Dietro al silenzio
Non sono una gran chiacchierona, e raramente mi apro e parlo col cuore. Ho sempre pensato che dipendesse dalla mia personalità introversa. Poi, però, dopo aver vissuto certe cose e aver compreso la verità rivelata nelle parole di Dio, ho capito che mi tenevo tutto per me, senza mai condividere in maniera disinvolta le mie opinioni, non perché fossi poco estroversa. Non era un atteggiamento razionale. Al suo interno si celava un’indole satanica di astuzia.
Qualche tempo fa, ho iniziato a svolgere il dovere di revisione. Ho visto che i fratelli e le sorelle con cui lavoravo a quel dovere avevano parecchia esperienza; comprendevano i principi e avevano una buona levatura. Sapevano tutti discernere chi fosse in grado di capire la verità e chi possedesse vero talento e solide conoscenze. Questo mi irritava un po’. La mia levatura era media e non possedevo la realtà della verità, perciò se avessi espresso in maniera disinvolta le mie opinioni durante le discussioni con loro, non sarebbe stato come voler insegnare ai pesci a nuotare? Che importava se alla fine avessi avuto ragione? Nel caso contrario, tutti avrebbero pensato che stavo facendo sfoggio di me, nonostante la mia scarsa comprensione della verità. Sarebbe stato davvero imbarazzante. Ero sempre attenta a mantenere un profilo basso, ad ascoltare più che a parlare. E così, mentre tutti insieme scandagliavamo alcune tematiche, raramente esprimevo la mia opinione. C’è stata una volta in cui ho avanzato un suggerimento e tutti hanno riconosciuto che non era l’approccio giusto: mi sono sentita tanto umiliata, non avrei dovuto espormi in maniera così avventata, altrimenti avrei rischiato di parlare a sproposito, rendendomi ridicola. Sentivo che dovevo procedere con cautela e tenere per me le mie opinioni. Nelle discussioni successive, facevo attenzione a non esporre i miei pensieri e lasciavo che fossero prima gli altri a dire la propria.
Più avanti, è entrata a far parte della squadra una sorella che possedeva una levatura piuttosto buona ed era molto acuta. È stata assegnata a lavorare con me. Una volta, mentre discutevamo di una questione, mi sono venute delle idee che volevo condividere, ma poi ho avuto timore che la nuova sorella mi avrebbe ritenuta una sempliciotta e un’ingenua qualora avessi esposto un pensiero errato o detto qualcosa di insensato, insomma sarei stata rivelata per quello che ero veramente. Che cosa avrei fatto se avesse iniziato a guardarmi con disprezzo? Ho deciso di lasciar perdere e limitarmi a sentire cosa avesse da dire. Nei giorni successivi, mentre lavoravamo su questo problema, cercavo sempre di non condividere la mia prospettiva personale e preferivo concordare con la sua, convinta che mi avrebbe risparmiato eventuali episodi imbarazzanti e avrebbe reso le cose più facili. Siccome non parlavo molto, l’ambiente di lavoro ne risultava parecchio piatto. A volte, quando lei riscontrava un problema e io non dicevo la mia, rimanevamo inceppate su quel punto. Il nostro livello di produttività era basso e, in generale, il lavoro non progrediva. Il tempo passava e io parlavo sempre di meno; anche se un’opinione ce l’avevo, nella mia testa ci rimuginavo sopra e ci pensavo tanto prima di aprire bocca. Mi sentivo davvero depressa e, nel mio dovere, non concludevo poi molto; ero bloccata in quello stato, mi sentivo stranamente cupa e turbata. È stato allora che mi sono presentata dinanzi a Dio per pregare. Ho detto: “Dio, nello svolgimento del mio dovere non percepisco affatto l’illuminazione dello Spirito Santo e stento a fare progressi nel lavoro. Non so quali siano i tipi di indole corrotta in cui sto vivendo e che Ti disgustano. Ti prego, guidami nella conoscenza di me stessa”. Un giorno, mentre riflettevo sulla mia persona durante i miei devozionali, la parola “sfuggente” mi è improvvisamente balenata in testa. Tra le parole rilevanti espresse da Dio, ho trovato queste: “Qualcuno potrebbe non aprirsi mai e non comunicare mai agli altri ciò che pensa. E in tutto ciò che fa non si consulta mai con gli altri, ma rimane, invece, chiuso, apparentemente in guardia contro gli altri in ogni momento. Si nasconde il più possibile dietro un velo. Non è forse una persona infida? Per esempio, ha un’idea che ritiene ingegnosa e pensa: ‘Per adesso la tengo per me. Se ve la comunico, potreste rubarmela e battermi sul tempo. Aspetto’. Oppure, se non capisce bene una certa cosa, pensa: ‘Adesso non dico niente. Se parlo e qualcuno dice qualcosa di più elevato, non sembrerò uno sciocco? Tutti mi scruteranno a fondo, vedranno la mia debolezza in proposito. Non dovrei dire niente’. Allora, qualunque sia la prospettiva, il ragionamento o la motivazione alla base, tale persona teme che gli altri la scrutino a fondo. Affronta sempre il proprio dovere e le persone, le cose e gli eventi con questo genere di prospettiva e di atteggiamento. Che indole è questa? Un’indole disonesta, falsa e malvagia” (“Solo mettendo in pratica la verità si può possedere un’umanità normale” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Queste parole di Dio mi hanno rattristata: mettevano perfettamente a nudo il mio vero stato e, quando Egli ha parlato di “un’indole disonesta, falsa e malvagia”, mi hanno davvero toccata e turbata. Ho pensato che non essere diretta o non esprimere la mia opinione con disinvoltura, anche se mi sembrava di comportarmi da persona assennata, in realtà, era tutto frutto di mie macchinazioni interne. Avevo i miei punti di vista e le mie opinioni personali sulle questioni che affrontavamo ma, quando non mi sentivo completamente sicura di qualcosa, temevo che le mie parole venissero respinte, di perdere la faccia ed essere guardata con disprezzo dagli altri. Quindi, mi trattenevo: prima mi facevo un’idea di quale fosse l’opinione degli altri e poi mi basavo su quella per dire la mia. Non era un comportamento sfuggente e astuto? Avevo sempre pensato che valesse solo per chi era costantemente impegnato in complotti, per gli sleali e gli scaltri. Tutti i miei amici e colleghi nel mondo esterno mi ritenevano una persona senza macchie, nelle cui azioni non albergava alcun secondo fine. Avevo sempre odiato profondamente chi era sfuggente come le anguille, chi era costantemente attento a capire dove soffiasse il vento. Non avevo mai pensato di essere anch’io così. Ma poi ho capito che, seppure non mentendo apertamente e non comportandomi esattamente come loro, ero comunque governata dalla mia natura astuta. Stavo bene attenta a percepire l’umore generale in tutto quello che dicevo e facevo, e seguivo la corrente, nel timore di apparire incompetente e di rivelare la mia vera natura. Non ero mai sincera, indossavo una maschera per proteggere la mia reputazione. Di fronte alle difficoltà che incontravo nel mio dovere, non condividevo mai in maniera disinvolta quello che pensavo; anzi, ero astuta e ingannevole, nascondevo le mie opinioni e non tenevo conto degli interessi della casa di Dio. Alla fine, mi sono resa conto che, in realtà, ero una persona sfuggente e astuta. Avevo sempre pensato di essere poco loquace per via del mio carattere; non avevo minimamente analizzato l’indole satanica che vi si celava dietro. Solo allora ho compreso che avevo una scarsa conoscenza di me stessa.
C’è un altro passo delle parole di Dio che ho letto e mi ha davvero aiutato a chiarirmi le idee. Egli dice: “Satana corrompe gli individui attraverso l’istruzione e l’influenza dei governi nazionali e dei personaggi grandi e famosi. Le loro parole diaboliche sono diventate la vita e la natura dell’uomo. ‘Ognuno per sé e che gli altri si arrangino’ è un celebre detto satanico che è stato instillato nella gente ed è diventato la vita delle persone. Esistono altri detti analoghi ispirati a filosofie di vita. Satana usa la ricca cultura tradizionale di ciascuna nazione per istruire la gente, facendo sì che il genere umano sprofondi in un abisso sconfinato di distruzione e ne sia divorato, e alla fine le persone vengono distrutte da Dio perché Gli oppongono resistenza e servono Satana. […] Ci sono ancora molti veleni satanici nella vita delle persone, nella loro condotta e nel loro comportamento; la verità è quasi del tutto assente in loro. Per esempio, le loro filosofie di vita, i loro modi di fare le cose e le loro massime sono tutti pervasi dei veleni del gran dragone rosso, e procedono tutti da Satana. Pertanto, tutte le cose che scorrono nel sangue e nelle ossa della gente sono sataniche. […] L’umanità è stata profondamente corrotta da Satana. Il veleno di Satana scorre nel sangue di ogni persona ed è evidente che la natura umana è corrotta, malvagia e reazionaria, pervasa di filosofie sataniche e in esse immersa: in tutto e per tutto, si tratta di una natura che tradisce Dio. È per questo che le persone oppongono resistenza a Dio e Lo contrastano” (“Come conoscere la natura umana” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Le parole di Dio parlavano proprio agli angoli più reconditi del mio cuore. Ho compreso che per tutto il tempo avevo sostenuto filosofie sataniche come “Tieni le orecchie aperte e la bocca chiusa” e “Il silenzio è d’oro, e chi parla molto sbaglia molto”. Comportandomi con gli altri da “ricevitore” invece che da “megafono”, non avrei dovuto mettere in mostra le mie debolezze o a fare la figura della sciocca. Tenendomi dentro quello che volevo dire, molte delle mie idee erronee non sono mai venute alla luce, perciò è ovvio che nessuno potesse farmi presente le mie colpe o trovarsi in disaccordo con me. In quel modo, potevo salvare la faccia, e ciò mi ha convinta in misura sempre maggiore che seguire le idee come “Il silenzio è d’oro” e “Tieni le orecchie aperte e la bocca chiusa” fossero il modo più saggio per andare avanti a questo modo. Dopo aver accettato l’opera di Dio Onnipotente degli ultimi giorni, nelle mie interazioni con i fratelli e le sorelle non riuscivo comunque a evitare di farmi ancora condizionare da queste cose. Sentivo che, continuando a parlare poco o a tenere la bocca chiusa, nessuno avrebbe scoperto i miei difetti e i miei limiti, e così avrei protetto la mia immagine. Vivevo secondo queste filosofie sataniche e, ogni volta che mi andava di condividere il mio personale punto di vista, ero sempre lì a calcolare cosa ci avrei perso o guadagnato e cosa avrebbero pensato gli altri. Se credevo ci fosse la possibilità di mettermi in imbarazzo, sceglievo sempre la strada più sicura, senza dire né fare nulla. Questi veleni satanici mi rendevano sempre più sfuggente e astuta, mi portavano a dubitare e a proteggermi dagli altri sempre col passare del tempo. Non prendevo l’iniziativa di comunicare e aprirmi con gli altri, e lavorare con loro era davvero deprimente e monotono. Così facendo, non c’era verso di svolgere il mio dovere in modo decente.
Compreso questo, mi sono presentata dinanzi a Dio, pregandoLo di guidarmi nell’eliminare questo aspetto della mia indole corrotta. Nelle discussioni successive con i fratelli e le sorelle, mi sforzavo volutamente di lasciare da parte i miei scopi personali e iniziare a esporre i miei pensieri senza preoccuparmi di come sarei apparsa all’esterno. Anche quando le mie idee erano ancora in fase piuttosto embrionale, le esponevo agli altri per discuterne con loro; quando, nello svolgimento del nostro dovere, incappavamo in qualche difficoltà, ci mettevamo tutti a pregare e cercare insieme, comunicando gli uni con gli altri. In questo modo, riuscivamo a trovare una strada su cui procedere. Tuttavia, siccome ero così profondamente corrotta da Satana, erano ancora tante le volte in cui non riuscivo a evitare di agire secondo la mia indole corrotta. Una volta, durante una discussione su una questione relativa al nostro dovere, erano presenti anche un paio di supervisori. Mi sono detta: “Proporre qualche idea con i miei fratelli e sorelle va bene, ma davanti ai supervisori… cosa penseranno della mia levatura se i miei ragionamenti si rivelano sbagliati, se dimostro di non aver capito? Potrebbero pensare che non sono adatta a questo dovere e buttarmi fuori dalla squadra: a quel punto, cosa penserebbero gli altri? Mi sarei dovuta vergognare a vita”. Tormentata da questi timori, non ho proferito parola per tutta la discussione. Mentre stavamo concludendo, uno dei supervisori mi ha chiesto perché non avessi detto assolutamente nulla. Mi sono sentita in grande imbarazzo e anche in colpa, e non sapevo cosa rispondere. Alla fine, ho detto: “Ecco un’altra dimostrazione della mia indole astuta. Temevo che, se avessi detto troppo, sarei inevitabilmente caduta in errore, quindi non ho avuto l’ardire di aprire bocca”. Dopo quel fatto, però, mi sentivo comunque turbata. Pur avendo riconosciuto la corruzione che stavo mostrando di possedere, avrei comunque fatto la stessa cosa la prossima volta, nello stesso tipo di situazione? Riflettendoci sopra, ho capito che, seppure possedendo una certa conoscenza di me stessa e potendo contare sul sostegno delle parole di Dio che mettevano a nudo il problema, ancora non riuscivo a evitare di vivere secondo questa indole corrotta quando mi trovavo ad affrontare una sfida. Il mio pentimento e il mio cambiamento non erano sinceri. Mi sono presentata dinanzi a Dio per pregare, Gli ho chiesto di guidarmi verso la vera conoscenza di me stessa.
Più avanti, ho letto questo passo tratto dalle Sue parole: “Gli anticristi credono che se si mostrano sempre inclini a parlare e ad aprire il loro cuore agli altri, tutti intuiranno le loro intenzioni e vedranno che non hanno alcuna profondità, anzi che sono soltanto persone comuni, e allora non li rispetteranno più. Cosa significa quando gli altri non li rispettano? Che essi non hanno più un posto elevato nel cuore degli altri e che sembrano piuttosto banali, semplici, ordinari. Questo è ciò che gli anticristi sono riluttanti a vedere. È per questo che, quando in un gruppo vedono un’altra persona che si mette sempre a nudo e dice di essere stata negativa e ribelle contro Dio, di aver sbagliato in determinate questioni ieri, e di soffrire e di essere addolorata oggi per non essere stata onesta, gli anticristi non dicono mai cose simili, bensì le tengono nascoste nel profondo. Alcuni parlano poco perché sono poveri di levatura e semplici di mente, e non hanno molti pensieri, perciò pronunciano poche parole. Anche la razza degli anticristi parla poco, ma non è questo il motivo. Piuttosto, è un problema della loro indole. Parlano poco quando vedono gli altri e, quando gli altri parlano di una questione, non esprimono un’opinione alla leggera. Perché non esprimono opinioni? Anzitutto, sicuramente non hanno la verità e non riescono a individuare il nocciolo delle questioni; non appena parlano, commettono errori e gli altri li vedono per ciò che sono. Così simulano silenzio e profondità, rendendo gli altri incapaci di valutarli accuratamente, e persino inducendoli a pensare che siano brillanti ed eccezionali. In questo modo, nessuno li giudicherà frivoli; vedendo il loro contegno calmo e composto, le persone si faranno una buona opinione di loro e non oseranno ignorarli. Queste sono l’astuzia e la malvagità degli anticristi; il fatto che non esprimano prontamente opinioni è parte integrante di questa loro indole. Evitano di esprimere prontamente opinioni non perché non ne abbiano – ne hanno alcune fallaci e distorte, che non coincidono affatto con la verità, e addirittura alcune che non riescono a vedere la luce del giorno – ma, qualunque tipo di opinioni abbiano, non le esprimono liberamente. Evitano di farlo non perché temano che gli altri possano prendersene il merito, bensì perché vogliono nasconderle; non osano esporre chiaramente le loro opinioni per paura di essere visti per ciò che sono. […] Conoscono le proprie qualità e hanno un altro motivo, il più vergognoso di tutti: desiderano essere tenuti in grande considerazione. Non è assai ripugnante?” (“Si comportano in modi strani e misteriosi, sono dispotici e autoritari, non tengono mai condivisioni con gli altri e li costringono a obbedire loro” in “Smascherare gli anticristi”). Ogni Sua parola mi colpiva nel profondo. Rimanevo sempre ancorata a idee come “Il silenzio è d’oro” e “Chi parla molto sbaglia molto”. Sembrava che stessi soltanto proteggendo la mia immagine personale, nel timore di dire la cosa sbagliata e di essere derisa e umiliata, ma il punto cruciale in quella faccenda era che volevo guadagnare prestigio agli occhi degli altri. Volevo che ogni mia parola e ogni opinione da me espressa incontrassero l’ammirazione e l’approvazione degli altri, desideravo il loro plauso. Per raggiungere questo obiettivo, ero falsa e indossavo una maschera, stavo sempre a scervellarmi, ossessionata da ogni cosa dicessi e facessi con lo scopo di apparire una persona ponderata, acuta. Nelle discussioni con i supervisori, mi preoccupavo soprattutto di proteggere la mia immagine e il mio prestigio, perciò non osavo condividere le mie opinioni, pensando che non sarebbe stato un problema se avessi avuto ragione; nel caso contrario, però, avrei rivelato scarsa comprensione. Pertanto, se avessi dato una cattiva impressione di me ai supervisori e avessi perso il mio dovere, il mio prestigio agli occhi degli altri sarebbe stato completamente rovinato. Poiché dimoravano in me queste motivazioni sinistre, tenevo la bocca chiusa, per paura di esprimere i miei pensieri e le opinioni, senza l’ardire di proferire un semplice “Temo di non aver capito”. Era un atteggiamento spregevole, talmente vergognoso! Ho capito che nella mia collaborazione con gli altri, mentre svolgevo il mio dovere, e nell’interazione quotidiana con i miei fratelli e sorelle, ero silenziosa e all’esterno davo l’impressione di essere una persona onesta, ma dentro di me dimorava l’astuzia. Tenevo celata la mia bruttezza, indossavo una maschera e ingannavo gli altri. E persino durante i raduni, mentre condividevamo sulla verità e parlavamo dei problemi, mi ostinavo a seguire la massa, nella speranza di proteggere il mio prestigio e la mia immagine agli occhi degli altri. Quest’ultima e la mia reputazione erano per me più importanti che la verità e la giustizia: quella che stavo rivelando era a tutti gli effetti l’indole astuta e malvagia di un anticristo. A questo punto della mia riflessione, ho capito quanto fosse pericoloso lo stato in cui mi trovavo. Ho ripensato alle parole proferite da Dio nell’Età della Grazia, in riferimento a chi non compiva la Sua volontà: “Allora dichiarerò loro: ‘Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da Me, malfattori!’” (Matteo 7:23). Io avevo fede, ma non mettevo in pratica le parole di Dio e non intraprendevo azioni concrete per soddisfarLo; non ero in grado di aprirmi nella condivisione con i miei fratelli e sorelle ed essere onesta. Al contrario, ero sempre impegnata a celare il mio lato sgradito, tentando in ogni modo di proteggere la mia immagine e fuorviare gli altri in modo che mi guardassero con ammirazione. Ero in lotta con Dio per ottenere prestigio e percorrevo il cammino dell’anticristo che si oppone a Lui. Sapevo che, se non mi fossi pentita, alla fine Egli mi avrebbe eliminata. Comprendere questo aspetto mi ha, infine, colmata di repulsione verso la mia natura corrotta e mi ha anche aperto gli occhi sul pericolo che avrei corso nel continuare su quella strada. Dovevo presentarmi dinanzi a Dio e pentirmi il prima possibile, rinunciare alla carne e mettere in pratica le Sue parole.
Dopo di ciò, quando mi sono confidata con i fratelli e le sorelle sul mio stato, una di loro mi ha inviato un passo contenente le parole di Dio: “Quando si svolge il proprio dovere o qualsiasi lavoro dinanzi a Dio, il proprio cuore deve essere puro come una bacinella d’acqua (trasparente) e il proprio atteggiamento deve essere quello giusto. Qual è l’atteggiamento giusto? Qualsiasi cosa tu stia facendo, sei in grado di comunicare agli altri ciò che hai nel cuore, tutte le tue idee. Se ti dicono che la tua idea non funzionerà e offrono un suggerimento diverso, tu ascolti e dici: ‘Buona idea, facciamo così. La mia idea non andava bene, mancava di discernimento, era immatura’. Dalle tue parole e azioni tutti vedranno che nel tuo comportamento hai principi trasparenti, non c’è traccia di oscurità nel tuo cuore, agisci e parli con schiettezza, con un atteggiamento di sincerità. Dici pane al pane. Se è sì, è sì; se è no, è no. Niente trucchi, niente segreti, una persona davvero trasparente. Che tipo atteggiamento è questo? Un atteggiamento verso persone, eventi e cose rappresentativo dell’indole di chi lo assume” (“Solo mettendo in pratica la verità si può possedere un’umanità normale” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Ho letto anche questo passo tratto dalle parole di Dio: “Dio dice agli uomini di non essere disonesti, bensì di essere onesti, di parlare onestamente e fare cose oneste. Lo scopo è permettere loro di avere una vera sembianza umana, affinché non abbiano quella di Satana, che parla come un serpente strisciante sul terreno, equivocando continuamente, offuscando la verità della questione. Vale a dire, Dio parla così affinché gli uomini, tanto nelle parole quanto nelle azioni, possano vivere una vita retta e dignitosa, senza lati oscuri, senza nulla di vergognoso, con un cuore pulito, con armonia tra ciò che è all’esterno e ciò che è all’interno; dicono qualunque cosa pensino in cuor loro e non tradiscono gli altri né Dio, senza trattenere nulla, e il loro cuore è come un appezzamento di terreno incontaminato. È questo l’obiettivo di Dio quando chiede agli uomini di essere persone oneste” (“L’uomo è il maggior beneficiario del piano di gestione di Dio” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Da questi passi ho capito che a Dio piacciono gli onesti. Tali sono le persone semplici e dirette, che non dimostrano inganno né astuzia verso di Lui e, nei confronti degli altri, sono sinceri. Esprimono quello che hanno nel cuore senza girarci intorno, così che sia Dio sia l’uomo possano vedere il loro vero cuore. È così che ci si dovrebbe presentare: in modo diretto e a carte scoperte. Una persona onesta ama la verità e ama le cose positive, così ottiene più facilmente la verità e può essere resa perfetta da Dio. Io, al contrario, nelle mie interazioni e collaborazioni con gli altri, non riuscivo a dire una parola sincera che venisse dal cuore. Non c’era trasparenza nei miei discorsi e nelle azioni: ero ambigua e astuta, e non sarei mai riuscita a capire od ottenere la verità. Infatti, Dio conosce la mia levatura dentro e fuori, e sa quanto sia profonda la mia comprensione della verità. Indossando una maschera, potevo forse ingannare gli altri, ma non Dio, mai. Egli vedeva quanto fosse nauseante e disgustoso il mio continuare a fare giochetti e a essere disonesta, quindi era impossibile che operasse per guidarmi. Tuttavia, mettere in pratica la verità come da Lui richiesto ed essere una persona onesta, aprirmi con gli altri qualunque sia la mia prospettiva, errata o meno, non sarà così estenuante per me e, inoltre, reca gioia a Dio. E poi, è solo aprendo la bocca che posso imparare là dove commetto errore; allora, gli altri mi possono dare suggerimenti e aiutarmi, ed è questo l’unico modo in cui posso fare progressi. Anche se ciò significa perdere un po’ la faccia, va a beneficio della mia comprensione della verità e della mia crescita nella vita.
Prima di allora, non avevo la minima idea di come comportarmi. Però, una volta che Dio ci ha presi per mano per insegnarci come parlare e agire, siamo in grado di vivere una parvenza umana. Sono giunta a comprendere le Sue intenzioni più sincere e mi sono sentita davvero incoraggiata, ottenendo inoltre un cammino di pratica. In seguito, quando lavoravo con i miei fratelli e sorelle o comunicavo con i supervisori nello svolgimento del mio dovere, ho iniziato a impegnarmi per aprirmi con gli altri e non essere riservata, per smettere di proteggere la mia reputazione e il mio prestigio. Ho tentato di condividere quanto sinceramente pensavo, di essere diretta con i miei fratelli e sorelle. Riuscivo a dire loro apertamente che le mie idee erano ancora poco sviluppate, la mia comprensione scarsa o il mio ragionamento semplicistico, e che ogni loro correzione là dove avessero individuato mancanze era ben accetta. Praticare in questo modo era davvero liberatorio per me. E poi, dire qualcosa di sbagliato non era umiliante: al contrario, nascondersi sempre dietro a una maschera e creare una finta facciata per ottenere l’ammirazione degli altri, quello era un atteggiamento ipocrita e senza vergogna. Di lì a poco, ho iniziato a lavorare a fianco della veterana del gruppo. Era piuttosto brava nel lavoro e nella condivisione sulla verità, quindi nella nostra collaborazione ero riluttante all’idea di esprimerle le mie opinioni per non rivelare i miei difetti e per sembrare più ragionevole. Quando questa idea è tornata a fare capolino, ho subito compreso che volevo di nuovo mascherare la mia vera natura, perciò ho pregato Dio e abbandonato me stessa. Da allora, nelle discussioni con quella sorella, non mi trattenevo più, ma condividevo spontaneamente la mia prospettiva. Queste discussioni reciproche mi hanno aiutata a comprendere se la mia prospettiva fosse valida o meno, se avesse delle mancanze. Lei riusciva a individuare le mie debolezze e a consigliarmi di conseguenza. Questo tipo di collaborazione mi ha permesso di fare progressi nel lavoro e nella comprensione dei principi. L’esperienza mi ha insegnato che, comunicando spontaneamente e conversando con gli altri, essendo una persona onesta e affrontando Dio in maniera diretta nello svolgimento del mio dovere, l’oscurità nel mio cuore è un po’ svanita e mi sono sentita assai più tranquilla. Ho anche iniziato a fare molto meglio nel mio dovere. Ringrazio Dio con tutto il cuore per avermi guidata!
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