Basta col mettersi in mostra
Nel 2018 lavoravo all’evangelizzazione, poi la Chiesa me ne ha anche messo a capo. Ero capace di vedere i problemi ed errori nei doveri dei miei fratelli e sorelle e condividendo li aiutavo a risolverle: tutti erano felici di me e provavo un profondo senso di realizzazione. Mi sentivo molto fiero di me stesso e anche migliore di chiunque altro. Non riuscivo a non vantarmene. Mi dicevo: “Do dei consigli, risolvo i problemi altrui e tutti hanno una buona opinione di me. Se li aiuto ancora di più, allora apparirò ancor più capace di loro e la loro stima per me crescerà ulteriormente”. Un giorno, in una riunione, fratello Lu ha detto di aver incontrato un collaboratore religioso mentre diffondeva il Vangelo, un uomo che faceva il predicatore da vent’anni, un vero credente, ma dalle radicate nozioni religiose. Fratello Lu ha condiviso con lui ma non sapeva cosa fare: l’uomo non voleva accogliere il Vangelo. Mi sono detto: “Quest’uomo ha davvero fede ed è interessato alle condivisioni. Non sei riuscito a convertirlo perché non sei stato abbastanza chiaro sulla verità. Ci sono passato di persona, quindi posso dirti io tutto quanto c’è da sapere”. Ho detto loro: “Non vedo alcun problema. Devi concentrarti sui punti chiave e comunicare con chiarezza. Se vuole ascoltarti e risolvere i suoi problemi, come potrebbe non recepire? Il mio collaboratore Zhang era abbarbicato alle nozioni: io condividevo con lui confutando la più radicata e poi passavo alla successiva. Alla fine ha accolto il Vangelo. Quando testimoni l’opera di Dio, devi condividere con chiarezza”. Poi ho parlato loro dei problemi delle persone a cui avevo predicato, come avevo condiviso per risolverli e come esse avevano accolto il Vangelo. Ho raccontato le mie esperienze nel dettaglio, senza omettere nulla, affinché tutti si rendessero conto delle mie capacità. Alla fine tutti mi hanno elogiato e una sorella ha detto: “Hai proprio colto il punto. Perché non me ne ero accorta?” Ho risposto che era tutto merito della guida di Dio, ma dentro di me ero al settimo cielo. A volte, mentre discutevamo di lavoro, parlavo con lo scopo di far credere a tutti che stessi ponderando e analizzando ogni dettaglio, che avevo statura, che ero intelligente e il migliore di tutti. Quando dovevo dire la mia, non smettevo più di parlare e avevo sempre la parola “io” sulle labbra. “Io penso questo” e “io ho risolto quello”. “Io, io, io…” Elencavo le mie teorie e idee e le analizzavo nel dettaglio. Col tempo, gli altri si sono appoggiati sempre più a me e non sapevano ricercare i princìpi di fronte alle difficoltà. A volte, nel parlare di lavoro, prima di dire qualunque cosa chiedevano a me di pronunciarmi. E mi capitava di chiedere a me stesso: “Se continuo così, non finiranno con l’idolatrarmi?” Ma poi mi dicevo: “Non li sto mica obbligando ad ascoltarmi. Esprimo solo le mie opinioni. E comunque avere iniziativa è un approccio positivo e responsabile”. Non ci ho pensato più di tanto e ho continuato come sempre.
In seguito il lavoro di evangelizzazione ha riscontrato molte difficoltà: i miei fratelli e sorelle si sono persi d’animo, e lo stesso è accaduto a me. Volevo confidare a tutti come mi sentivo, ma ero il responsabile: se mi fossi scoraggiato così in fretta, sarei apparso debole. Cosa avrebbero pensato gli altri di me vedendo la mia scarsa levatura? Avrebbero perso la stima verso di me, giusto? Mi sono chiesto: “Se parlo di un accesso positivo e guido tutti con ottimismo, non ne verranno tutti quanti spronati?” Così in ogni condivisione mi concentravo sulla positività con cui affrontavo i problemi, su come mi affidavo a Dio nelle difficoltà e come non temevo di raccogliere una sfida. Tutti mi attribuivano statura e capacità di gestire i problemi, e mi ammiravano. A volte, parlando di lavoro con gli altri, raccontavo di trovarmi sotto pressione nei miei compiti, di essere così impegnato da poter a malapena mangiare e dormire, così che sapessero quanto mi sacrificavo. Nelle riunioni, non riflettevo sulle parole di Dio né su me stesso: pensavo solo a come persuadere tutti della profondità e sostanza delle mie condivisioni. Senza rendermene conto, predicavo alte dottrine e andavo a nozze di fronte ai loro sguardi di approvazione. Col tempo, alcuni hanno iniziato a rivolgersi in prima istanza a me quando erano in difficoltà. Anche se con un piccolo sforzo avrebbero potuto cavarsela da soli, comunque chiedevano prima a me. Mi parlavano delle loro condizioni, dei loro pensieri più intimi, e io ero soddisfatto della loro fiducia. Col passare del tempo, mi sono ritrovato impegnatissimo ma non percepivo alcuna illuminazione dallo Spirito Santo nel leggere le parole di Dio. Discutendo di lavoro con gli altri, davo dei consigli inutili e mi sfuggivano persino i problemi più evidenti. Finalmente ho visto la mia condizione terribile. Ho perso tutta l’arroganza. Mi ero creduto il migliore di tutti, e ora di colpo mi sentivo un completo idiota, senza più nulla di cui vantarmi. Il mio animo era tetro e addolorato.
Un giorno parlavo con due miei fratelli e fratello Su ha detto: “Ormai è un pò che ti conosco e tu non fai che autocelebrarti e metterti in mostra. Menzioni a malapena le tue corruzioni e le tue pecche, parli solo delle tue qualità positive, e questo mi ha portato a stimarti e ammirarti. Quando incontro delle difficoltà nel lavoro, tu non condividi in merito ai princìpi della verità, ti limiti a parlare delle tue azioni e di come hai risolto i problemi, allora mi ritrovo a crederti speciale, migliore di tutti noi…” Non ero disposto ad accettare quanto detto da fratello Su, soprattutto che io mi autocelebravo e mettevo in mostra tutto il tempo. Le sue parole mi risuonavano nella mente. Non ho ribattuto, ma ero in totale disaccordo. “Non ti ho mai chiesto di idolatrarmi. Sono così cattivo come dici?” ho pensato. Non riuscivo ad accettarlo, e ho chiesto l’opinione dell’altro fratello. E lui, con mia sorpresa: “Non parli mai della tua corruzione o dei tuoi difetti, io proprio non ti capisco più”. Mi sono sentito ancora peggio. “Come può dire di non capirmi più? Sono così indecifrabile?” Volevo rispondere qualcosa per riguadagnare un pò di dignità, ma sapevo che doveva esserci una ragione per il modo in cui mi stavano potando e trattando. Se quello che dicevano era vero, allora avevo un bel problema!
Subito ho trovato delle parole di Dio che mettevano a nudo chi esalta e testimonia se stesso. Ecco cosa ho letto: “Esaltarsi e rendere testimonianza a se stessi, mettersi in mostra, provare a indurre le persone ad avere un’alta opinione di loro: gli esseri umani corrotti sono capaci di queste cose. È così che le persone reagiscono istintivamente quando sono dominate dalla loro natura satanica, e questa è una caratteristica comune a tutta l’umanità corrotta. Di solito, come fanno le persone a esaltarsi e a rendere testimonianza a se stesse? Come raggiungono questo obiettivo? Un modo è dichiarare quanto abbiano sofferto, quanto lavoro abbiano svolto e quanto si siano adoperate. In altre parole, usano queste cose come strumento per esaltarsi, che dà loro un posto più alto, saldo e sicuro nella mente degli uomini, affinché più persone le stimino, le ammirino, le rispettino e addirittura le adorino, le idolatrino e le seguano. Questo è l’effetto ultimo. Le cose che fanno per raggiungere questo obiettivo – tutto il loro esaltarsi e rendere testimonianza a se stesse – sono forse ragionevoli? No. Sono al di là dell’ambito della razionalità. Queste persone non hanno alcuna vergogna: dichiarano spudoratamente ciò che hanno fatto per Dio e quanto abbiano sofferto per Lui. Ostentano persino le loro doti, i loro talenti, la loro esperienza e le loro competenze speciali, o le loro abili tecniche di condotta e i mezzi che usano per giocare con le persone. Il loro metodo di esaltarsi e rendere testimonianza a se stesse consiste nel mettersi in mostra e nello sminuire gli altri. Tendono anche a fingere e a camuffarsi, nascondendo debolezze, difetti e manchevolezze alle persone, affinché gli altri vedano soltanto la loro genialità. Non osano neppure dire agli altri quando si sentono negative; non hanno il coraggio di aprirsi e di condividere con loro e, quando commettono un errore, fanno il possibile per nasconderlo e insabbiarlo. Non menzionano mai i danni che hanno causato alla casa di Dio mentre compivano il loro dovere. Quando hanno dato un contributo secondario o ottenuto un piccolo successo, tuttavia, si affrettano a ostentarlo. Non vedono l’ora di far sapere a tutto il mondo quanto siano capaci, quanto sia alta la loro levatura, quanto siano eccezionali e quanto siano migliori delle persone comuni. Questo non è forse un modo per esaltarsi e rendere testimonianza a se stesse? Esaltarti e rendere testimonianza a te stesso rientra forse nei limiti razionali dell’umanità normale? No. Dunque, quando le persone fanno questo, quale indole si rivela di solito? L’arroganza è una delle principali manifestazioni, seguita dalla falsità, che implica di fare tutto il possibile per indurre gli altri a tenere questi individui in grande stima. Le loro storie sono totalmente inconfutabili; le loro parole contengono chiaramente motivazioni e macchinazioni, e queste persone hanno trovato un modo per nascondere il fatto che stanno ostentando, ma il risultato di ciò che dicono è che gli uomini sono ugualmente indotti a credere che siano migliori degli altri, che nessuno li uguagli, che tutti gli altri siano a loro inferiori. E questo risultato non si raggiunge forse con mezzi subdoli? Quale indole c’è al cuore di simili mezzi? E ci sono elementi di malvagità? Questo è un tipo di indole malvagia. Si può vedere che i mezzi usati da queste persone sono governati da un’indole falsa. Dunque perché dico che è malvagia? Quale legame ha con la malvagità? Secondo voi, queste persone sanno essere sincere riguardo agli obiettivi per cui si esaltano e rendono testimonianza a se stesse? (No.) C’è sempre un desiderio nel profondo del loro cuore, e ciò che dicono e fanno è a sostegno di quel desiderio; e così, nel profondo del loro cuore, gli obiettivi e le motivazioni di ciò che dicono e fanno vengono tenuti assolutamente segreti. Queste persone, per esempio, ricorreranno a indicazioni sbagliate o a qualche tattica equivoca per raggiungere questi obiettivi. Una simile reticenza non ha forse una natura subola? E può non essere definita malvagia? Altroché, ed ha radici più profonde della falsità” (“Esaltano e testimoniano sé stessi” in “Smascherare gli anticristi”). Ho ripensato al mio atteggiamento nel mio dovere: quando i miei fratelli avevano un problema, dimostravo di aiutarli e comunicare, parlando delle soluzioni che trovavo così da esibire la mia bravura nel lavoro e convincere tutti che ero più abile di chiunque altro. Nel discutere di lavoro, la prima parola che pronunciavo era “io”, mi mettevo in mostra, volevo sembrare esperto così che mi idolatrassero. Nascondevo agli altri la mia negatività e corruzione. Non menzionavo mai le mie difficoltà, tanto meno analizzavo la mia indole corrotta. Tutt’altro: parlavo di accessi positivi e celavo i miei difetti affinché, convinti della mia levatura, mi ammirassero. Non facevo che sottolineare quanto mi sacrificassi e quanto fosse duro il mio dovere, così che vedessero quanto vi ero dedito. E negli incontri risultava chiaro che io per primo non comprendessi le parole di Dio, eppure non facevo che parlare, portando avanti la finzione della mia consapevolezza per indurre gli altri ad ammirarmi ancora di più. Per godere della loro stima e adorazione, dicevo e facevo cose all’apparenza giuste che però avevano il fine ultimo di mettermi in mostra, allontanando i loro cuori da Dio. La causa non era forse la mia indole malvagia rivelata dalle parole di Dio? Qualunque cosa facessi, qualunque apparente sacrificio, lo scopo non era mai svolgere bene il mio dovere. Facevo tutto per rafforzare la mia posizione e ottenere l’idolatria degli altri. Mi trovavo sul cammino degli anticristi. Infine ho compreso di essere in pericolo; allora subito, desideroso di pentirmi, ho pregato Dio.
Di colpo ho rammentato queste parole di Dio: “Se una persona deve vivere un’umanità normale, come dovrebbe aprirsi e mettersi a nudo? Lo si fa aprendosi e mostrando chiaramente agli altri i veri sentimenti in fondo al proprio cuore ed essendo in grado di praticare la verità, in modo semplice e puro. Se una persona rivela la propria corruzione, deve essere capace di comprendere la sostanza del problema e di odiare e detestare se stessa dal profondo del cuore. Quando si mette a nudo, non cercherà di giustificare i propri comportamenti né di difenderli. […] Primo, deve capire i propri problemi a un livello essenziale, analizzarsi e mettersi a nudo. Deve avere un cuore onesto e un atteggiamento sincero, e parlare di ciò che riesce a comprendere dei problemi della propria indole. Secondo, se dovesse ritenere che la sua indole è particolarmente rigorosa, deve dire a tutti: ‘Se rivelerò di nuovo un’indole così corrotta, insorgete tutti. Affrontatemi e fatemelo notare. Non siate indulgenti. In quel momento potrei non essere in grado di sopportarlo, ma non fateci caso. Lavorate insieme per tenermi d’occhio. Se questa indole corrotta si scatena seriamente, insorgete tutti per smascherarmi e affrontarmi. Spero sinceramente che tutti mi terranno d’occhio, mi aiuteranno e mi impediranno di smarrirmi’. Tale è l’atteggiamento con cui si pratica la verità” (“Sul coordinamento armonioso” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Le parole di Dio mi hanno fatto da guida. Per quanto comprendessi i miei problemi, non potevo andare avanti così. Dovevo essere onesto e mettermi a nudo per mostrare a tutti il vero movente delle mie azioni, ossia l’autocelebrazione, affinché capissero che mi trovavo sul cammino degli anticristi. Era importante che lo facessi.
Nell’incontro successivo, ho parlato apertamente ai miei fratelli e sorelle e chiesto il loro aiuto e consiglio. Farlo mi ha trasmesso un profondo senso di sollievo. Per giorni mi hanno inviato messaggi in cui evidenziavano le mie mancanze, scrivendo: “Ti metti sempre in mostra nel tuo dovere. Non volevo più ricercare i princìpi ma limitarmi a fare affidamento su di te. Credevo tu sapessi tutto e fosse più semplice chiedere a te”. Altri hanno detto: “Da tempo non imparo nulla riguardo a Dio, ma solo come idolatrarti ancor più, ritendendoti sia abile nel lavoro che responsabile in merito ai tuoi doveri. Ti ammiravo veramente”. Sentire tutto questo mi ha molto turbato. Non riuscivo a credere che quello fosse il risultato di mesi di dovere. Ero profondamente sconfortato e infelice, persuaso che Dio dovesse odiarmi. Sono sprofondato nella depressione. Ma, attraverso la preghiera costante e con l’aiuto e il sostegno degli altri, ho finalmente compreso che Dio non voleva eliminarmi, bensì purificarmi e cambiarmi. Se tutto ciò non fosse accaduto, non avrei capito di essere sulla via sbagliata. Era la grande salvezza che Dio mi donava! Compresa la volontà di Dio, ho deciso di riflettere su me stesso e pentirmi sinceramente.
Ho letto delle parole di Dio: “Ci sono persone che idolatrano Paolo in modo particolare. Amano uscire, tenere discorsi e lavorare, amano partecipare alle adunanze e predicare; amano essere ascoltati e adorati dalla gente, e che tutti ruotino intorno a loro. Amano essere considerate persone di prestigio dagli altri e gradiscono quando gli altri apprezzano l’immagine da loro presentata. Analizziamo la loro natura alla luce di questi comportamenti: qual è la loro natura? Se si comportano realmente in questo modo, allora ciò è sufficiente a dimostrare che sono arroganti e presuntuose. Non venerano affatto Dio; ricercano uno status più elevato e desiderano esercitare autorità sugli altri, dominarli e detenere una posizione di prestigio agli occhi altrui. Questa è la classica immagine di Satana. Gli aspetti della loro natura che emergono sono l’arroganza e la presunzione, una riluttanza a venerare Dio e un desiderio di essere venerati dagli altri. Simili comportamenti possono offrire una visione molto chiara della loro natura” (“Come conoscere la natura umana” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). “Per esempio, se in te ci fossero arroganza e presunzione, ti sarebbe impossibile astenerti dallo sfidare Dio; ti sentiresti costretto a farlo. Non lo faresti intenzionalmente, ma saresti guidato dalla tua indole arrogante e presuntuosa. La tua superbia e il tuo orgoglio ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza; ti indurrebbero a esaltare te stesso, a metterti costantemente in mostra e, alla fine, a sederti al Suo posto e a rendere testimonianza per te stesso. A lungo andare, trasformeresti le tue idee, la tua mentalità e le tue nozioni in verità da adorare. Guarda quanto male commettono le persone sotto il dominio della loro natura arrogante e presuntuosa!” (“Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Le parole di Dio sono state rivelatorie: è stata la mia natura arrogante a farmi ricercare una posizione di prestigio nel cuore degli altri, e mi stavo opponendo a Dio. Controllato da tale natura arrogante, ho provato compiacimento nel vedere i miei risultati nel dovere e mi lodavo e mettevo in mostra ogni volta che potevo. Parlavo e agivo per poter emergere, per sfoggiare i miei talenti e abilità. Sciorinavo spudoratamente i miei sacrifici per il dovere, quanto fossi esausto, come risolvevo i problemi, e tutto per convincere gli altri che fossi straordinario, migliore di loro. Mi bastava che tutti mi ammirassero e adorassero. Non era un’indole da anticristo? Proprio come Paolo. Predicando e lavorando, egli non faceva che ostentare la sua conoscenza e i suoi talenti, mettendosi in mostra in cerca di ammirazione. Scriveva di continuo lettere alle Chiese, vantandosi di quanto lavorasse e si sacrificasse per il Signore, così da conquistare i cuori delle persone. Si diede da fare e sgobbò non per lavorare bene o testimoniare il Cristo incarnato, ma per ambizioni e desideri personali. A prescindere da quanto si adoperò o soffrì, o da quanti lo idolatrarono, poiché non perseguì la verità e accrebbe solo il proprio prestigio, finì col testimoniare di essere lui stesso Cristo. Questo offese gravemente l’indole di Dio e Dio lo punì di conseguenza. Avevo la stessa natura di Paolo. Ero così arrogante, presuntuoso e ambizioso, sempre ad autocelebrarmi e vantarmi per suscitare l’idolatria degli altri, tanto da togliere il posto a Dio nei loro cuori e indurli a non affidarsi a Lui né a cercare la verità di fronte ai problemi. Svolgere il mio compito in quel modo era avversare Dio e danneggiare i miei fratelli. Non avrei pensato che vivere secondo la mia natura arrogante avrebbe portato a un simile male. Se non mi fossi pentito, avrei suscitato la collera di Dio e sarei stato punito. Senza la disciplina di Dio e l’aiuto e il sostegno dei miei fratelli, non avrei riflettuto su me stesso. La grande salvezza che Dio mi ha donato e la Sua indole giusta mi hanno messo a nudo in quel modo.
Se ci ripenso, quando ottenevo dei risultati nel dovere e risolvevo dei problemi, tutto era dovuto all’illuminazione e alla guida di Dio. Senza l’opera dello Spirito Santo, ero uno sciocco incapace di capire alcunché. Non possedevo realtà della verità, eppure ero arrogante e altezzoso, e competevo spudoratamente con Dio. Com’ero sconsiderato! Non comunicavo la verità né testimoniavo Dio, non facevo che vantarmi e raggirare gli altri: che comportamento abietto! Ho iniziato a odiare me stesso. Non volevo continuare così, perciò ho pregato Dio: “Amato Dio, ho sbagliato molto! Ora so di essere arrogante e irragionevole. Ti ringrazio per la possibilità di pentirmi. D’ora in poi praticherò seriamente la verità e intraprenderò il giusto cammino. Ti prego di guidarmi”.
Poi ho letto queste parole di Dio: “Cosa bisognerebbe fare per non esaltarsi e non rendere testimonianza a se stessi? Riguardo alla stessa questione, c’è la possibilità di dare spettacolo per raggiungere l’obiettivo di esaltarsi, rendere testimonianza a se stessi e ispirare adorazione negli altri, anziché aprirsi e mettere a nudo il proprio vero io. Queste alternative sono diverse nella sostanza. Questi non sono forse dettagli? Per esempio, per aprirsi e mettere a nudo le proprie motivazioni e i propri pensieri, quali sono i giri di frasi, le espressioni che dimostrano la conoscenza di sé? Quale tipo di dimostrazione che sfocia nell’adulazione altrui consiste nell’esaltarsi e nel rendere testimonianza a se stessi? Riferire come tu abbia pregato, cercato la verità e sia rimasto saldo nella tua testimonianza equivale a esaltare Dio e a renderGli testimonianza attraverso le prove. Questo tipo di pratica non equivale a esaltarti e a rendere testimonianza a te stesso. Per smascherare se stessi occorre motivazione: se la motivazione di qualcuno è mostrare a tutti la sua corruzione anziché esaltarsi, allora le sue parole saranno serie, vere e basate sui fatti; se la sua vera motivazione è indurre gli altri a adorarlo, ingannarli e nascondere loro il suo vero volto, impedire alle sue motivazioni, alla sua corruzione e alla sua negatività di essere rivelate davanti agli altri, il suo modo di parlare è falso e fuorviante. Qui non c’è forse una differenza concreta?” (“Esaltano e testimoniano sé stessi” in “Smascherare gli anticristi”). “Quando rendete testimonianza a Dio, dovreste soprattutto parlare maggiormente di come Egli giudica e castiga le persone, di quali prove usa per affinarle e cambiarne l’indole. Dovreste parlare anche di quanta corruzione è stata rivelata nella vostra esperienza, di quanto avete sopportato e di come alla fine siete stati conquistati da Dio; parlate di quanta vera conoscenza dell’opera di Dio avete e di come dovete rendere testimonianza per Lui e ripagarLo del Suo amore. Dovete parlare questo tipo di linguaggio in modo più pratico, esprimendovi contemporaneamente in maniera semplice. Non parlate di teorie vuote. Parlate in modo più concreto; parlate con il cuore. È così che dovreste sperimentare. Non armatevi di teorie vuote, apparentemente profonde, solo per mettervi in mostra; questo comportamento vi fa apparire molto arroganti e irragionevoli. Dovreste parlare maggiormente di cose reali tratte dalle vostre esperienze effettive che siano genuine e che provengano dal cuore; questa è la cosa che reca maggiore beneficio agli altri ed è quanto di più adeguato possano vedere” (“Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Le parole di Dio mi hanno mostrato che dovevo riflettere su me stesso e conoscermi attraverso le esperienze, e smettere di autocelebrarmi e far mostra di me. Dovevo condividere in merito alle mie verie motivazioni e parlare di più delle corruzioni che esprimevo, analizzare le mie motivazioni impure, raccontare di come le parole di Dio mi hanno giudicato, cosa ho veramente compreso di me stesso e cosa dell’indole e dell’amore di Dio, e esaltare Dio e testimoniarLo attraverso le mie esperienze. Così avrei davvero svolto il mio compito. Nella riunione seguente ho volontariamente analizzato come mi fossi messo in mostra e avessi tramato per posizione, e di come Dio avesse creato una situazione per trattarmi e mettermi a nudo. Allora un fratello mi ha detto: “La tua esperienza mi ha mostrato che, anche se abbiamo un’indole corrotta, dobbiamo solo accogliere il giudizio e il trattamento delle parole di Dio, praticare la verità e rinunciare alla carne, e saremo trasformati. Inoltre ora vedo che tutto ciò che Dio fa è salvare l’uomo”. Mi sentivo così grato a Dio quando ho sentito queste parole. Questa comprensione di me stesso era interamente dovuta al giudizio e al castigo delle parole di Dio.
Da quel momento ho consapevolmente abbracciato questo nel mio dovere. Quando scoprivo delle mancanze nel dovere altrui, pregavo Dio per essere sincero negli scopi e obiettivo nell’esprimermi. Non mi vantavo più come prima. Inoltre cercavo princìpi di verità da condividere con i miei fratelli. Nelle riunioni esaminavo le motivazioni impure delle mie azioni e l’indole corrotta che rivelavo, così che gli altri mi vedessero per ciò che ero. Praticando in questo modo, ho trovato pace nel mio cuore e normalizzato il mio rapporto con Dio. Tempo dopo, ho percepito gli altri trattarmi nella maniera giusta: non mi idolatravano più come prima. Se parlavo o agivo in disaccordo con i princìpi della verità, me lo facevano notare affinché mi correggessi. Interagire con loro in questo modo è stato catartico. Rendo grazie a Dio per avermi purificato e cambiato attraverso questa situazione!
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