Venti giorni di agonia
In un giorno di dicembre del 2002, intorno alle 4 di pomeriggio, mentre mi trovavo sul ciglio della strada per fare una telefonata, sono stato improvvisamente afferrato da dietro per i capelli e le braccia e, prima che potessi reagire, qualcuno mi ha fatto scivolare. Ho perso l’equilibrio e sono caduto a terra con violenza. Erano diverse persone: mi hanno subito immobilizzato, tenendomi la faccia premuta contro il terreno e ammanettandomi le mani dietro la schiena. Poi mi hanno sollevato da terra e mi hanno trascinato in una berlina. Ho capito che ero stato arrestato dalla polizia. La loro ferocia era evidente, e ricordavo i racconti dei fratelli e delle sorelle in merito alle brutali torture subite dopo l’arresto. Ero estremamente nervoso e spaventato, e temevo di non essere in grado di resistere alla tortura e di diventare così un giuda. Ho pregato Dio durante tutto il viaggio in auto, chiedendoGli di darmi fede e forza per poter restare saldo nel testimoniarLo e non cedere a Satana.
Gli agenti mi hanno portato direttamente in un piccolo hotel, dove mi hanno strappato via la camicia e le scarpe, mi hanno tolto la cintura e mi hanno fatto rimanere a piedi nudi sul pavimento gelido. Ce n’erano molti nella stanza e qualcuno mi scattava delle foto. Poi, uno di loro mi ha mostrato un video in cui un fratello e io facevamo un bonifico in banca, e voleva sapere da dove venisse il denaro e a chi e in quale luogo fosse stato inviato. Ero sbalordito. Mi sono reso conto che quegli agenti mi sorvegliavano e pedinavano da ben più a lungo di un paio di giorni e, poiché ce n’erano così tanti in quella stanza, era chiaro che non mi avrebbero lasciato andare facilmente. Questo pensiero mi atterriva, e ho pregato silenziosamente Dio più e più volte. Ho ripensato a queste Sue parole: “Non avere paura: con il Mio sostegno, chi potrebbe mai sbarrare la strada? Ricordalo! Non scordartene! Tutto accade secondo le Mie buone intenzioni e tutto è sotto la Mia osservazione. Riesci a seguire la Mia parola in ogni tua parola e azione? Quando si abbatteranno su di te le prove del fuoco, ti inginocchierai chiamando a gran voce? O ti rannicchierai, incapace di procedere?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 10”). Sapere che avevo Dio al mio fianco a sostenermi ha dissipato il nervosismo e la paura. Ero consapevole del fatto che era stato Dio a permettere il mio arresto, che Si stava servendo di quella situazione per verificare se avessi fede in Lui e Gli fossi devoto. Non potevo deludere Dio; dovevo affidarmi a Lui per restare saldo nel testimoniarLo e gettare il disonore su Satana. Ho deciso dentro di me che, per quanto la polizia mi torturasse, non avrei mai potuto rivelare dove si trovasse il denaro della chiesa né comportarmi da giuda, anche se avessi perso la vita! Poiché non dicevo nulla, un ufficiale mi ha assestato diversi schiaffi violenti, chiedendomi chi fosse il leader della nostra chiesa, dove conservassimo il denaro della chiesa e chi fosse la persona nel video che trasferiva il denaro insieme a me. Ho continuato a tacere, e lui mi ha picchiato di nuovo; poi, quando le mani hanno iniziato a fargli male, ha preso le mie scarpe e ha usato i tacchi per colpirmi sulla bocca, che ha subito cominciato a gonfiarsi; ho anche sentito alcuni denti muoversi e il sangue ha preso a scorrermi dagli angoli della bocca. Mi hanno torturato per più di un’ora prima di smettere. A turno, hanno iniziato a sorvegliarmi in coppia, costringendomi a restare in piedi senza mai lasciarmi dormire. Sono rimasto così per tre giorni e tre notti di fila. Solo in seguito ho saputo che questo metodo di tortura viene chiamato “sfinire l’aquila”; la polizia se ne serve frequentemente negli interrogatori, nei quali obbliga la vittima a restare continuamente sveglia fino a spezzarla nello spirito, per poi interrogarla quando non è in grado di pensare lucidamente. Usano questa tattica per indurre le persone a tradire Dio. Provavo un dolore insopportabile in tutto il mio corpo ed ero esausto sia fisicamente che mentalmente. Riuscivo addirittura ad addormentarmi in piedi ma, nel momento in cui mi appisolavo, un ufficiale mi picchiava ferocemente, mi assestava un violento calcio, o mi urlava improvvisamente nell’orecchio per spaventarmi e svegliarmi. Il cuore sembrava voler esplodermi fuori dal petto. A volte mi sentivo lucido, in altri momenti confuso, e non sapevo cosa fosse reale e cosa invece un sogno. Ero in agonia e sentivo di star per cedere, e temevo che, avanti di quel passo, mi avrebbero reso un demente o fatto impazzire. Ho pregato Dio nel mio cuore, chiedendoGli la fede e la forza di restare saldo nel testimoniarLo.
Una mattina, un paio di agenti sono venuti a interrogarmi. Mi hanno detto: “Non pensare di cavartela senza dire una parola. Ora che sei qui, devi assolutamente rispondere alle nostre domande in modo chiaro! A dire la verità, ti abbiamo seguito per diversi mesi. Abbiamo usato un sistema di localizzazione satellitare per prenderti e conosciamo tutti i tuoi movimenti. Consentendoti di confessare, ti stiamo offrendo un’opportunità. Possiedi diverse SIM card e hai contatti in parecchi posti. Devi essere un leader, non è così?” Poi hanno tirato fuori una lista infinita delle mie chiamate, e mi hanno detto di riferire l’argomento di ciascuna conversazione. Ero sconvolto: se quegli agenti sapevano già così tanto di me e mi credevano un leader, chissà come mi avrebbero torturato da quel momento in avanti! Non dormivo da quattro o cinque giorni e già percepivo di non poter resistere troppo a lungo. In passato avevo sentito dire che, se non si dorme per sette o otto giorni consecutivi, può sopraggiungere una morte spontanea. Mi chiedevo se sarei morto lì dentro, nel caso avessero continuato a privarmi del sonno. Sentendomi invigliacchito, mi sono affrettato a pregare Dio: “Dio, la mia carne è debole e temo di non essere in grado di resistere a questa tortura, ma non voglio tradirTi né vendere i miei fratelli e sorelle. Ti prego, dammi fede e forza”. Finito di pregare, mi sono tornate in mente queste parole di Dio: “La fede è come un ponte formato da un tronco di legno: coloro che si aggrappano alla vita in modo abietto avranno difficoltà ad attraversarlo, mentre coloro che sono pronti a sacrificare se stessi riusciranno ad attraversarlo con piede sicuro e senza preoccupazioni. Se l’uomo nutre pensieri timidi e timorosi è perché Satana l’ha ingannato nel timore che attraversassimo il ponte della fede per entrare in Dio” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 6”). Le parole di Dio mi hanno aperto gli occhi: la mia vita e la mia morte non sono forse nelle mani di Dio? A meno che non sia Dio a permettere che io muoia, Satana non può farmi nulla. Mi mancava fede in Dio; ero spaventato e debole perché mi aggrappavo disperatamente alla vita. Pensare a questo mi ha leggermente calmato e ha in parte dissipato la paura. Vedendo che mi ostinavo a non rispondere, uno degli ufficiali mi ha sferrato un pugno in testa. Ho visto le stelle e perso sensibilità in tutto il corpo, come se fossi stato colpito da una scossa elettrica. Sono quasi caduto a terra. Un altro ufficiale ha afferrato una gruccia di legno e l’ha premuta con forza contro il mio mento. Tra atroci dolori, ho chiesto loro: “Quale legge infrango con la mia fede in Dio? La costituzione nazionale stabilisce chiaramente che il popolo ha libertà di credo. Su quale base mi state picchiando sino a ridurmi in fin di vita? Esiste una qualche legge in questo Paese che lo stabilisce?” Uno di loro ha risposto: “Legge in questo Paese? Chi è la legge? È il Partito Comunista! Ora che sei nelle nostre mani, se non ci dici quello che vogliamo sapere, non pensare nemmeno di uscirne vivo”. Provavo disgusto e rabbia per quanto erano selvaggi e spudorati, e ho smesso di rispondere.
Un giorno, due ufficiali mi hanno detto minacciosamente: “Conosciamo il modo di farti aprire la bocca. E prima o poi lo farai, è solo questione di tempo. Rifiutarti di parlare può solo aumentare la tua sofferenza. E quindi, sei un’aquila di quelle toste? Sai come si sfiniscono le aquile? Bisogna avere pazienza, ma, alla fine, quell’aquila sarà docile e obbediente…”. A quel punto, ero già stato torturato fino a perdere la lucidità e non sapevo quanti altri giorni sarei stato in grado di resistere. Non mi restava che cercare di costringermi a rimanere vigile e fare del mio meglio per restare lucido. Pregavo e invocavo Dio in continuazione. Mi sono tornate in mente queste parole di Dio: “La Mia opera nel gruppo di persone degli ultimi giorni è un’impresa senza precedenti e così, affinché la Mia gloria possa pervadere il cosmo, tutti devono soffrire per Me gli ultimi patimenti. Capite la Mia volontà? Questa è la prescrizione finale che impongo all’uomo, vale a dire, spero che tutti possano renderMi una testimonianza forte e risonante davanti al gran dragone rosso, che possano sacrificarsi per Me un’ultima volta e adempiere le Mie prescrizioni in un ultimo caso. Saprete farlo veramente? Nel passato siete stati incapaci di soddisfare il Mio cuore; potreste interrompere questa consuetudine nell’ultimo caso? Io do alle persone la possibilità di riflettere; le lascio ponderare attentamente prima di darMi infine una risposta: è sbagliato fare così? Attendo la risposta dell’uomo, attendo la sua ‘lettera di risposta’; avete la fede per adempiere le Mie prescrizioni?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 34”). Le parole di Dio mi hanno aiutato a capire che Egli stava permettendo al gran dragone rosso di arrestarmi e perseguitarmi per perfezionare la mia fede e la mia devozione. Stava inoltre dandomi la possibilità di rimanere saldo nel testimoniarLo davanti a Satana. Dio stava esaminando ogni mia parola e azione. Dovevo affidarmi a Lui e restare saldo. Questo pensiero mi ha restituito fede e forza, e mi sono sentito molto più lucido, riposato e in forze. I due ufficiali che stavano in piedi da un lato hanno commentato tra di loro: “Questo qui è proprio un tipo tosto. Ha ancora così tanta energia dopo tutti questi giorni senza dormire, mentre noi, che siamo più di dieci, siamo completamente esausti”. Sapevo che dipendeva tutto dalla misericordia e dalla protezione che Dio mi offriva, e L’ho ringraziato dal profondo del cuore.
In seguito, mi hanno costretto a restare in piedi piegato sulle gambe. Dopo sette giorni e sette notti senza dormire e quasi nulla da mangiare, dove avrei trovato la forza per resistere? Non ci è voluto molto perché non ce la facessi più e cadessi a terra. Mi hanno tirato su di nuovo e mi hanno rimesso nella stessa posizione. Del tutto privo di forze, sono caduto due volte e non sono più riuscito a rimanere accovacciato in quel modo. Allora mi hanno ordinato di inginocchiarmi di fronte a loro. Infuriato, mi sono detto: “Io mi inginocchio solo per adorare Dio, non lo farò mai davanti a voi demoni”. Quando mi sono rifiutato con fermezza, due di loro mi hanno afferrato le braccia con violenza e mi hanno preso a calci i polpacci per costringermi a inginocchiarmi. Ho continuato a opporre resistenza, così mi hanno calpestato i polpacci, premendo molto forte. Faceva così male che tutto il corpo mi si è ricoperto di sudore. Avevo la sensazione che sarebbe stata preferibile la morte. Mi hanno torturato in quel modo per circa un’ora, finché i miei polpacci non erano bluastri e gonfi, e dopo ho zoppicato per molto tempo.
All’ottavo giorno, ancora non mi lasciavano dormire. Mi sentivo stordito, avevo la febbre alta e mi fischiavano le orecchie. Non riuscivo a sentire chiaramente e avevo la vista offuscata: sarei svenuto, se avessero smesso di colpirmi per un solo minuto. Fuori nevicava, ma gli agenti mi hanno trascinato in bagno e spruzzato acqua gelida sulla testa. Appena mi lasciavano andare, crollavo a terra. Rapidamente alternavo momenti di lucidità ad altri di confusione. Ero sull’orlo di un crollo mentale e anche prossimo al limite fisico. Non avere idea di quando quei giorni orribili sarebbero finiti indeboliva il mio spirito, e non volevo nemmeno mangiare.
La sera del nono giorno, è entrato nella stanza quello che sembrava una qualche sorta di capo. Mi ha indicato un letto e mi ha detto: “Devi solo dirmi solo da dove viene quel denaro, dov’è l’uomo che ha fatto il bonifico con te e chi è il vostro leader. Basta una mia parola e potrai fare la doccia e dormire, poi ti lasceremo andare a casa”. Ero fisicamente esausto, al limite estremo, ed ero già caduto a terra diverse volte. Sentivo di poter morire da un momento all’altro se non avessi dormito un po’. Ho pensato tra me e me: “Magari potrei rivelare qualcosa di secondaria importanza. Avanti di questo passo, se anche non verrò picchiato a morte, morirò per sfinimento o per privazione di sonno!” Ma poi ho capito subito che questo mi avrebbe reso un giuda. Mi sono affrettato a pregare Dio in silenzio: “Dio, non ce la faccio più. Ti prego, dammi fede e forza. Voglio restare saldo nel testimoniarTi e svergognare Satana”. Mentre pregavo, ho rammentato alcune parole di Dio: “Negli ultimi giorni dovete rendere testimonianza a Dio. Per quanto sia grande la vostra sofferenza, dovreste camminare fino alla fine, e anche al vostro ultimo respiro, dovete ancora essere fedeli a Dio e alla Sua mercé; solo questo è vero amore per Lui e una testimonianza forte e clamorosa” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’amabilità di Dio”). Le parole di Dio mi hanno ricordato che era esattamente quello il momento in cui dovevo rimanere saldo nel renderGli testimonianza, cosa che mi richiedeva di essere in grado di sopportare la sofferenza e manifestare devozione verso di Lui. Invece io non volevo soffrire, e stavo persino valutando l’ipotesi di svendere gli interessi della chiesa per salvarmi la vita. Ero così egoista e vile: possedevo almeno un briciolo di umanità? Quella poteva forse definirsi una testimonianza? Questo pensiero mi ha restituito fede e forza. Sapevo che, se anche avesse voluto dire rinunciare alla mia vita, dovevo restare saldo nella mia testimonianza e soddisfare Dio. E così, ho continuato a tacere. Di fronte a questa mia reazione, quell’uomo con l’aria da capo ha ordinato agli ufficiali che mi sorvegliavano: “Tenetelo d’occhio. Non gli è permesso dormire, non finché non parla”. Poi si è voltato e se n’è andato.
Il pomeriggio del decimo giorno, la polizia ha arrestato diverse sorelle. Volevano interrogarle separatamente e, poiché non disponevano di abbastanza agenti per sorvegliarmi, quella notte sono finalmente riuscito a dormire. La mattina dopo, un capitano di polizia di nome Cai mi ha detto: “Siamo stati a casa tua. Tua madre sta invecchiando e non gode di buona salute; in più, deve prendersi cura dei tuoi due bambini. La loro vita è davvero difficile. Tua moglie non è a casa, i tuoi figli sono piccoli, hanno bisogno della presenza dei loro genitori e gli manchi molto. La tua famiglia non se la passa affatto bene. Abbiamo pensato di concederti un’altra possibilità, ed è meglio che tu la colga. Ieri abbiamo catturato altre persone, quindi dimmi solo chi di loro è il leader, e chi tiene i soldi e dove vive, poi ti lascerò andare immediatamente. Ti permetteremo di tornare a casa dalla tua famiglia, e possiamo anche aiutarti a trovare un buon lavoro in zona, così potrai prenderti cura di loro”. A queste parole, non sono riuscito a trattenere le lacrime; soffrivo molto, ed ero debole. Mia madre e i miei figli stavano soffrendo e io non avevo modo di aiutarli. Sentivo di star davvero deludendoli. In quel momento, mi sono reso conto che il mio stato era sbagliato, così ho rivolto una rapida preghiera a Dio e Gli ho chiesto di guidarmi e di vegliare sul mio cuore. Ho ricordato queste parole di Dio: “In ogni momento, il Mio popolo dovrebbe restare in guardia contro le scaltre macchinazioni di Satana, proteggendo per Me la porta della Mia casa; […] in modo da evitare di cadere nella trappola di Satana, a quel punto sarebbe troppo tardi per rammaricarsene” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 3”). Le parole di Dio mi hanno di nuovo rammentato che quella era una delle tentazioni di Satana. Satana stava usando i miei affetti per istigarmi a tradire Dio e a vendere i miei fratelli e sorelle affinché la polizia potesse rubare il denaro della chiesa e nuocere ai Suoi prescelti. Non potevo cadere nell’inganno di Satana, e non li avrei mai venduti, per poi trascinarmi in un’esistenza vergognosa. Poco dopo, hanno portato le mie sorelle una per una per farmele identificare: facevano far loro un lento giro di 360 gradi in modo che potessi vederle chiaramente. Con la coda dell’occhio, ho notato che i tre ufficiali osservavano le mie reazioni, così ho pregato Dio, chiedendoGli di vegliare su di me affinché non le tradissi. Ho provato una profonda serenità, e ho guardato ognuna di loro senza espressione, scuotendo lentamente la testa ogni volta. Il capitano Cai mi ha assestato un violento ceffone e ha gridato: “Non posso credere che tu non ne conosca nemmeno una. Che ne dici di farti altri 10 giorni di ‘trattamento dell’aquila’? Allora vedremo se ti comporterai bene!” Poi hanno continuato a martellarmi di domande su dove si trovasse il denaro della chiesa e su chi fosse il leader. Io non rispondevo, e così continuavano a torturarmi giorno e notte, senza lasciarmi dormire un istante. Mi schiaffeggiavano, mi prendevano a calci sui polpacci, mi tiravano con violenza i capelli sulle tempie, oppure mi urlavano in un orecchio tenendo entrambe le mani a coppa non appena mi appisolavo. Scoppiavano a ridere ogni volta che vedevano la mia espressione di paura e dolore quando mi svegliavo di soprassalto. Ero disperato, e non sapevo quanto ancora avrei potuto sopportare quella morte in vita. Soprattutto quando ripensavo a quanto avevano detto, ossia che non c’è un limite di tempo per “sfinire l’aquila”, e che si smette quando la vittima confessa, allora mi scoraggiavo ancora di più.
Al ventesimo giorno di tortura, ho visto che la polizia non si fermava, ma io avevo ormai raggiunto il limite fisico. Ogni volta che cadevo a terra, non avevo nemmeno la forza di rialzarmi o di riaprire gli occhi. La mia mente era sempre più annebbiata e persino respirare mi risultava faticoso. Sentivo di star per morire da un momento all’altro ed ero davvero spaventato. Ho sentito un ufficiale gridare: “Non importa se picchiamo a morte gli irriducibili come te! Possiamo seppellirti in un posto qualunque e nessuno lo saprà mai”. Queste parole mi hanno completamente demoralizzato. Cosa avrebbero fatto mia madre, mia moglie e i miei figli se fossi stato picchiato a morte? Mia madre era anziana e soffriva di cuore e di ipertensione. Non sarebbe stata la fine per lei se fossi morto? E quanto avrebbe sofferto mia moglie? I miei figli erano così piccoli, come avrebbero potuto tirare avanti? Non osavo pensarci. Sentivo un forte groppo in gola e le lacrime mi scorrevano lungo il viso. Proprio quando il mio dolore e la mia debolezza stavano raggiungendo il limite, ho sentito un ufficiale dire: “Dicci solo dove hai risieduto e chiuderemo questo caso! Altrimenti non potremo farlo. Non vogliamo stare alzati fino a tardi e soffrire qui accanto a te ogni giorno”. Ho pensato tra me e me: “Se neanche stasera parlo, credo proprio che non mi lasceranno vivere. Magari potrei dire qualcosa di irrilevante. La sorella più anziana che mi ospitava è solo una credente ordinaria e possiede poche informazioni sulla chiesa. Ammettere che ho vissuto a casa sua non dovrebbe arrecare alcun danno reale alla chiesa. Tra l’altro, sono già passati 20 giorni dal mio arresto, quindi tutti quei libri di parole di Dio che aveva in casa saranno ormai stati spostati. Se non riescono a trovare alcuna prova della sua fede, non faranno nulla a una donna anziana, giusto?” Dopo aver formulato questo pensiero, non ho rivolto alcuna preghiera a Dio; poi, la polizia mi ha mostrato una pianta dell’area circostante la casa della mia sorella ospite, e io ho indicato loro l’abitazione. Non appena le parole mi sono uscite di bocca, ho recuperato totalmente la lucidità, ero del tutto sveglio, e ho d’improvviso percepito una profonda oscurità nel cuore. Mi sono reso conto di essermi appena comportato da giuda e di aver offeso l’indole di Dio. Ero terrorizzato e ammutolito, affranto dal senso di colpa e dal rimorso. Come avevo potuto essere un giuda e vendere quella sorella? Poi uno dei poliziotti mi ha domandato: “In quale casa viene conservato il denaro? Chi è il vostro leader? Dove vengono stampate le copie della parola di Dio?” Poiché non aggiungevo altro, uno di loro mi ha assestato un calcio. Ma a quel punto il dolore fisico non aveva importanza. La sofferenza che provavo dentro di me era cento volte peggiore di quella del corpo. Era come se mi avessero pugnalato al cuore, e desideravo disperatamente poter tornare indietro nel tempo e ritrattare quello che avevo appena detto, ma era troppo tardi. Mi sentivo come se avessi perso l’anima e non ho aperto bocca. Vedendo che da me non avrebbero ottenuto altre informazioni, mi hanno trasferito in una casa di detenzione.
Alla casa di detenzione, proprio sotto gli occhi di tutti, un agente di custodia mi ha fatto spogliare nudo per un’ispezione e mi ha scattato delle foto. Erano 20 giorni che non mi lavavo il viso e i denti, e mandavo un odore terribile. Era inverno, facevano circa 10 gradi sotto zero, ma non mi hanno dato acqua calda, potevo lavarmi solo con quella fredda. Ero esausto al limite del collasso e non avevo nemmeno la forza di parlare, ma l’agente penitenziario mi ha dato un violento calcio nel petto perché secondo lui avevo risposto all’appello con voce troppo bassa. È stato talmente doloroso che mi sembrava che tutti i miei organi interni fossero stati spostati, e ho impiegato un bel po’ per riprendere fiato. Mi facevano poi ripetere le regole della casa di detenzione, e quando non riuscivo a ricordarle correttamente dovevo pulire pavimenti e bagni come punizione. Avevo le mani ricoperte di escoriazioni che sanguinavano molto facilmente, e ogni notte dovevo alzarmi dal letto per un turno di guardia di due ore. Potevo sopportare tutto quel dolore fisico ma, da quando avevo venduto quella sorella, il senso di colpa mi dilaniava costantemente, e mi sentivo in debito verso Dio e verso di lei. Non riuscivo a perdonarmi. Lei aveva trascurato la sua sicurezza personale per accogliermi, mentre io l’avevo venduta per proteggermi. Ero del tutto privo di umanità! Queste parole di Dio mi commuovevano molto: “Non avrò più alcuna pietà per coloro che non Mi hanno mostrato la minima lealtà durante il tempo della tribolazione, poiché la Mia pietà giunge solo fino a questo punto. Inoltre, non provo alcuna simpatia per chi un tempo Mi ha tradito, e meno ancora Mi piace associarMi a coloro che svendono l’interesse dei loro amici. Questa è la Mia indole, indipendentemente da quale persona si tratti. Devo dirvi questo: chiunque Mi spezzi il cuore non riceverà da Me clemenza una seconda volta, e chiunque Mi sia stato fedele rimarrà per sempre nel Mio cuore” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Prepara sufficienti buone azioni per la tua destinazione”). Le parole di Dio erano come un coltello piantato nel cuore, e acuivano il mio senso di colpa, facendomi sentire indegno di trovarmi al cospetto di Dio. Sapevo bene che l’indole di Dio è santa e giusta e non tollera alcuna offesa da parte dell’uomo, che Egli disprezza coloro che proteggono sé stessi a spese dei fratelli e delle sorelle e che vogliono solo salvare la propria pelle. Avevo venduto quella sorella, diventando un ignobile giuda. Era un’offesa intollerabile nei confronti di Dio e totalmente abominevole ai Suoi occhi. Pensare a questo mi spezzava il cuore, e la notte non riuscivo a chiudere occhio. Ero sopraffatto dal dolore e dal senso di colpa.
Il capitano Cai è venuto alla casa di detenzione altre due volte per interrogarmi su dove fosse il denaro della chiesa e chiedermi con chi avessi condiviso il Vangelo. Una volta mi ha mostrato le fotografie di due sorelle perché le identificassi e mi ha avvertito del fatto che, se non avessi detto la verità, si sarebbe assicurato che finissi in prigione. La volta precedente avevo pensato solamente a salvarmi la vita, vendendo così quella sorella e arrecando a Dio un profondo dolore. Essere punito e mandato all’inferno era ciò che avrei meritato. Questa volta, anche se mi avessero condannato all’ergastolo, anche a costo di morire, non avrei rivelato nessun’altra informazione. Così ho risposto senza alcuna esitazione: “Non le conosco!” Allora il capitano Cai mi ha detto con enfasi: “Guarda bene! Pensaci un po’ su prima di rispondere”. Ho ripetuto con molta decisione: “Non le conosco!” Vedendo la mia determinazione, un altro ufficiale mi ha colpito con due violenti ceffoni, facendomi bruciare il viso dal dolore. Ma stavolta mi sentivo completamente in pace.
In seguito, ho riflettuto sulle ragioni del mio fallimento. In parte ero troppo schiavo dei miei affetti; così, quando la polizia mi ha torturato e ha minacciato di uccidermi, non ho avuto il coraggio di abbandonare mia madre, i miei figli o mia moglie, temendo che non avrebbero sopportato il trauma e non sarebbero stati in grado di andare avanti se fossi morto. Avevo tradito Dio e venduto quella sorella per via dei miei affetti carnali, diventando un giuda infido e spregevole. Ero davvero del tutto privo di umanità! In realtà, il destino della mia famiglia era interamente nelle mani di Dio, e quanto tormento e dolore avrebbero sofferto nelle loro vite era già stato prestabilito da Lui. Anche se non fossi morto e fossi potuto rimanere al loro fianco, non avrei comunque avuto modo di cambiare la sofferenza a cui erano destinati. Non lo avevo considerato, perché accecato dai miei sentimenti. Ero davvero sciocco. Un altro aspetto della questione era che non comprendevo appieno il significato della morte. Non potevo sopportare di separarmi dalla vita, il che significava che non avevo affatto autentica fede in Dio. Al ventesimo giorno di quella tortura per sfinimento, la mia mente si stava via via offuscando, faticavo a respirare, e sentivo di poter morire da un momento all’altro. Ero davvero spaventato, temevo che fosse giunta la mia ora. Il mio pensiero è andato a tutti quei santi che nel corso dei secoli hanno lavorato per diffondere il Vangelo del Signore. Alcuni sono stati lapidati a morte, altri decapitati, e altri ancora crocifissi. Tutti quanti hanno subito persecuzioni per difendere la giustizia, e la morte di ognuno di loro è stata una testimonianza di trionfo su Satana, ha gettato su Satana il disonore ed è stata commemorata da Dio. Sebbene siano morti fisicamente, le loro anime sono nelle mani di Dio. Ho ripensato alle parole del Signore Gesù: “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per causa Mia, la troverà” (Matteo 16:25). Ero stato arrestato e torturato a causa della mia fede. Stavo subendo una persecuzione per una giusta causa. Se la polizia mi avesse davvero picchiato al punto di mutilarmi irreparabilmente o uccidermi, sarebbe stata una cosa gloriosa. Pensare a questo mi ha trasmesso un profondo senso di liberazione, e ho deciso che, a prescindere da quanto avessi sofferto in futuro, se anche avessi dovuto offrire la mia vita, sarei rimasto saldo nel testimoniare Dio, espiato la mia trasgressione passata, e per nessuna ragione avrei continuato a vivere nel disonore.
Era la fine del gennaio 2003, ero stato arrestato da quasi due mesi. Avevo perso più di 30 chili e, quando lasciavano uscire i detenuti per prendere un po’ d’aria, dopo appena qualche giro del cortile avevo già difficoltà a respirare. Le mie condizioni erano estremamente precarie e gli agenti avevano paura che morissi sotto la loro responsabilità, così hanno finito per comminarmi una sentenza di soli 18 mesi che poteva essere scontata fuori dalla prigione. Dopo il mio rilascio, dovevo chiamare l’Ufficio di Pubblica Sicurezza due volte al mese per riferire i miei spostamenti, e fare rapporto sulla mia ideologia ogni tre mesi. Quando sono tornato a casa, tutti i miei parenti e amici non credenti si sono coalizzati contro di me e mi hanno rimproverato. Stavo malissimo. In prigione, il gran dragone rosso mi aveva torturato fino a ridurmi in fin di vita e, ora che ero tornato a casa, dovevo tollerare le incomprensioni da parte della mia famiglia. Non potevo fare altro che ingoiare quella pillola amara. In seguito sono venuto a sapere, che dopo il mio arresto, la polizia aveva perquisito la mia casa e aveva mentito alla mia famiglia, dicendo loro che ero stato coinvolto in frodi a scopo di lucro e cose di quel genere. La cosa mi ha fatto infuriare. I poliziotti mi avevano arrestato, torturato, istigato a comportarmi da giuda e a vendere una sorella, e avevano persino fatto ricorso a delle menzogne per seminare discordia e indurre i miei familiari a ripudiarmi. Odiavo quei demoni del Partito Comunista con tutto me stesso!
Poco tempo dopo, la polizia ha ripreso a braccarmi, così ho dovuto scappare. Sono diventato uno dei fuggitivi ricercati dal PCC. Ho dovuto fare lavori saltuari sotto falso nome, con una casa a cui non potevo far ritorno. Ho anche interrotto i contatti con la chiesa. Essere inseguito dalla polizia, ripudiato dalla mia famiglia e non poter nemmeno vivere la vita della chiesa è stato estremamente doloroso. In particolare, quel frangente in cui mi ero comportato da giuda era simile a un marchio impresso sul mio cuore. Non riuscivo a liberarmi della sensazione di essermi macchiato di un peccato imperdonabile, sentivo che il mio cammino di fede era ormai giunto al termine e che non avevo più alcuna possibilità di essere salvato. Questi pensieri mi laceravano e privavano di ogni forza.
Nel maggio 2008, ho riallacciato i contatti con la chiesa e ho ripreso a svolgere dei doveri. In seguito, ho letto queste parole di Dio: “Ogni persona che si sarà lasciata conquistare dalle parole di Dio avrà ampie opportunità di salvezza; l’aver salvato ciascuna di queste persone dimostrerà l’immensa clemenza di Dio; in pratica, esse saranno trattate con la massima tolleranza. A condizione che le persone si allontanino dalla strada sbagliata e che si pentano, Dio concederà loro l’opportunità di ottenere la Sua salvezza” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Dovreste mettere da parte i benefici della posizione e comprendere la volontà di Dio di dare la salvezza all’uomo”). “Il modo in cui Dio gestisce ogni persona si basa sulle situazioni effettive delle circostanze e del retroscena di quella persona in quel momento, così come sulle sue azioni e sul suo comportamento, e sulla sua natura essenza. Dio non farà mai torto a nessuno. Questa è un aspetto della Sua giustizia. Ad esempio, Eva fu tentata dal serpente a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma Jahvè non la rimproverò dicendo: ‘Ti avevo detto di non mangiarlo, allora perché lo hai fatto comunque? Avresti dovuto avere del discernimento; avresti dovuto sapere che il serpente ha parlato soltanto per sedurti’. Jahvè non rimproverò Eva in questo modo. Poiché gli esseri umani sono creature di Dio, Egli sa quali sono i loro istinti e di cosa tali istinti sono capaci, fino a che punto le persone riescono a controllarsi e fin dove riescono a spingersi. Dio sa tutto questo con assoluta chiarezza. Il modo in cui Dio gestisce una persona non è semplice come si immagina. Quando l’atteggiamento di Dio verso una persona è di odio o disgusto, oppure quando si tratta di cosa questa persona dica in un dato contesto, Dio comprende bene lo stato di tale persona. Questo perché Dio scruta il cuore e l’essenza dell’uomo. Le persone pensano sempre: ‘Dio ha soltanto la Sua divinità. Egli è giusto e non tollera offesa da parte dell’uomo. Non considera le difficoltà dell’uomo, né Si mette nei suoi panni. Se una persona dovesse resisterGli, Lui la punirà’. Le cose non stanno affatto così. Se è questo il modo in cui qualcuno intende la Sua giustizia, la Sua opera e il Suo modo di trattare le persone, allora si sta sbagliando di grosso. Nel determinare l’esito di ogni persona, Dio non Si basa sulle nozioni e sulle fantasie dell’uomo, ma sulla Propria indole giusta. Egli ripagherà ogni persona a seconda di come questa abbia agito. Dio è giusto e, prima o poi, Si assicurerà che tutte le persone vengano totalmente convinte” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Leggere queste parole mi ha commosso al punto che non ho potuto trattenere le lacrime. Ero come un bambino che, commesso un terribile errore, non ha avuto il coraggio di tornare a casa, ma finalmente viene di nuovo accolto dall’abbraccio di sua madre dopo anni di vagabondaggio nel mondo. Potevo veramente sentire l’amorevolezza dell’essenza di Dio. Avevo venduto quella sorella e tradito Dio, quindi meritavo una punizione, ma Dio non mi ha trattato in base alla mia trasgressione. Mi ha dato la possibilità di pentirmi. Ho potuto vedere che l’indole di Dio non è fatta solamente di giudizio e ira, ma anche di misericordia e tolleranza. Dio Si attiene fermamente ai principi nel modo in cui tratta le persone. Non le delimita secondo le loro trasgressioni momentanee, ma in base alla natura e al contesto delle loro azioni, e alla loro levatura in quel momento. Se qualcuno è infido a causa della sua umana debolezza, ma in cuor suo non rinnega né tradisce Dio ed è capace di pentirsi al Suo cospetto dopo aver trasgredito, Dio può ancora perdonarlo e concedergli un’altra possibilità. Ho visto quanto è giusta l’indole di Dio. Dio odia l’indole corrotta e i tradimenti degli uomini, ma fa comunque di tutto per salvarci. Questo mi ha colmato di gratitudine verso Dio e mi sono sentito ancor più in debito nei Suoi confronti. Lo avevo ferito e provavo davvero il desiderio di prendermi a schiaffi. Ho deciso che, a prescindere da quale sarebbe stato il mio esito, avrei fatto tesoro di quell’opportunità offertami da Dio, avrei ricercato la verità e avrei compiuto il mio dovere per ripagare il Suo amore.
Dopo aver subito quella brutale tortura da parte del PCC, ho visto fino in fondo la sua essenza demoniaca e il suo volto malvagio, fatto di odio e opposizione nei confronti di Dio. Detesto Satana più che mai! Ho inoltre sperimentato di persona che l’opera di Dio di salvezza dell’umanità è estremamente concreta e saggia: Egli Si è servito del gran dragone rosso per perfezionare la mia fede e la mia devozione, permettendomi di acquisire una qualche comprensione dell’indole giusta di Dio e di vedere l’autorità e il potere delle Sue parole. Tutta questa esperienza mi ha dimostrato che le difficoltà e le prove sono una benedizione di cui Dio mi fa dono, nonché il Suo amore e la Sua salvezza! Qualsiasi sorta di oppressione o avversità possa trovarmi ad affrontare in futuro, sono completamente determinato a seguire Dio fino alla fine!
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