegnata in altri lavori. Possiamo parlare più tardi quando avrò tempo”. Ma neanche quando avevo del tempo libero lo contattavo, e mi dedicavo semplicemente ad altro lavoro. A poco a poco, i fratelli e le sorelle dei tre gruppi che supervisionavo non sono più riusciti a collaborare armoniosamente e lavoravano ognuno per conto proprio, discutendo raramente tra loro. L’atmosfera durante le nostre riunioni era meno vivace rispetto alle altre chiese e i risultati del nostro lavoro del Vangelo erano scarsi. Allora avevo una certa consapevolezza che dipendesse dal fatto che non avevo collaborato con Christopher e che Dio mi stava richiamando attraverso quella situazione, ma mi discolpavo. Non stavo evitando di collaborare con lui, dicevo, è solo che avevo altro lavoro e non avevo molto tempo per discutere con lui. In seguito, ho continuato a lavorare per conto mio. Una volta, Christopher mi ha invitata a riunirmi con i supervisori dei tre gruppi per riassumere i problemi che avevamo nei nostri doveri e condividere in merito. Facendo riferimento alle parole di Dio, Christopher ha detto: “Le parole di Dio dicono che, quando nei nostri doveri incontriamo delle difficoltà, dovremmo fermarci per riassumere ogni problema e identificare eventuali deviazioni. Attualmente non stiamo collaborando in modo armonioso, ognuno lavora per conto proprio, non siamo una sola mente e non abbiamo sostenuto veramente i fratelli e le sorelle, cosa che ha portato a uno stallo dei progressi nel nostro lavoro. In futuro, dovremmo comunicare e discutere di più e collaborare per eseguire bene il lavoro”. Lui e gli altri hanno inoltre condiviso su dei validi metodi di pratica adottati da altre chiese, ma io non avevo voglia di ascoltare e ho continuato a praticare a modo mio. Di conseguenza, il lavoro che supervisionavo non ha prodotto alcun risultato per ben tre mesi. Tempo dopo, cinque funzionari del villaggio in cui vivevo sono venuti a interrogarmi, hanno cercato di perquisire il mio telefono e mi hanno avvertita (dicendo) che, se mi avessero sorpresa a diffondere il Vangelo nel villaggio, mi avrebbero mandata al governo distrettuale che si sarebbe occupato di me. Un po’ colpita da ciò che era successo, ho pensato: “Perché è accaduto questo? Negli ultimi mesi ho prodotto scarsi risultati nel mio dovere e ho parlato raramente del lavoro con Christopher: Dio sta usando questa situazione per richiamarmi a trarre lezioni da queste battute d’arresto? Se non rifletto e non correggo i miei problemi, potrei non svolgere questo dovere ancora per molto”.
Un giorno di fine agosto, ho incontrato online alcuni collaboratori per discutere se fosse il caso di lasciare quel villaggio. Un capogruppo mi ha chiesto: “Negli ultimi tre mesi non hai ottenuto alcun risultato nel villaggio, quale pensi sia il motivo?” Ho risposto che non ne ero sicura. Allora il capogruppo ha detto: “Non dovresti riflettere un po’ su questo problema? I fratelli e le sorelle dicono che agisci in modo arbitrario e non collabori con gli altri. Non sei disponibile quando ti cercano per discutere del lavoro. Ti abbiamo mandato in quel villaggio perché motivassi i fratelli e le sorelle e promuovessi il lavoro del Vangelo, ma non hai fatto quello che avresti dovuto”. Un altro capogruppo ha detto: “Se non hai svolto l’incarico che ti era stato assegnato, allora dovresti fare ritorno!” Mi sentivo arrossire in volto e ogni loro parola era come un pugno allo stomaco. In quel momento volevo solo rintanarmi in un angolo. Mi sentivo così offesa: non mi stavo rifiutando del tutto di collaborare e non era solo colpa mia se non ottenevamo risultati. Il governo ci stava perseguitando pesantemente e io ero responsabile anche di altri progetti. Come potevano dire che non avevo fatto quello che avrei dovuto? Il capogruppo mi ha chiesto se avessi qualche idea ma io non sapevo cosa dire, così ho semplicemente risposto: “Allora torno”. Poi ho chiuso rapidamente la chiamata. Dopo aver riattaccato, sono crollata sul letto e sono scoppiata a piangere. Le parole dei capigruppo continuavano a ripetersi nella mia mente: “Cosa ci fai ancora lì se non hai fatto quello che avresti dovuto?” e “Se non hai fatto quello che ti è stato assegnato, allora dovresti tornare!” Più pensavo, più diventavo negativa. Nei giorni seguenti, ho pregato continuamente Dio e il mio leader ha condiviso con me e mi ha sostenuta. Questo mi ha permesso di calmare i miei pensieri e di riflettere sul mio stato in quel periodo. Ho pensato: “Negli ultimi tempi ho fatto tutto da sola. Guardavo Christopher dall’alto in basso e non volevo parlare del lavoro con lui. Quando cercava di parlarmi del lavoro, dicevo sempre che ero impegnata. In realtà, non volevo che prendesse parte al mio lavoro. Era chiaro che ero impantanata nella mia indole corrotta e ritardavo il lavoro, ma quando venivo potata controbattevo e non avevo nemmeno un briciolo di ragionevolezza”. Ho pensato a come i fratelli e le sorelle dicessero che agivo in modo arbitrario nel mio dovere e che non discutevo del lavoro con gli altri: questo era un problema molto grave, così ho cercato un passo pertinente delle parole di Dio da leggere. Dio Onnipotente dice: “Apparentemente, può sembrare che alcuni anticristi abbiano assistenti o collaboratori ma, il fatto è che quando poi accade qualcosa, per quanto gli altri possano avere ragione, gli anticristi non ascoltano mai ciò che gli altri hanno da dire. Non ne tengono nemmeno conto, e tanto meno ne discutono o condividono al riguardo. Non vi prestano alcuna attenzione, come se gli altri non esistessero. Quando gli anticristi ascoltano ciò che gli altri hanno da dire, stanno solo facendo finta o recitando una parte perché altri ne siano testimoni. Ma quando poi arriva il momento della decisione finale, è l’anticristo che comanda; le parole di chiunque altro sono fiato sprecato, non contano minimamente. Ad esempio, quando due persone sono responsabili di qualcosa e una di loro possiede l’essenza di un anticristo, che cosa viene manifestato in quest’ultima? A prescindere dalla questione, lei e solo lei è quella che prende l’iniziativa, che fa le domande, che sistema le cose e che trova una soluzione. E, il più delle volte, tiene il suo collaboratore completamente all’oscuro. Cos’è il suo collaboratore ai suoi occhi? Non il suo vice, ma semplicemente un orpello. Agli occhi di un anticristo, il suo collaboratore semplicemente non esiste. Ogni volta che emerge un problema, l’anticristo ci pensa su e, una volta decisa la linea d’azione, informa tutti gli altri che questo è il modo in cui bisogna procedere, e a nessuno è permesso metterlo in discussione. Qual è l’essenza della cooperazione degli anticristi con gli altri? Fondamentalmente consiste nell’avere l’ultima parola, non discutere mai i problemi con chiunque altro, assumersi l’esclusiva responsabilità per il lavoro e trasformare i collaboratori in orpelli. Gli anticristi agiscono sempre da soli e non collaborano mai con nessuno. Non discutono mai né rendono partecipe chiunque altro del loro lavoro, spesso prendono decisioni da soli e trattano le questioni in modo autonomo e, in molti casi, le persone scoprono come le situazioni siano state concluse o gestite solo a cose fatte. Gli altri dicono loro: ‘Tutti i problemi devono essere discussi con noi. Quando ti sei occupato di quella persona? In che modo l’hai gestita? Perché non ne abbiamo saputo nulla?’ Gli anticristi non danno spiegazioni né prestano attenzione; per loro i collaboratori non servono a niente, sono semplici decorazioni o orpelli. Quando succede qualcosa, ci pensano su, decidono da soli e agiscono come desiderano. Non importa quante persone ci siano intorno a loro, è come se non esistessero. Per gli anticristi, potrebbero anche essere fatte d’aria. Tenuto conto di questo, c’è forse qualche aspetto concreto nella loro collaborazione con gli altri? Niente affatto, si limitano ad agire meccanicamente e recitano una parte. Gli altri dicono loro: ‘Perché non condividi con tutti gli altri quando incappi in un problema?’ Gli anticristi rispondono: ‘Cosa ne sanno loro? Sono io il capogruppo, sta a me decidere’. Allora gli altri chiedono loro: ‘E perché non hai condiviso con il tuo collaboratore?’ E loro rispondono: ‘L’ho fatto, ma non aveva alcuna opinione al riguardo’. Sostengono che gli altri non abbiano un’opinione o non siano in grado di pensare autonomamente come pretesti per nascondere il fatto che obbediscono solo a sé stessi. E a ciò non segue la minima introspezione. Per questo tipo di persona sarebbe impossibile accettare la verità. Questo è un problema relativo alla natura di un anticristo” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8 – Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). Dio espone che gli anticristi agiscono in modo dispotico, non collaborano con gli altri, prendono decisioni da soli, hanno sempre l’ultima parola, non discutono del lavoro con i loro collaboratori e semplicemente procedono dopo aver deciso da soli. Non adottano i buoni suggerimenti degli altri e spesso li denigrano, convinti di avere idee brillanti. Agli occhi degli anticristi, i collaboratori sono poco più che rumori di fondo o oggetti di scena su un set. Mi sono resa conto che mi stavo comportando come un anticristo: da quando avevo iniziato a collaborare con Christopher, lo guardavo dall’alto in basso per la sua scarsa levatura, le sue capacità lavorative inferiori e la sua relativa mancanza di esperienza. Non volevo che prendesse parte al mio progetto. Ho considerato che prestavo servizio come leader da più tempo di lui, che capivo più di lui e che potevo organizzare il lavoro da sola; ritenevo che non potesse dare suggerimenti validi e che quindi non avesse senso discutere con lui. Quando mi ha chiesto dei miei progetti per il lavoro, ho opposto resistenza e ho avuto l’impressione che chiedendomi subito dei miei progressi si atteggiasse a mio superiore, così l’ho ignorato. Quando alcuni fratelli e sorelle non avevano il coraggio di fare il loro dovere per paura di essere arrestati e Christopher mi ha chiesto se li avessi sostenuti, stava solo assolvendo la sua responsabilità, eppure io ho pensato con arroganza: “Chi credeva di essere per darmi ordini quando neppure lui era in grado di risolvere il problema?” In seguito, quando ci siamo riuniti per riassumere i problemi, i fratelli e le sorelle hanno condiviso alcuni cammini di pratica, ma io non li ho adottati. Continuavo a non ottenere risultati nel mio dovere perché agivo in modo dispotico, non collaboravo con gli altri e non accettavo i loro suggerimenti. Svolgevo sempre il mio dovere secondo le mie credenze, facendo ciò che ritenevo giusto, e non collaboravo affatto con gli altri, cosa che ha portato a ritardi nel lavoro. Stavo compiendo il male! Riflettendo su questo, sono riuscita ad accettare la guida e la potatura dei capigruppo. Il mio comportamento aveva già influenzato negativamente il lavoro della chiesa. Se non mi avessero potata in quel modo, non avrei riflettuto su me stessa e non avrei riconosciuto la gravità del mio problema. La potatura è una forma di amore di Dio!
In seguito, mi sono presentata davanti a Dio in preghiera e ho ricercato perché non riuscissi a collaborare con gli altri nel mio dovere e volessi sempre avere l’ultima parola. In seguito, ho trovato un passo delle parole di Dio che si riferiva proprio al mio stato. Dio Onnipotente dice: “Potreste anche aver svolto i vostri doveri per molti anni, ma non c’è stato alcun progresso visibile nel vostro ingresso nella vita, comprendete solo alcune dottrine superficiali e non possedete una vera conoscenza dell’indole e dell’essenza di Dio, nessuna svolta degna di nota: se questa è la vostra statura oggi, cosa sarete in grado di fare? Quali rivelazioni di corruzione avrete? (Arroganza e presunzione.) La vostra arroganza e la vostra presunzione si intensificheranno o rimarranno invariate? (Si intensificheranno.) Perché si intensificheranno? (Perché ci riterremo altamente qualificati.) E su che base si giudica il livello delle proprie qualifiche? Sulla base di quanti anni si è svolto un certo dovere, di quanta esperienza si è acquisita, non è vero? E, stando così le cose, non inizierete gradualmente a pensare in termini di anzianità? Per esempio, un certo fratello crede in Dio da molti anni e svolge un dovere da molto tempo, quindi è il più qualificato a parlare; una certa sorella è qui da poco e, sebbene possieda una qualche levatura, non ha esperienza nello svolgere questo dovere e crede in Dio da poco tempo, quindi è la meno qualificata a parlare. La persona più qualificata a parlare pensa tra sé e sé: ‘Dal momento che ho anzianità, significa che lo svolgimento del mio dovere è all’altezza dei requisiti, che il mio perseguimento ha raggiunto l’apice e che non c’è nulla a cui debba aspirare o a cui debba accedere. Ho svolto bene questo dovere, ho più o meno portato a termine questo lavoro, Dio dovrebbe essere soddisfatto’. E così inizia a compiacersi di se stessa. Questo indica forse che tale persona è entrata nella verità realtà? Ha smesso di fare progressi. Non ha ancora acquisito la verità e la vita, eppure si ritiene altamente qualificata, parla in termini di anzianità e aspetta una ricompensa da parte di Dio. Non è forse la rivelazione di un’indole arrogante? Quando le persone non sono ‘altamente qualificate’ sanno essere caute, ricordano a se stesse di non commettere errori; una volta che si credono altamente qualificate diventano arroganti, iniziano ad avere un’alta opinione di se stesse e rischiano l’autocompiacimento. In quei momenti, non saranno inclini a chiedere a Dio una ricompensa e una corona, come fece Paolo? (Sì.) Qual è il rapporto tra l’uomo e Dio? Non è il rapporto tra il Creatore e gli esseri creati. Non è altro che un rapporto transazionale. E, quando questo è il caso, le persone non hanno alcun rapporto con Dio, e Dio verosimilmente nasconderà loro il Suo volto, cosa che costituisce un segnale pericoloso” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo con il timore di Dio si può percorrere il cammino di salvezza”). Dio espone che, se qualcuno non persegue la verità e non arriva a conoscere sé stesso, dopo aver svolto un dovere per un certo tempo penserà di possedere un capitale e un’esperienza e comincerà a far valere la propria anzianità, guardando gli altri dall’alto in basso, gonfiandosi di arroganza, non cercando le verità principi né collaborando con gli altri nel suo dovere, agendo in modo dispotico, facendo le cose a proprio piacimento e percorrendo una strada di opposizione a Dio. Da quando avevo iniziato a credere avevo sempre svolto un dovere ed ero leader da due anni. Ho considerato che ero nella fede da molto tempo, possedevo buone capacità lavorative e una certa esperienza nel lavoro, così sono diventata arrogante. Ero più che felice di coltivare gli altri e di controllare il loro lavoro, mentre mi ha infastidito che Christopher sia diventato mio collaboratore e abbia iniziato a prendere parte al mio (lavoro). Continuavo a pensare che ero stata io a irrigarlo e coltivarlo, che aveva levatura inferiore alla mia e che era appena agli inizi e non aveva molta esperienza, quindi non volevo che prendesse parte al mio lavoro. Quando mi chiedeva se avessi sostenuto i nuovi arrivati e quale fosse il mio programma di lavoro, ero seccata e mi limitavo a rispondergli con superficialità. Ritenevo fosse inutile discutere con lui e che, anche se l’avessi fatto, non avrebbe dato alcun suggerimento utile. Pensavo di poter fare a meno di lui, così non discutevo né collaboravo con lui e prendevo la maggior parte delle decisioni e delle disposizioni da sola. Lo vedevo come un semplice oggetto di scena. Dio ci chiede di imparare a collaborare con gli altri nei nostri doveri, questo è un principio chiave per svolgere i nostri doveri, ma io ho ignorato la richiesta di Dio e i principi della Sua casa. Pensavo sempre di essere brava da sola, di poter fare il lavoro da me e di non aver bisogno di collaborare con nessun altro. Ritenevo di poter gestire tutto e di non aver bisogno di nessuno che supervisionasse il mio lavoro. Quanto ero arrogante e presuntuosa! La mia indole arrogante mi ha portato a non avere alcun riguardo per gli altri né spazio per Dio nel mio cuore. Non avevo un cuore che temeva Dio e percorrevo un cammino in contrasto con Lui. Appena arrivata al villaggio, ero piena di fede e volevo compiere il mio dovere per soddisfare Dio. Non avrei mai pensato che le cose sarebbero andate così. Come ho potuto essere così arrogante e insensibile? Non avevo la minima consapevolezza del cammino sbagliato che stavo percorrendo. Se avessi continuato così, sarei diventata un anticristo che intralciava l’opera di Dio e alla fine sarei stata esposta ed eliminata da Dio, e a quel punto la mia vita di fede sarebbe finita. Rendermi conto di tutto questo mi ha un po’ spaventata e ho pregato Dio in silenzio: “O Dio, ho intralciato il lavoro della chiesa. Ora riconosco la mia corruzione e la gravità dei miei problemi. Desidero pentirmi e non voglio oppormi a Te con la mia indole corrotta”.
Ho anche riflettuto sui miei errori nella mia tendenza a concentrarmi sulla levatura e sull’esperienza lavorativa delle persone quando interagivo con loro. Qual era l’aspetto più importante del mio dovere? Mentre mi arrovellavo su queste domande, mi sono imbattuta in un altro passo delle parole di Dio. Le parole di Dio dicono: “Nella casa di Dio, qualunque cosa tu faccia, non lavori per la tua impresa; è l’opera della casa di Dio, è l’opera di Dio. Devi tenere sempre presente tale conoscenza e consapevolezza e dire: ‘Questa non è una faccenda privata; sto svolgendo il mio dovere e adempio alle mie responsabilità. Sto svolgendo l’opera della chiesa. È un compito che Dio mi ha affidato e lo sto facendo per Lui. È il mio dovere, non una mia faccenda privata’. Questa è la prima cosa che le persone dovrebbero capire. Se tratti un dovere come un affare personale, se non ricerchi le verità principi nell’agire e lo esegui in base alle tue motivazioni, alle tue opinioni e ai tuoi obiettivi personali, sarai piuttosto incline a commettere errori. Quindi, in che modo dovresti agire, se operi una distinzione molto netta tra il tuo dovere e i tuoi affari personali e sei consapevole che si tratta di un dovere? (Ricercare ciò che Dio chiede e ricercare i principi.) Giusto. Se ti succede qualcosa e non comprendi la verità, se ne hai una vaga idea ma le cose non ti sono ancora chiare, allora devi trovare fratelli e sorelle che capiscano la verità con cui condividere; questo è ricercare la verità e, prima di ogni altra cosa, questo è l’atteggiamento che dovresti avere nei confronti del tuo dovere. Non dovresti prendere le decisioni in base a ciò che ritieni appropriato, per poi battere il martelletto e dichiarare il caso chiuso: questo porta facilmente a dei problemi. […] A Dio non interessa quello che ti succede ogni giorno, quanto lavoro svolgi, o quanto ti impegni: quello che Lui guarda è il tuo atteggiamento verso queste cose. E a cosa si collega il tuo atteggiamento verso queste cose e il modo in cui le fai? Al fatto che tu persegua o meno la verità, nonché al tuo ingresso nella vita. Dio guarda il tuo ingresso nella vita, il cammino che percorri. Se percorri la via del perseguimento della verità e hai accesso alla vita, sarai in grado di collaborare in armonia con gli altri nello svolgimento del tuo dovere, e svolgerai facilmente il tuo dovere a un livello adeguato” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Qual è l’adeguato assolvimento del proprio dovere?”). Le parole di Dio sono piuttosto chiare. Svolgere il nostro dovere nella casa di Dio non significa fare le cose a nostro piacimento senza coinvolgere le altre persone. Il nostro dovere è parte del lavoro della casa di Dio, e se agiamo in modo dispotico e non collaboriamo saremo inclini a intralciare e disturbare il lavoro. Ho anche imparato che Dio non valuta le persone in base a quanto tempo hanno avuto fede, a quanto lavoro hanno svolto o a quanta esperienza possiedono nel loro dovere, ma piuttosto in base al loro atteggiamento nei confronti della verità, al loro orientamento nel dovere e al fatto che percorrano il cammino del perseguimento della verità (oppure no). Se non avessi cercato la verità né accettato i buoni suggerimenti degli altri e avessi voluto sempre l’ultima parola, non avrei ottenuto buoni risultati nel mio dovere. Consideravo sempre come un capitale la mia presunta levatura e il fatto di essere leader da un po’ di tempo e di avere esperienza. Pensavo che con quelle qualifiche avrei compiuto bene il mio dovere. In realtà, avere quell’esperienza e quella levatura non significava possedere le verità principi; erano solo strumenti che potevo usare nel mio dovere. Mi sono resa conto che consideravo l’esperienza e la levatura come verità principi e che credevo di comprendere la verità e di agire secondo i principi. Sono diventata sempre più arrogante, guardavo dall’alto in basso i fratelli e le sorelle e facevo quello che volevo. Di conseguenza, dopo tre mesi di lavoro, non ho prodotto alcun risultato. Ho capito che per fare bene il proprio dovere non importa da quanto tempo è che si ha fede, quanto si è contribuito in passato o quanta esperienza si possiede. La chiave è cercare la verità, agire secondo i principi e collaborare armoniosamente con gli altri.
In seguito, ho letto altri due passi delle parole di Dio che mi hanno fornito un cammino più chiaro su come collaborare armoniosamente con gli altri. Le parole di Dio dicono: “Una cooperazione armoniosa implica molte cose. Come minimo, una di esse è consentire agli altri di parlare e dare suggerimenti diversi. Se sei veramente ragionevole, a prescindere da quale lavoro tu svolga, devi prima imparare a cercare le verità principi, e dovresti anche prendere l’iniziativa di richiedere le opinioni altrui. A patto che tu prenda sul serio ogni suggerimento, e poi risolvi i problemi con un solo cuore e una sola mente, otterrai sostanzialmente una cooperazione armoniosa. In tal modo, incontrerai molte meno difficoltà nel tuo dovere. Qualunque problema dovesse emergere, sarà facile affrontarlo e risolverlo. Tale è l’effetto della cooperazione armoniosa. A volte sorgono controversie su questioni di poco conto ma, purché non influiscano sul lavoro, non saranno un problema. Tuttavia, in merito a questioni importanti e fondamentali che riguardano il lavoro della chiesa, dovrai raggiungere il consenso e ricercare la verità per risolverle. […] Liberati dei titoli di leadership, liberati dell’aria viziata del prestigio, tratta te stesso come una persona comune, mettiti allo stesso livello degli altri e abbi un atteggiamento responsabile verso il tuo dovere. Se consideri sempre il tuo dovere come un titolo ufficiale e un prestigio, o come una sorta di corona d’alloro, e immagini che gli altri siano lì per lavorare per te e servire il tuo ruolo, la faccenda è grave, e Dio ti detesterà e sarà disgustato da te. Se invece ritieni di essere uguale agli altri e di aver solo ricevuto un po’ più di incarichi e di responsabilità da Dio, se impari a porti su un piano di parità con loro e riesci persino a chinarti per chiedere cosa pensano, e sai ascoltare con serietà, attenzione e sollecitudine quel che hanno da dire, allora collaborerai in armonia con gli altri. Quale effetto otterrà questa cooperazione armoniosa? Un effetto immenso. Otterrai cose che non hai mai avuto prima, vale a dire la luce della verità e le realtà della vita; scoprirai le virtù degli altri e imparerai dai loro punti di forza. C’è dell’altro: immagini che altre persone siano stupide, ottuse, sciocche, inferiori a te, ma quando ascolterai le loro opinioni, o queste persone si apriranno a te, scoprirai senza neanche rendertene conto che nessuno è così banale come pensavi, che ognuno può offrire idee e opinioni diverse, e che tutti hanno i loro meriti. Se impari a cooperare armoniosamente, oltre ad aiutarti a imparare dai punti di forza di altri, ciò ti può rivelare la tua arroganza e presunzione, e ti impedisce di ritenerti in gamba. Quando smetterai di considerarti più intelligente e migliore di chiunque altro, non vivrai più in questo stato narcisistico e di autocelebrazione. E questo ti proteggerà, non è così? Questa è la lezione che dovresti imparare e il vantaggio che dovresti ottenere dalla collaborazione con gli altri” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8 – Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). “Pensate che qualcuno sia perfetto? Per quanto una persona sia forte o capace e dotata di talento, comunque non è perfetta. Bisogna rendersene conto, è un dato di fatto, ed è l’atteggiamento che le persone dovrebbero avere per approcciare correttamente i loro meriti e punti di forza o i loro difetti; questa è la razionalità che bisogna possedere. Con tale razionalità, puoi gestire correttamente i tuoi punti di forza e di debolezza nonché quelli degli altri, e questo ti consentirà di lavorare accanto a loro in armonia. Se hai compreso questo aspetto della verità e sai accedere a questo aspetto della verità realtà, puoi allora interagire in armonia con fratelli e sorelle, attingendo ai loro punti di forza per compensare i tuoi eventuali punti deboli. In tal modo, qualunque dovere tu stia assolvendo o qualunque cosa tu stia facendo, avrai sempre risultati migliori e riceverai la benedizione di Dio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Dalle parole di Dio, ho capito che nel collaborare dovremmo metterci allo stesso livello degli altri, imparare ad ascoltarli attentamente e chiedere attivamente in merito a ciò che non capiamo. Praticando in questo modo possiamo scoprire i punti di forza dei fratelli e delle sorelle e gli ambiti in cui sono più validi di noi. Allora non li guarderemo dall’alto in basso e smetteremo di comportarci in modo così autocompiaciuto e dispotico. Dovremmo inoltre avere una comprensione più chiara di noi stessi e smetterla di elevarci. Dobbiamo imparare a individuare i punti di forza degli altri e avere il giusto atteggiamento verso le loro debolezze. Guardando indietro, nonostante prestassi servizio come leader da due anni, non avevo talento nel diffondere il Vangelo e avevo bisogno di sostegno per controllare il lavoro del Vangelo. Quanto a Christopher, non era nella fede da molto tempo, ma aveva sempre diffuso il Vangelo, raggiunto ottimi risultati e convertito molte persone. Aveva più esperienza in termini di diffusione del Vangelo, e quindi avrei dovuto chiedergli attivamente aiuto. Inoltre, Christopher era molto responsabile nel suo dovere e si assumeva un fardello nel lavoro, mi cercava attivamente per riassumere il nostro lavoro e impiegava le pratiche valide attuate da altre chiese. Erano tutti punti di forza da cui potevo imparare. Prima ero troppo arrogante e non riuscivo a riconoscere i punti di forza di Christopher, anzi lo guardavo dall’alto in basso. Non accettavo i suoi suggerimenti e non lo lasciavo prendere parte al mio lavoro. Non ero niente, eppure ero così sicura di me stessa: che cosa imbarazzante. Non avevo la minima consapevolezza di me stessa. Se fossi stata in grado di collaborare bene con Christopher prima, il lavoro non avrebbe subito ritardi. Ripensarci mi ha colmata di rimorso. Le mie trasgressioni passate erano irredimibili, ma ero intenzionata a fare bene il mio dovere in futuro. Avrei discusso e comunicato con gli altri quando avessi affrontato dei problemi, messo gli interessi della chiesa al primo posto, imparato a collaborare con gli altri e abbandonato il mio vecchio cammino.
In seguito, ho lasciato il villaggio. Mi sono stati assegnati progetti diversi e una nuova collaboratrice. Questa volta collaboravo con sorella Mina. Ero felice di collaborare con lei in modo armonioso per svolgere bene i nostri doveri. In seguito, ho cominciato lentamente a notare che, anche se Mina era più grande di me, era nella fede e svolgeva il suo dovere da meno tempo (di me). Per quanto riguarda il modo di supervisionare e controllare il lavoro, era ancora carente. A volte sentivo anche i fratelli e le sorelle sollevare alcuni suoi problemi. La mia indole arrogante ha cominciato a riemergere. Ho iniziato a pensare di avere il ruolo chiave del nostro lavoro e che sorella Mina fosse lì solo per praticare. Una volta dovevamo scrivere una proposta di lavoro e il nostro leader ci ha detto espressamente che avremmo dovuto discutere del lavoro insieme, ma io ho pensato: “Non è un compito difficile, posso gestirlo facilmente da sola e non c’è bisogno che ci lavoriamo entrambe. Non è che da sola non ne sia capace”. Dopo la riunione, volevo semplicemente occuparmi di quel lavoro da sola, ma Mina mi ha chiamata subito e sapevo che voleva discutere con me. Io però non ne avevo alcuna voglia e non ho risposto al telefono. Dopo mi sono sentita un po’ in colpa. Ho pensato a come in passato la mia arroganza e la mia riluttanza a collaborare con Christopher avevano ostacolato il lavoro; se avessi continuato così, il nostro lavoro ne avrebbe di certo risentito. Così ho pregato Dio, dicendo: “O Dio, Mina mi ha cercata in modo proattivo per discutere del lavoro, ma io sono stata arrogante e non ho voluto collaborare con lei. Dio, non voglio continuare ad agire in modo dispotico e a disturbare il lavoro della chiesa; Ti prego, guidami a smettere di vivere secondo la mia indole arrogante, così che possa collaborare con Mina in modo armonioso”. Poi ho ricordato un passo delle parole di Dio: “Dovete raggiungere una cooperazione armoniosa con l’obiettivo dell’opera di Dio, a beneficio della chiesa e per spronare i vostri fratelli e sorelle ad andare avanti. Dovreste coordinarvi tra voi, ognuno correggendo l’altro e raggiungendo un risultato migliore nel lavoro, così da mostrare considerazione per le intenzioni di Dio. Questa è autentica cooperazione, e solo coloro che si impegnano in tal senso otterranno un vero ingresso” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Servite come facevano gli Israeliti”). Le parole di Dio mi hanno profondamente colpita. Per fare bene il mio dovere, dovevo imparare a collaborare con Mina in modo armonioso e smettere di vivere secondo la mia indole arrogante e di agire in modo dispotico. Così ho chiamato Mina e abbiamo discusso le (nostre) disposizioni lavorative per il futuro. Lei ha condiviso con me le sue idee e le ho trovate molto valide, così alla fine le ho attuate. In poco tempo, abbiamo messo a punto un piano molto più velocemente di quanto in passato riuscissi a fare da sola. Ero davvero felice. Non era un grandissimo risultato, ma è stata una splendida sensazione abbandonare me stessa e praticare secondo le parole di Dio. In seguito ho imparato a collaborare con gli altri fratelli e sorelle e ho potuto constatare che ogni mese che passava ottenevamo risultati migliori nel nostro lavoro. Ho ringraziato Dio nel mio cuore!