Un fardello è la benedizione di Dio
Poco tempo fa, nella Chiesa mi hanno eletta al ruolo di capo. È stato uno shock venirlo a sapere, non osavo crederci. Io, un capo? Com’era possibile? Un capo della Chiesa deve saper convididere sulla verità per risolvere i problemi dei fratelli nell’ingresso alla vita, ma io ero giovane e con un’esperienza di vita limitata. E poi, non avevo mai ricoperto un tale ruolo prima. Ero all’altezza del compito? Sono rimasta in ansia per molto tempo: comunque la vedessi, non ero adatta a quel compito e non dovevo accettarlo. Se l’avessi fatto, ottenendo cattivi risultati non avrei reso un disservizio alla casa di Dio, ai miei fratelli? Inoltre, tutti mi avrebbero vista per com’ero davvero. Sarebbe stato umiliante. Mi sono inventata tutta una serie di scuse, ma una sorella mi ha letto questo passo dalle parole di Dio: “Nutrirti della parola di Dio, praticare la preghiera, accettare il fardello di Dio, assumerti i compiti che Egli ti affida: tutto ciò fa sì che tu possa avere un percorso davanti a te. Più aumenterà il peso del fardello che Dio ti affiderà, più facile sarà che tu sia perfezionato da Lui. […] Se sei una persona che tiene conto della volontà di Dio, ti addosserai un vero fardello per la Chiesa. In realtà, invece di considerarlo un fardello che porti per la Chiesa, sarebbe meglio considerarlo un fardello che porti per la tua stessa vita, poiché il fine del fardello che ti addossi per la Chiesa è essere perfezionato da Dio attraverso tali esperienze” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tieni conto della volontà di Dio al fine di ottenere la perfezione”). Quelle parole mi hanno aiutato a capire che con quell’incarico Dio mi dava la possibilità di esercitarmi. Anche se ero molto carente, quel compito non implicava solo guidare gli altri e risolvere i loro problemi, ma anche concentrarmi di più sull’accesso alla verità per mezzo di esso. Prima di tutto, avrei dovuto cercare la verità per affrontare i miei problemi, che sarebbe stato l’unico modo di aiutare i fratelli con la mia esperienza concreta. Affidandomi quell’incarico, Dio mi dava anche un fardello. Un capo della Chiesa deve occuparsi di ogni questione che la riguarda, gestendo persone, cose ed eventi, lavorando su molti problemi, per imparare a risolverli usando la verità. Così, comprenderà meglio la verità e sarà perfezionato da Dio con più facilità. Mi è venuto in mente anche questo: “Se non cerchi le opportunità di essere perfezionato da Dio e se non ti sforzi di essere in prima fila nella tua ricerca del perfezionamento, alla fine ti ritroverai pieno di rimorsi. Il momento migliore per raggiungere la perfezione è il presente; adesso è un momento estremamente favorevole. Se non cerchi seriamente di essere perfezionato da Dio, una volta che la Sua opera sarà conclusa sarà troppo tardi e avrai perso questa opportunità. Non importa quanto siano grandi le tue aspirazioni; nel momento in cui Dio non starà più compiendo la Sua opera, per quanto impegno tu ci metta non sarai più in grado di ottenere il perfezionamento” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tieni conto della volontà di Dio al fine di ottenere la perfezione”). Ho compreso che poter svolgere quel dovere era, in effetti, l’occasione di essere perfezionata da Dio. Con l’opera di Dio nella fase finale, c’è poco tempo per dedicarci al nostro dovere. Rifiutando quell’incarico, non avrei avuto una seconda possibilità e me ne sarei di certo pentita. Non potevo continuare a vivere consumata dalle difficoltà, né potevo badare solamente a prestigio e status, ma dovevo sottomettermi. In cuor mio, ho ringraziato Dio per quell’occasione di fare esercizio. Mi sarei impegnata nel mio dovere affidandomi a Lui.
Con mia sorpresa, il primo guaio mi è capitato pochi giorni dopo l’inizio dell’incarico. Durante una riunione, il superiore ha nominato un diacono credente da oltre due anni, con una certa levatura e parecchio arrogante. Era dispotico nel compito e non discuteva niente con nessuno. Aveva danneggiato il lavoro della casa di Dio. Ci ha chiesto come vedevamo quel tipo di persona. Io ritenevo che uno così arrogante, incapace di collaborare con i fratelli, non fosse minimamente adatto a fare il diacono e andasse rimosso. Perciò, ho detto la mia. Però, quando il superiore ha commentato, ho capito che quel diacono era credente da poco, aveva una certa levatura e soffriva solo di arroganza; poteva essere formato se accettava la verità, andava aiutato e sostenuto condividendola. Avrebbe potuto essere smascherato e trattato, ma era inaccettabile eliminarlo per ripicca. Anche se la mia prospettiva errata mi aveva messo un po’ in imbarazzo, avevo compreso il principio del trattamento equo ed era dunque un’esperienza positiva. In seguito, però, ho scoperto che quasi tutti gli altri capi rilevavano bene i problemi, mentre io ero davvero carente. Comprendevo poco la verità, non avevo discernimento né princìpi per trattare gli altri. Possedevo davvero le qualità di un capo? Chi funge da capo deve comprendere alcune verità e avere intùito per le persone. Serve il giusto approccio verso ogni tipo di persona nella Chiesa. Ma i fatti hanno rivelato che non possedevo tali qualità. Dopo quelle riflessioni, volevo quasi arrendermi. Per di più, avevo iniziato da poco, le mansioni si accumulavano e avevo incontrato alcune difficoltà. Sentivo che quel compito sarebbe stato estenuante e oneroso. Quella sera, il mio cuore era in subbuglio e pensavo che dovevo essere la più scarsa fra tutti i capi. Avevo sùbito fatto una gaffe e il superiore doveva aver scoperto che ero di scarsa statura e levatura, senza criteri di giudizio. Di certo riteneva che non valesse la pena formarmi. Cosa dovevano pensare di me gli altri? Che ero totalmente priva di intuito e che era stato un errore eleggermi a capo? Più ci rimuginavo, più mi sentivo assolutamente indegna del ruolo. Mi chiedevo se non dovessi mostrare un po’ di buon senso e dimettermi appena possibile. Tuttavia, quel pensiero mi metteva a disagio. Accettato l’incarico, avevo trovato la determinazione in preghiera, quindi se l’avessi rigettato con leggerezza, non avrei tradito Dio? Quella notte, pregando, ho condiviso il mio dilemma con Dio, chiedendoGli di guidarmi per conoscere me stessa, per sapere come avrei dovuto sperimentare tutto ciò.
La mattina dopo, mentre leggevo La Parola quotidiana di Dio, ho letto una cosa su Giobbe che mi ha commosso davvero: “Nonostante rango e condizione sociale prestigiosi, non aveva mai amato questi aspetti e non ci aveva mai fatto caso; non si preoccupava di come gli altri considerassero la sua condizione sociale, e non si preoccupava se le sue azioni o la sua condotta avrebbero avuto un impatto negativo sulla sua posizione; non si abbandonava ai privilegi del suo prestigio, né si godeva la gloria che accompagna il rango e la posizione. Si preoccupava solo del suo valore e del significato della sua vita agli occhi di Jahvè Dio. Il vero io di Giobbe era la sua reale sostanza: non amava fama e ricchezze e non viveva per esse; era autentico, puro e senza falsità” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “L’opera di Dio, l’indole di Dio e Dio Stesso II”). Dalle parole di Dio, ho visto che Giobbe era di posizione elevata, che era il più grande tra la gente dell’Est, ma non si preoccupava di opinioni e giudizi altrui. Quando affrontò la prova del corpo tutto coperto di bolle, mentre sedeva sulla cenere raschiandoselo con un coccio, non si preoccupava se ciò avrebbe influito negativamente su prestigio e posizione. Pur essendo deriso da chi lo circondava, non se la prendeva. Giobbe non bramava la fama e lo status. Gli importava solo come Dio guardasse alle sue azioni, se producessero la Sua soddisfazione e approvazione. Ciò mi ha spinto a una riflessione: a che cosa tenevo? Perché ero così sconvolta? Ciò che mi interessava era l’impatto che le mie parole e azioni avevano avuto sulla mia reputazione e sul mio status. Quell’ultima esperienza ne è stata un esempio: era palesemente carente e non sapevo trattare le persone secondo i princìpi. Ma io temevo solo che il superiore mi disprezzasse, che gli altri fratelli si pentissero di avermi eletto. Non ho dedicato un pensiero alla volontà di Dio, alla lezione da imparare e alle verità da ricavare in quella situazione. Mi concentravo su tutte cose errate. Volevo rinunciare all’incarico di Dio solo per preservare la mia reputazione. Ero davvero troppo ribelle, troppo ingrata.
Nella mia riflessione successiva, mi sono chiesta perché quell’errore mi avesse causato così tanto dolore, fino al punto di voler abbandonare il mio dovere. Che indole era, quella che mi controllava? Poi ho letto questo passo dalle parole di Dio: “Gli anticristi sono particolarmente infidi e subdoli. Tutto ciò che dicono è strettamente calcolato; nessuno è più abile di loro nel mettere in scena una finzione. Ma una volta che il gatto è fuori dal sacco, una volta che la gente li ha visti per quello che sono veramente, fanno del loro meglio per dissimulare, escogitano modi per districarsi, per cavarsela passando sopra ai propri errori. Vivono ogni giorno solo per la reputazione e il prestigio, vivono solamente per godere degli orpelli del prestigio, questo è tutto ciò a cui rivolgono i loro pensieri. Anche quando occasionalmente soffrono qualche piccola difficoltà o pagano un minimo prezzo, lo fanno per il prestigio e la reputazione; da quando gli anticristi iniziano a credere in Dio, dedicano la vita al prestigio e alla reputazione, e non si fermeranno fino al loro conseguimento; tale è la natura e l’essenza degli anticristi. Se un giorno le persone vedessero le loro azioni per quello che sono realmente, sarebbero angosciati, inquieti, tormentati, non riuscirebbero a mangiare né a dormire, sarebbero spesso distratti; e quando gli altri chiedessero loro cosa c’è che non va, inventerebbero una bugia: ‘Sono stato così occupato nel compiere il mio dovere che la scorsa notte non sono riuscito a dormire, sono esausto’. Ma non è così; è pura finzione. Cosa pensano veramente dentro di sé? ‘I miei misfatti sono stati scoperti. Come posso salvare la situazione? Come posso redimermi senza che gli altri si accorgano di quello che sto facendo? Con quali mezzi, con quale tono posso spiegarlo alla gente? Con chi devo parlare per primo, come devo affrontare la questione, come devo metterla in modo che non si capisca che sto cercando di giustificarmi?’ Considerano il problema nei minimi dettagli, da tutti i punti di vista, tanto da arrovellarsi e dimenticare di mangiare e bere” (“Fanno il loro dovere solo per distinguersi e alimentare i loro interessi e ambizioni; non considerano mai gli interessi della casa di Dio e addirittura li vendono in cambio della gloria personale (Parte seconda)” in “Smascherare gli anticristi”). Riflettendo sulle Sue parole, ho visto che mi comportavo proprio come gli anticristi smascherati da Dio che pensano solo a fama e prestigio. Ho provato vergogna per l’errore, ho rivelato i miei difetti ai fratelli. Mi sembrava una cosa veramente umiliante, così ero ossessionata da come mi avrebbero vista. Di giorno, non riuscivo nemmeno a calmarmi nel mio dovere, e di notte ci perdevo il sonno. Non mi dava un attimo di pace. Ormai gli altri se n’erano accorti e non c’era modo di salvare la situazione. La mia dignità era persa, come la voglia di compiere il mio dovere; se avessi rinunciato, almeno avrei messo fine alle figuracce e al disprezzo per la scarsa qualità del mio lavoro. Ho anche ripensato a questi versi: “Da quando gli anticristi iniziano a credere in Dio, dedicano la vita al prestigio e alla reputazione, e non si fermeranno fino al loro conseguimento; tale è la natura e l’essenza degli anticristi” (“Fanno il loro dovere solo per distinguersi e alimentare i loro interessi e ambizioni; non considerano mai gli interessi della casa di Dio e addirittura li vendono in cambio della gloria personale (Parte seconda)” in “Smascherare gli anticristi”). Ho potuto capire che una delle caratteristiche principali di un anticristo è parlare e agire solo per fama e prestigio. Questi sono anche i suoi obiettivi di vita. Per gli anticristi, reputazione e status vengono prima di tutto. In effetti, anch’io ero in quel modo. Sin da quando andavo a scuola, ho sempre voluto primeggiare per farmi apprezzare dagli insegnanti e lodare da parenti e amici. Negli anni in cui ho svolto i miei compiti nella casa di Dio, sapevo in teoria che non aveva senso perseguire reputazione e status, che quelle cose non rappresentavano la verità. All’apparenza, quelli non erano affatto i miei obiettivi. Tuttavia, nel profondo ero ancora innamorata del prestigio e volevo eccellere in ogni singola azione perché gli altri mi apprezzassero e ammirassero. Quando ho accettato il ruolo di capo della Chiesa, speravo di poter essere degna del titolo. Appena assunto l’incarico, dovevo ricevere lodi da tutti. Però, al primo fallimento, pensavo che i fratelli mi avrebbero disprezzata, che fama e prestigio ne avrebbero sofferto, per questo non volevo continuare. Avevo solo a cuore la mia immagine agli occhi degli altri e non la possibilità di compiere il mio dovere. Compromessi fama e status, volevo rinunciare all’incarico di Dio. Per me, reputazione e prestigio erano al di sopra di tutto. Era proprio quell’indole da anticristo a scorrermi nelle vene, ero io sul cammino dell’anticristo. Pensavo: perché mai i fratelli dovrebbero ammirarmi? Non possedevo la verità, non avevo alcuna esperienza pratica, ero di scarsa levatura e ancora badavo allo status. Una come me, in preda a un’indole satanica, voleva pure essere adorata! Ero senza vergogna!
Nella riflessione, cercavo anche questo aspetto della verità. Ecco un altro passo, dalle parole di Dio, che mi è stato utile: “In quanto essere creato, quando ti presenti dinanzi al Creatore devi svolgere il tuo dovere. Questa è la cosa opportuna da fare. Dato che gli uomini devono svolgere il dovere di esseri creati, il Creatore ha di nuovo compiuto nell’umanità un’opera ancor più grande. Ha svolto nell’umanità una fase ulteriore dell’opera. E che opera è? Dio fornisce agli esseri umani la verità, consentendo loro di ottenere da Lui la verità mentre svolgono il proprio dovere e così di liberarsi della propria indole corrotta e di venire purificati. Così giungono a soddisfare la volontà di Dio, intraprendono la retta via nella vita e alla fine sono in grado di temere Dio ed evitare il male, conseguire la salvezza definitiva e non essere più soggetti ai tormenti di Satana. Questo è l’effetto principale che Dio vuole far infine conseguire agli esseri umani tramite il compimento del loro dovere. Pertanto, svolgendo il tuo dovere, non solo gioisci del valore e del significato che compiere il tuo dovere di essere creato apporta alla tua vita, ma oltre a questo sei purificato e salvato e in definitiva giungi a vivere nella luce del volto del Creatore. […] In riferimento al qui e ora, cosa riceve da Dio chiunque si presenti dinanzi a Lui e compia il proprio dovere di essere creato? Ciò che è particolarmente prezioso e bello per l’umanità. Nessun essere creato nell’ambito dell’umanità può ricevere simili benedizioni per mano del Creatore per pura casualità. Una cosa tanto bella e grandiosa viene distorta dalla stirpe degli anticristi e diventa una transazione, in cui si sollecitano allori e ricompense per mano del Creatore. Una tale transazione trasforma qualcosa di particolarmente bello e giusto in qualcosa di turpe e malvagio. Non è forse ciò che fanno gli anticristi? A giudicare da questo, gli anticristi sono malvagi? Sono davvero malvagi! Questa è soltanto la manifestazione di un aspetto della loro malvagità” (“Fanno il loro dovere solo per distinguersi e alimentare i loro interessi e ambizioni; non considerano mai gli interessi della casa di Dio e addirittura li vendono in cambio della gloria personale (Parte sesta)” in “Smascherare gli anticristi”). Ponderando questi versi, mi sono resa conto che, per un essere creato, potersi presentare dinanzi al Creatore e compiere il proprio dovere nell’ambito dell’opera di gestione di Dio è qualcosa di molto bello e giusto. Mi chiedevo: perché Dio ha detto che svolgere il nostro dovere è cosa bella e giusta? È perché Egli, con tanto altruismo, ci dona tante verità, ci dà l’opportunità di fare il nostro dovere nella Sua casa e di formarci. Nel nostro dovere, possiamo comprendere e guadagnare la verità, crescendo pian piano nella vita. Non solo possiamo scoprire, conoscere ed eliminare la nostra indole corrotta, ma anche conoscere davvero Dio, su un percorso di timore per Dio e fuga dal male, così che saremo guadagnati da Lui. Dio ci permette di fare il nostro dovere per donarci la verità e la vita, per purificarci e salvarci, senza aspettarsi nulla in cambio. Come esseri creati, dovremmo comprendere le Sue intenzioni sincere, gestire il nostro dovere con cuore onesto e impegnarci al massimo nel compierlo per ripagare l’amore di Dio. Tra il Creatore e le Sue creazioni, Dio è Colui Che Si dedica disinteressatamente, mentre gli uomini sono coloro che dovrebbero sinceramente sottomettersi e ripagare Dio. Alla fine, guadagnamo le verità che vengono da Dio, ci liberiamo della nostra indole satanica di corruzione, viviamo una parvenza umana e confortiamo Dio. È un bel rapporto di grande purezza. Inoltre, un essere creato che accetta l’incarico del Creatore e fa il suo dovere è come un bambino devoto ai genitori. È la cosa giusta da fare, la più elementare. Il nostro dovere non è un’impresa personale da gestire, ma il nostro contributo nel diffondere il Vangelo, perché più persone possano venire dinanzi a Dio. È l’impresa più giusta su questa terra. Però, senza alcun motivo, proprio questa cosa meravigliosa e giusta io l’ho resa un qualcosa di malvagio, di brutto. L’ho presa come una transazione, come uno scambio al fine di ottenere uno status. Se lo ricevevo, allora bene, altrimenti l’avrei scaricata su qualcun altro. Sfruttavo l’elevazione e la grazia di Dio per i miei scellerati fini. Ho visto bene quant’ero malvagia. Ero indegna di essere creatura di Dio. Ripensando a come avevo trattato il mio dovere, ero piena di rimorso. Mi sono presentata a Dio in preghiera: “Dio, io sono di scarsa levatura, con pochissima esperienza di vita, ma Tu non mi hai rinnegata. Mi hai dato comunque la possibilità di formarmi ed è stata una benedizione. Tuttavia, ho usato il mio dovere per venire a patti con Te. Sono così malvagia! Dio, non voglio più badare alla reputazione e al prestigio, ma far tesoro di quest’occasione per svolgere il dovere al meglio delle mie possibilità, in modo da non deluderTi”. Dopo la preghiera, mi sentivo molto più a mio agio e in pace. Con il senno di poi, sperimentare quel fallimento e perdere un po’ la faccia subito dopo la nomina sembrava qualcosa di brutto in apparenza, ma in realtà era una cosa buona. Era Dio che correggeva la mia direzione e i miei obiettivi di ricerca. Io avevo puntato a un ruolo di rispetto, con ottime prestazioni sin dall’inizio, per venire acclamata e ammirata dagli altri fratelli. Però, quell’esperienza mi ha mostrato che perseguire fama e status era il cammino errato, un cammino di fallimento. L’adempimento di quel dovere metteva a nudo le mie mancanze e ciò che dovevo fare era affrontare la realtà riconoscendo i miei fallimenti, per poi dotarmi della verità progredendo passo dopo passo, far bene il mio dovere e soddisfare Dio. Non dovevo cercare l’apprezzamento del superiore né l’ammirazione degli altri. Sì, si era visto che ero carente e non sapevo trattare gli altri secondo i princìpi, ma io dovevo riconoscere di non avere la realtà della verità, imparare la lezione e far miei i princìpi. Non c’era motivo di farsi spaventare da un insuccesso. La pratica della verità e i progressi futuri erano il nocciolo della questione. Ho ripensato anche a queste parole di Dio: “È attraverso il processo del compimento del proprio dovere che l’uomo gradualmente si trasforma, ed è attraverso questo processo che dimostra la sua lealtà. Stando così le cose, più sei in grado di compiere il tuo dovere, più verità riceverai e più la tua espressione diventerà reale” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “La differenza tra il ministero di Dio incarnato e il dovere dell’uomo”). Dalle Sue parole, ho compreso che, per assumersi il ruolo di capo, non è obbligatorio capire ogni verità e possedere una statura notevole. Inoltre, nessuno è davvero all’altezza del compito, all’inizio. Dio ci addestra per mezzo dei nostri doveri ed è grazie a tale addestramento che ci guida e ci perfeziona. Durante lo svolgimento del dovere, riveleremo certamente molti difetti, affronteremo battute d’arresto, saremo potati e trattati. Cercando la verità e afferrando i princìpi, la nostra statura migliorerà poco a poco. Nel frattempo, è normale se non capiamo, ci sentiamo inadatti o incappiamo in fallimenti. È sempre qualcosa che è imperativo sperimentare. Ho capito che sarei stata cieca se avessi rifiutato l’occasione di essere perfezionata da Dio per timore della vergogna e dell’umiliazione, arrivando persino a rinunciarvi. Quel pensiero è stato liberatorio per me. Sapevo che ero di scarsa levatura e ignorante della verità, che il mio ingresso alla vita era scarso, ma potevo lavorare duro e spendermi, puntando alla verità. Anche se ero la più carente tra tutti i capi, magari un giorno avrei fatto progressi. Ho ripensato a Noè, che non aveva mai costruito un’arca, ma in fondo era genuino e devoto, e chiese a Dio di guidarlo. Perseverò per 120 anni e alla fine la terminò, completando il Suo incarico. Al tempo, non c’erano molte parole di Dio o persone ad aiutarlo. Io, invece, avevo la guida delle parole di Dio e la direzione indicata dal superiore, ma anche la collaborazione e il sostegno di tanti fratelli. Che diritto avevo di lamentarmi? Le mie rimostranze davvero non stavano in piedi. Quel pensiero mi ha dato qualcosa su cui riflettere: come dovevo svolgere il mio dovere per arrivare a un lavoro concreto?
Poco dopo, ho letto questo passo dalle parole di Dio: “Più tieni conto della volontà di Dio, più grande sarà il tuo fardello, e più grande è il tuo fardello, più ricca sarà la tua esperienza. Quando terrai conto della volontà di Dio, Egli ti caricherà di un fardello per poi illuminarti sui compiti che ti ha affidato. Quando Dio ti darà questo fardello, presterai attenzione a tutte le verità a esso collegate e allo stesso tempo ti nutrirai delle parole di Dio. Se il tuo fardello ha a che vedere con la condizione di vita dei tuoi fratelli e sorelle, significa che esso ti è stato affidato da Dio e che dovrai sempre portarlo con te nelle tue preghiere quotidiane. Ciò che Dio fa è stato dato in carico a te e tu sei disposto a fare ciò che Dio desidera fare; ecco che cosa significa assumere il fardello di Dio. A quel punto, quando ti nutrirai delle parole di Dio, ti concentrerai su questo genere di questioni e ti domanderai: ‘Come posso risolvere questi problemi? Come posso fare in modo che i miei fratelli e sorelle trovino sollievo e provino godimento spirituale?’. Ti concentrerai sulla risoluzione di questi problemi anche nei momenti di condivisione e, quando ti nutrirai delle parole di Dio, ti concentrerai sul nutrirti di parole relative a tali questioni. Porterai questo fardello anche mentre ti nutrirai delle Sue parole. Una volta comprese le richieste di Dio, ti sarà più chiaro quale strada prendere. È questa la rivelazione e l’illuminazione dello Spirito Santo che il tuo fardello ti fornisce e anche la guida di Dio che ti è stata data in dono. Perché dico questo? Senza un fardello, non presti attenzione quando ti nutri delle parole di Dio; quando ti nutri delle parole di Dio portando un fardello sei in grado di coglierne l’essenza, di trovare la tua strada e di tenere conto della volontà di Dio. Pertanto, nelle tue preghiere dovresti chiedere a Dio di caricarti di ulteriori fardelli e di affidarti compiti ancora più gravosi. Ciò farà sì che tu abbia davanti a te un percorso più efficace in cui fare pratica, che il tuo nutrirti delle parole di Dio abbia maggiori effetti, che tu arrivi a cogliere l’essenza delle Sue parole e diventi più sensibile allo Spirito Santo” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tieni conto della volontà di Dio al fine di ottenere la perfezione”). Da questi versi, ho capito che per fare bene il mio dovere è essenziale portarne il fardello, spendendosi con grande zelo. Se riscontro problemi sul lavoro o difficoltà nell’ingresso alla vita dei fratelli, ogni volta devo rifletterci. Devo pregare, nutrirmi delle parole di Dio portando il fardello e poi, mentre cerco la verità con i problemi concreti in mente, otterrò più facilmente la guida e l’illuminazione dello Spirito Santo. Nelle riunioni, da quel momento, ho ascoltato con attenzione i fratelli parlare di esperienze personali, per poi meditare sulla loro condizione, sulla condivisione da tenere integrata con le parole di Dio. Quando mi bloccavo su qualcosa, ne discutevo e mi impegnavo nella ricerca con la sorella a me abbinata, per mettere a fuoco il problema. Era di beneficio per le riunioni. Una volta, in una riunione con alcuni credenti di lunga data, mi sentivo parecchio nervosa: temevo di non saper risolvere i loro problemi per scarsa comprensione. Avevo paura di mettermi in imbarazzo e di essere derisa, di essere considerata una ragazzina che faceva grandi discorsi. Non mi venivano le parole. In cuor mio, pregavo Dio senza sosta, chiedendogli di liberarmi da questi vincoli di prestigio che mi trattenevano, per condividere apertamente. Il mio atteggiamento è iniziato a cambiare, e mi è venuto in mente che la condivisione non è dire la cosa più ispirata e nobile per ottenere approvazione, ma dire con sincerità cosa si è compreso, nei limiti del possibile. Con chiunque ci riuniamo, stiamo tutti compiendo il nostro dovere dinanzi a Dio, quindi io devo adempiere alle responsabilità comunque mi vedano gli altri. Una volta corretto il mio atteggiamento, mi sono sentita più libera, con le idee chiare. Ho visto i problemi sotto un’altra luce e ho capito che potevo contribuire anch’io alla condivisione. Era chiaro che non dipendeva dalla mia statura personale, ma dall’illuminazione e dalla guida di Dio. Era qualcosa che non avrei mai potuto ottenere da sola. Dopo quelle esperienze, ho sentito di aver fatto progressi ed ero felice di non essermi arresa di fronte a quel compito. Altrimenti, non avrei raccolto quei frutti. Sono ancor più convinta della verità di queste parole: “Più tieni conto della volontà di Dio, più grande sarà il tuo fardello, e più grande è il tuo fardello, più ricca sarà la tua esperienza. Quando terrai conto della volontà di Dio, Egli ti caricherà di un fardello per poi illuminarti sui compiti che ti ha affidato” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Tieni conto della volontà di Dio al fine di ottenere la perfezione”). Esse sono la verità, sono incontrovertibili. Una volta messe in pratica le parole di Dio, ho visto davvero la Sua guida e le Sue benedizioni.
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