Le conseguenze dell’affidarsi agli altri in un dovere
Nel novembre del 2021, la leader mi ha incaricata di collaborare con sorella Sandra nel realizzare immagini per i video. All’inizio dedicavo molto tempo alla lettura di princìpi e materiali pertinenti per migliorare le mie abilità tecniche. Ma mi sono resa conto che quelle immagini erano difficili da realizzare e non avevo esperienza nell’ambito. Il lavoro mi pareva davvero difficile e avrei avuto bisogno di pratica concreta per imparare man mano. Così, ho iniziato a lavorare senza pensare ai princìpi, e Sandra continuava a farmi notare i problemi delle mie immagini. Di fronte a questo, non ho revisionato i miei errori né guardato ai miei difetti. Ho solo delimitato me stessa, pensando: “Manco di levatura e non sono brava con questo tipo di immagini. Pratico da un po’ ma continuo ad avere problemi. A quanto pare sono bloccata a questo livello”. Inoltre, invidiavo e ammiravo Sandra. Sentivo che, avendo lavorato alla grafica per anni, era migliore di me sotto tutti i punti di vista, che aveva un chiaro vantaggio su di me e che avrei dovuto fare più affidamento su di lei in futuro. Da lì in poi, mi appoggiavo molto a lei nei miei progetti, e lasciavo ultimare a lei alcune parti che non riuscivo a realizzare bene. A volte, quando terminavo una bozza, non stavo molto a pensare se fosse in linea con i princìpi e mi limitavo a chiedere suggerimenti a lei. A volte mi accorgevo che le mie immagini avevano dei problemi, ma non volevo impegnarmi ulteriormente, così le passavo a Sandra. Mi pareva che dedicare tempo a perfezionarle fosse uno sforzo eccessivo e che il mio livello di abilità avesse un limite, e che quindi avrei dovuto farle sistemare e migliorare da Sandra, visto che era più brava. Ogni volta che la vedevo correggere una delle mie immagini, ero così felice, mi sembrava fantastico collaborare con una sorella come lei, e questo mi faceva risparmiare molto tempo e fatica.
In seguito, la richiesta di immagini è aumentata; così, per essere più produttive, Sandra mi ha proposto di realizzarle insieme. Ma nel progettarle non pensavo a come fare meglio. Ero davvero passiva. Sentivo di non essere brava con quel tipo di immagini e che quelle di Sandra sarebbero venute meglio, e che quindi avrei dovuto ascoltarla di più. Così, il più delle volte le realizzavo come diceva lei e in certi casi, quando era impegnata, la aspettavo per poter lavorare insieme a lei. A volte cercavo di pensare al modo più veloce per padroneggiare i princìpi, migliorare le mie capacità e poter creare le immagini da sola. Ma poi pensavo che sarebbe stato difficile per me e che comunque, visto che c’era Sandra che era così brava, avrei dovuto lasciare a lei il ruolo principale. Non c’era bisogno che mi preoccupassi tanto. E così nel mio dovere ho continuato ad appoggiarmi a lei. Qualche mese dopo, la leader ha visto che non avevo fatto molti progressi, così mi ha trattata per la mia mancanza di iniziativa e perché chiedevo continuamente aiuto a Sandra, compromettendo il suo lavoro. È stato davvero doloroso sentire la leader parlare così. Mi aveva assegnata Sandra come collaboratrice principalmente perché potessi padroneggiare il lavoro il prima possibile e poi svolgerlo da sola. Ma io facevo sempre affidamento su Sandra e non mi impegnavo. Praticavo da così tanto tempo ma facevo pochissimi progressi. Come potevo trattare il mio dovere in quel modo? Ho pregato Dio, chiedendoGli di guidarmi a capire il mio problema.
Una sorella ha condiviso con me due passi della parola di Dio: “Il più delle volte, non siete capaci di rispondere in merito a questioni di lavoro. Alcuni di voi sono coinvolti nel lavoro, ma non avete mai chiesto come stia procedendo, né lo avete mai considerato con attenzione. Data la vostra levatura e conoscenza, dovreste almeno sapere qualcosa, perché tutti voi avete partecipato a questo lavoro. Allora perché la maggior parte di voi non dice niente? È possibile che davvero non sappiate cosa dire, che non sappiate se le cose vadano bene o meno. Possono esserci due ragioni per questo: una è che siete totalmente indifferenti, non vi siete mai preoccupati di certe cose, e le avete sempre trattate solamente come un compito da portare a termine; l’altra è che siete irresponsabili e non disposti a preoccuparvi di tali questioni. Se davvero ti importassero e tu fossi veramente dedito, avresti un’opinione e un’idea in merito a ogni cosa. Non avere opinioni né idee spesso deriva dall’essere indifferenti e apatici, e dal non assumersi alcuna responsabilità. Non sei sollecito nei confronti del dovere che svolgi, non ti assumi alcuna responsabilità, non sei disposto a pagare alcun prezzo o a lasciarti coinvolgere, non fai nessun sacrificio, né sei intenzionato a investire maggiore energia; ti accontenti di essere un subalterno, e in questo caso sei identico a un non credente che lavora per il proprio capo. Un tale adempimento del dovere non è gradito a Dio e non Lo soddisfa. Non ottiene la Sua approvazione” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Si può vivere come veri esseri umani soltanto essendo onesti”). “Quando compiono un dovere, le persone scelgono sempre quello che comporti un lavoro leggero, che non le stancherà, che non implicherà sfidare gli elementi all’aperto. Questo si chiama scegliere gli incarichi facili ed evitare quelli difficili, ed è una manifestazione di brama per le comodità materiali. E cos’altro? (Lamentarsi di continuo quando il loro dovere è un po’ impegnativo, un po’ faticoso, quando comporta pagare un prezzo.) (Preoccuparsi per il cibo e i vestiti, e per le debolezze della carne.) Queste sono tutte manifestazioni di brama per le comodità materiali. Quando una persona di questo tipo vede che un compito è troppo faticoso o rischioso, lo scarica su qualcun altro; dal canto suo, si limita a svolgere il lavoro piacevole e si giustifica per non poter eseguire l’altro, dicendo di possedere scarsa levatura e di non avere le capacità necessarie, che è troppo per lei, mentre in realtà la ragione è che brama le comodità materiali. […] Le persone che bramano le comodità materiali sono adatte a compiere un dovere? Se menzionate l’adempimento del dovere, e parlate di pagare un prezzo e di sopportare le difficoltà, loro non faranno che scuotere la testa: troveranno infiniti problemi, saranno piene di lamentele e negative su tutto. Queste persone sono inutili, non hanno i requisiti per compiere il loro dovere e dovrebbero essere cacciate. Quanto alla brama di comodità materiali, è tutto” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). Riflettendo sulla parola di Dio, ho capito che in quei mesi non avevo fatto alcun progresso nel mio dovere soprattutto perché ero troppo pigra e priva di iniziativa e di responsabilità. Quando affrontavo delle incertezze nel mio lavoro, non mi acquietavo e non ricercavo i princìpi. Rifletterci su mi pareva troppo faticoso, così lasciavo la questione a Sandra. Lei mi dava molti suggerimenti sui miei lavori finiti, ma io non ci riflettevo su, né riconoscevo le mie mancanze; mi limitavo invece ad accampare la scusa di essere inesperta e priva di levatura e lasciavo a lei le parti difficili. A volte vedevo dove c’erano dei problemi, ma non mi preoccupavo di risolverli. Invece battevo la fiacca ed ero approssimativa e subdola, lasciando che Sandra sistemasse tutto. Mi sembrava di risparmiare fatica e di essere più efficiente, prendendo due piccioni con una fava. Ritenendomi inetta e priva di levatura, sono di buon grado diventata una seguace. Poiché ero incapace e Sandra era migliore di me, mi pareva semplicemente naturale che lei facesse di più, così la lasciavo fare. Io facevo il possibile, e comunque non stavo con le mani in mano. Bramavo le comodità materiali, ero ingannevole e subdola. Ho pensato ai non credenti che lavorano nel mondo esterno, che non si preoccupano della loro coscienza o della loro umanità né di considerare come pagare un prezzo e compiere bene il loro lavoro; si limitano a fare le cose nel modo più facile e agevole possibile, ingannano in ogni occasione e non si assumono mai le responsabilità. Questo era il mio atteggiamento nei confronti del dovere: mancavo di diligenza e responsabilità, e usavo sempre l’esperienza degli altri come scusa per prendermela comoda e non pagare un prezzo nel mio dovere. Facevo sempre ricadere le difficoltà sugli altri e poi restavo nell’ombra a rilassarmi. Ero davvero egoista e ingannevole. Bramando sempre le comodità e mancando di iniziativa, non facevo mai progressi nelle mie abilità e non svolgevo un vero ruolo. Ero davvero indegna di quel lavoro. Sentivo di aver molto deluso Dio. Non volevo continuare a compiere il mio dovere in quel modo.
In seguito, ho letto altre parole di Dio. “Qualunque sia il lavoro o il dovere che svolgono, alcuni non sono in grado di eseguirlo, non ne sono all’altezza, non sono in grado di adempiere a nessuno degli obblighi o delle responsabilità che spettano alle persone. Non sono forse spazzatura? Sono ancora degni di essere definiti persone? A eccezione degli ingenui, di coloro che sono affetti da handicap mentali e di coloro che soffrono di menomazioni fisiche, esiste forse qualcuno che non debba svolgere i propri doveri e adempiere alle proprie responsabilità? Invece, simili persone non fanno che comportarsi subdolamente e giocare sporco, non vogliono adempiere alle proprie responsabilità; l’implicazione è che non vogliono comportarsi come persone degne di questo nome. Dio ha dato loro levatura e doni, ha dato loro l’opportunità di essere umani, eppure non sono in grado di farne uso nell’adempiere al loro dovere. Non fanno nulla, ma vogliono godere di ogni cosa. Una persona del genere è forse degna di essere definita umana? Indipendentemente dal lavoro che le viene affidato, che sia importante o comune, difficile o semplice, è sempre negligente e superficiale, sempre pigra e subdola. Quando emergono dei problemi, le persone di questo tipo cercano di scaricare la responsabilità su qualcun altro; non si assumono alcuna responsabilità, e vogliono solo continuare a vivere le loro vite da parassiti. Non sono forse spazzatura inutile? Nella società, chi non deve fare affidamento su se stesso per sopravvivere? Una volta cresciuta, una persona deve provvedere a se stessa. I suoi genitori hanno adempiuto alla loro responsabilità. Anche se i genitori fossero disposti a mantenerla, questa persona non si sentirebbe a proprio agio e dovrebbe essere in grado di riconoscere: ‘I miei genitori hanno terminato il loro compito di crescere i figli. Sono un adulto e sono in salute: dovrei essere in grado di vivere in modo indipendente’. Non è questo il minimo del senno che un adulto dovrebbe possedere? Se una persona fosse davvero dotata di senno, non potrebbe continuare a scroccare ai genitori: avrebbe paura di essere derisa dagli altri, di essere svergognata. Quindi, i fannulloni hanno forse senno? (No.) Pretendono sempre qualcosa senza offrire nulla in cambio, non vogliono mai assumersi alcuna responsabilità, vanno in cerca di un pranzo gratuito, vogliono tre pasti completi al giorno, che qualcuno li serva e che il cibo sia delizioso, e tutto questo senza svolgere alcun lavoro. Questa non è forse la mentalità di un parassita? E coloro che sono dei parassiti possiedono forse coscienza e senno? Hanno dignità e integrità? Assolutamente no; sono tutti scrocconi buoni a nulla, bestie senza coscienza né ragione. Nessuno di loro è degno di rimanere nella casa di Dio” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). “Le persone pigre non sono in grado di fare nulla. In una parola, sono spazzatura, menomate dall’indolenza. Per quanto buona sia la levatura delle persone pigre, non è altro che fumo negli occhi; la loro buona levatura non ha alcuna utilità. Questo perché sono troppo pigre; sanno cosa dovrebbero fare, ma non lo fanno; anche se sono consapevoli che qualcosa costituisce un problema, non ricercano la verità per risolverlo; sanno quali difficoltà dovrebbero affrontare perché il lavoro sia efficace, ma non sono disposte a sopportare una sofferenza così significativa. Di conseguenza, non acquisiscono alcuna verità e non svolgono un vero lavoro. Non vogliono sopportare le avversità che spettano alle persone; conoscono solo la brama di comodità, il piacere della carne, il godimento dei momenti di gioia e di svago, di una vita libera e rilassata. Non sono forse inutili? Chi non sopporta le avversità non è adatto a vivere. Chi desidera vivere sempre come un parassita è una persona priva di coscienza e di ragione; è una bestia, inadatta persino a prestare servizio. Non essendo in grado di sopportare le avversità, costui rende un servizio scadente e, se desidera acquisire la verità, le sue speranze sono ancora più vane. Chi non sa soffrire e non ama la verità è un perdigiorno, non è nemmeno all’altezza di prestare servizio. È una bestia, senza un briciolo di umanità. La volontà di Dio non può prescindere dall’espulsione di simili persone” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). Dalla Sua parola ho capito che, agli occhi di Dio, coloro che bramano sempre le comodità, non sono disposti a pagare un prezzo, non portano a termine il lavoro a loro assegnato e non adempiono alle loro responsabilità, sono del tutto inutili. Queste persone non hanno iniziativa e godono sempre dei frutti del lavoro altrui. Sono parassiti che vivono alle spalle della chiesa e vanno scacciate. Continuavo a riflettere su cosa Dio intendesse con “parassiti” e “spazzatura”. Ho pensato a quelli che nel mondo esterno si fanno mantenere dai genitori anche da adulti. Dopo essere cresciuti, non trovano lavoro e si limitano a sfruttare l’aiuto dei genitori; vivono di elemosine, senza sapere cosa significhi guadagnarsi da vivere da soli. Sono privi della normale ragione umana. Queste persone sono dei parassiti. Ho visto che non c’era differenza tra il mio comportamento e quello di questi irresponsabili sfruttatori parassiti. La chiesa mi aveva incaricata di realizzare delle immagini e quella era la mia responsabilità. Anche se il lavoro era difficile, avrei dovuto studiare diligentemente per poter assumerlo il prima possibile. E invece quelle immagini mi parevano difficili e non volevo sforzarmi di pensarci. Mi giustificavo per la mia pigrizia, pensando che avrei appreso i princìpi in un lungo periodo di apprendimento, e quando emergevano dei problemi non esaminavo le deviazioni e non ricercavo i princìpi. Inoltre, quando ho visto l’esperienza che aveva Sandra, ho dato per scontato il suo sostegno, lasciando a lei le parti difficili e aspettando di raccogliere i frutti. Anche quando lavoravamo insieme, dipendevo comunque da lei. Mi limitavo ad ascoltare lei e non mi concentravo affatto. Non avevo alcun senso di responsabilità per il mio dovere e mi affidavo agli altri. Non mi impegnavo e volevo solo godere dei frutti del lavoro altrui. Ero una buona a nulla, una parassita approfittatrice all’interno della chiesa. Dio mi detestava davvero! Quando Sandra finiva il suo lavoro, doveva investire tempo ad aiutarmi con il mio, cosa che rallentava il suo dovere. Mi sono sentita peggio e ancora più in colpa. Ero stata capace di una simile pigrizia perché influenzata da falsità sataniche come “Devi essere gentile con te stesso e imparare ad amarti”, “Appoggiati agli alberi e goditi l’ombra” e “Quando si ha sostegno, non approfittarne è da sciocchi”. Queste idee sataniche mi avevano portata a considerare solo la carne e a diventare sempre più sciatta, depravata e passiva. Volevo raccogliere senza seminare, e appena il mio dovere era un po’ più difficile non ero disposta a pensare o a pagare un prezzo. Vedendo la mia collaboratrice più abile di me, le passavo le cose difficili, lasciandole portare il carico. Reputavo sciocco non affidarsi a un sostegno disponibile. Ero davvero ingannevole e subdola! Anche se compiendo il mio dovere in quel modo non mi stancavo, non facevo mai progressi nella progettazione grafica. Se nel lungo termine non avessi svolto un ruolo importante nel lavoro, prima o poi sarei stata scacciata! Questo pensiero mi ha molto turbata. Ho pregato Dio: “Dio, ho bramato le comodità e sono stata priva di iniziativa nel mio dovere. Ora voglio pentirmi e accettare il Tuo esame. Se ancora considererò la carne, Ti prego di castigarmi e punirmi”.
Ho pensato a qualche giorno prima, quando Sandra mi aveva fatto notare dei problemi in alcune mie immagini, spiegandomi i dettagli specifici. Sapevo che mi aveva già spiegato quel tipo di problemi in precedenza ma, nonostante ciò, me ne ero completamente dimenticata. Mi sentivo così in colpa. Ogni volta che non riuscivo a risolvere qualcosa, Sandra condivideva pazientemente con me. Se mi fossi sforzata anche solo un po’ di memorizzare e prendere appunti, gli stessi problemi non si sarebbero ripresentati. Ma non mi ero mai concentrata sull’applicare i princìpi, limitandomi ad affidarmi agli altri. Per quanto gli altri mi parlassero, non memorizzavo nulla, e quindi non avevo ancora appreso nemmeno i princìpi di base. Alla luce di quel pensiero, ho stilato una lista dei problemi e dei princìpi su cui dovevo concentrarmi quando progettavo le immagini, in modo che, quando avrei di nuovo affrontato delle incertezze, avrei potuto risolverle da sola. Quando i problemi emergevano, ne prendevo nota e li riesaminavo prontamente. Gradualmente, ho fatto progressi nel mio lavoro grafico.
In seguito, ho riflettuto su me stessa. Oltre alla pigrizia, quali altri problemi mi ostacolavano nel mio dovere? Nella mia riflessione, ho letto un passo della parola di Dio: “E su quale base le persone altamente qualificate si ritengono tali? Su quanti anni hanno svolto un certo dovere, su quanta esperienza hanno acquisito, non è vero? E, stando così le cose, non inizierete gradualmente a pensare in termini di anzianità? Per esempio, un certo fratello ha creduto in Dio per molti anni e ha compiuto un dovere per molto tempo, quindi è il più qualificato a parlare di questo dovere; una certa sorella è qui da poco e, sebbene possieda una qualche levatura, non ha esperienza nel compiere questo dovere e crede in Dio da poco tempo, quindi è la meno qualificata a parlare. La persona più qualificata a parlare pensa tra sé e sé: ‘Dal momento che ho anzianità, significa che il mio rendimento è all’altezza dei requisiti, che la mia ricerca ha raggiunto l’apice e che non c’è nulla a cui debba aspirare o a cui debba accedere. Ho svolto bene questo dovere, ho in qualche modo portato a termine questo lavoro, Dio dovrebbe essere soddisfatto’. E così inizia a compiacersi di se stessa. Questo indica forse che tale persona è entrata nella realtà della verità? […] Che cosa perseguono realmente le persone e quale strada percorrono, se accettano realmente la verità o la abbandonano, se si sottomettono a Dio o Gli si oppongono: Dio sorveglia costantemente tutte queste cose. Ogni chiesa e ogni individuo sono osservati da Dio. A prescindere da quante persone compiano un dovere o seguano Dio in una chiesa, nel momento in cui si allontanano dalle parole di Dio, nel momento in cui perdono l’opera dello Spirito Santo, esse cessano di avere esperienza dell’opera di Dio, e quindi né loro né il dovere che svolgono hanno alcun legame con l’opera di Dio o alcun ruolo in essa, e dunque tale chiesa è diventata un gruppo religioso. DiteMi: quali sono le conseguenze quando una chiesa diventa un gruppo religioso? Non direste che tali persone sono in grande pericolo? Quando devono affrontare problemi, non ricercano mai la verità e non agiscono secondo i principi della verità, ma sono soggette alle disposizioni e alle manovre degli esseri umani. Molti addirittura, nel compiere il loro dovere, non pregano mai né ricercano i principi della verità; si limitano a chiedere e a fare come dicono gli altri, agendo secondo i loro suggerimenti. Qualsiasi cosa le persone dicano loro di fare, la fanno. Ritengono che pregare Dio in merito ai loro problemi e alla loro ricerca della verità sia vago e difficile, quindi cercano una soluzione semplice e facile. Pensano che affidarsi agli altri e fare ciò che dicono sia facile e assai concreto, perciò si limitano a obbedire alle persone, interpellando gli altri e facendo tutto ciò che dicono. Di conseguenza, anche se credono da molti anni, quando devono affrontare un problema non si presentano mai dinanzi a Dio pregando e ricercando la Sua volontà e la verità, per poi conseguire una comprensione della verità e agire e comportarsi secondo la volontà di Dio: non hanno mai avuto una tale esperienza. Simili persone mettono davvero in pratica la fede in Dio?” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo con il timore di Dio si può percorrere il cammino di salvezza”). Alla luce della parola di Dio e riflettendo su me stessa, mi sono resa conto di avere una visione di deferenza nei confronti dell’anzianità. Consideravo le doti, la levatura e l’esperienza lavorativa come un capitale per compiere bene il proprio dovere, e pensavo che possederle conferisse potere decisionale in quel dovere. Così, quando ho visto da quanto tempo Sandra realizzava immagini e quanto esperta e abile fosse, l’ho invidiata e ammirata. Quando c’erano cose che non sapevo fare, non pregavo e non mi affidavo a Dio, né cercavo e consideravo i princìpi. Le passavo ciò che non sapevo fare bene, affidandomi sempre a lei. Facevo solo quello che diceva lei. Mi sono resa conto che non era solo in quel lavoro che dipendevo dagli altri. Ogni volta che conoscevo una persona con più doni, levatura, capacità o esperienza lavorativa di me, la adoravo e ammiravo con tutta me stessa e spesso facevo affidamento su di lei, al punto che non avevo più un posto per Dio nel mio cuore, e non mi affidavo mai a Lui né ricercavo la verità per risolvere i problemi che affrontavo. Di conseguenza, non vedevo progressi né risultati nel mio dovere. Dio mi detestava ed ero incapace di ricevere l’opera dello Spirito Santo. Proprio come dice la Bibbia: “Maledetto L’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si ritrae da Jahvè!” (Geremia 17:5). Infatti, nella nostra fede dobbiamo venerare Dio come grande. Affidarsi e guardare a Dio in ogni cosa è la più grande saggezza. Non importano la levatura, i doni, le capacità, l’esperienza lavorativa o gli anni di fede di una persona: nulla di tutto ciò significa che possieda la verità. Nessun essere creato è più o meno importante di un altro. Solo affidandoci e guardando a Dio e ricercando maggiormente i princìpi della verità, possiamo ottenere la guida di Dio e compiere bene il nostro dovere.
In seguito, ho letto altri due passi della parola di Dio che mi hanno fornito un percorso per svolgere bene il mio dovere. Dio Onnipotente dice: “Supponiamo che la chiesa ti affidi un lavoro da svolgere, e tu dica: ‘Che il lavoro sia un’occasione per distinguermi o no, siccome è stato affidato a me, lo farò bene. Mi prenderò questa responsabilità. Se vengo assegnato all’accoglienza, darò tutto me stesso per eseguire bene quel lavoro; mi occuperò bene di fratelli e sorelle e farò del mio meglio per garantire la sicurezza di tutti. Se vengo assegnato a diffondere il Vangelo, mi doterò della verità e diffonderò il Vangelo con amore ed eseguirò bene il mio dovere. Se mi viene assegnato di imparare una lingua straniera, studierò con diligenza e mi impegnerò molto per impararla bene il più velocemente possibile, entro un anno o due, così da poter testimoniare Dio agli stranieri. Se mi viene chiesto di scrivere articoli di testimonianza, mi formerò scrupolosamente per farlo e valuterò le cose in conformità ai principi della verità; imparerò che linguaggio usare e, sebbene potrei non essere in grado di scrivere articoli con una bella prosa, sarò almeno in grado di comunicare con chiarezza le mie esperienze e testimonianze, di condividere in maniera comprensibile sulla verità e di rendere autentica testimonianza di Dio, in modo che, quando le persone leggeranno i miei articoli, ne saranno edificate e ne trarranno beneficio. Qualsiasi lavoro mi assegni la chiesa, lo accoglierò con tutto il mio cuore e la mia forza. Se ci sarà qualcosa che non capisco o un problema, pregherò Dio, cercherò la verità, capirò i principi della verità e farò le cose per bene. Qualsiasi sia il mio dovere, userò tutto quello che ho per svolgerlo bene e soddisfare Dio. Per tutto quello che posso ottenere, farò del mio meglio per prendermene tutta la responsabilità che devo sostenere, e quantomeno non andrò contro la mia coscienza e ragione, né sarò negligente o sbrigativo, o furbo e assente, né godrò dei frutti della fatica altrui. Niente di quello che farò sarà al di sotto degli standard della coscienza’. Questo è lo standard minimo del comportamento umano, e chi compie il proprio dovere in tale modo può definirsi una persona coscienziosa e ragionevole. Devi almeno avere una coscienza pulita nel compiere il tuo dovere, e devi almeno sentire che ti sei guadagnato i tuoi tre pasti al giorno e non stai mangiando a sbafo. Questo si chiama senso di responsabilità. Che la tua levatura sia elevata o scarsa, e che tu capisca o no la verità, devi avere questo atteggiamento: ‘Visto che mi è stato assegnato questo lavoro da svolgere, devo trattarlo seriamente; deve essere la mia preoccupazione e lo devo eseguire bene, con tutto il mio cuore e la mia forza. Per quanto riguarda il farlo alla perfezione, non posso pretendere di dare una garanzia, ma il mio atteggiamento è quello di fare del mio meglio per vederlo svolto bene e di sicuro non sarò né negligente né sbrigativo in questo. Se sorge un problema, allora me ne prenderò la responsabilità, e mi assicurerò di trarne una lezione e di compiere bene il mio dovere’. Questo è l’atteggiamento giusto” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). “Qualunque dovere tu svolga, devi essere attento e avere considerazione della volontà di Dio. Solo con questa mentalità puoi svolgere bene un dovere. A prescindere dalle difficoltà che si presentano, affidati a Dio, prega Dio e ricerca la verità per risolverle. Se commetti un errore, correggilo tempestivamente, impara la lezione ed evita di ripeterlo. Chi compie il proprio dovere con la giusta mentalità è coscienzioso e responsabile: per quanto sia importante il dovere che assume, questa persona non causerà ritardi nel proprio lavoro” (La condivisione di Dio). Dalla parola di Dio, ho capito che il lavoro che la chiesa ci affida è un dovere che dobbiamo svolgere e una nostra responsabilità. Chi è veramente responsabile è in grado di svolgere il proprio dovere con diligenza, tenendo conto della volontà di Dio. Non importano la sua levatura, i suoi doni, il suo livello di abilità, le difficoltà che affronta o le sofferenze che deve subire: tale persona sa affidarsi a Dio per pagare davvero un prezzo, superare le difficoltà e mettere tutta sé stessa nel compiere bene il proprio dovere. Come Noè, che affrontò molte difficoltà nella costruzione dell’arca. Non solo dovette preparare ogni sorta di materiale e radunare molte creature, ma viveva anche in un’epoca priva di industrializzazione, e quindi dovette fare affidamento sulle proprie forze per ogni aspetto del lavoro. Dovette affrontare molti fallimenti e rifacimenti, per non parlare dello sfinimento fisico, e altro ancora. Ma Noè non considerò mai la propria carne né agì in modo ingannevole o subdolo, e tanto meno demandò l’incarico di Dio a qualcun altro. Al contrario, tenne sempre presente l’incarico di Dio e si affidò a Lui per superare le varie crisi. Dopo 120 anni, concluse la costruzione dell’arca e portò a termine l’incarico di Dio. L’obbedienza e la sincerità di Noè nei confronti dell’incarico di Dio mi hanno fatta commuovere e vergognare. Sono nata negli ultimi giorni, ho ascoltato moltissime parole di Dio, ed Egli ha espresso numerose verità sul compimento dei doveri. Il mio lavoro non era così difficile come costruire l’arca di Noè, eppure continuavo a essere ingannevole e subdola. Ero davvero priva di umanità. Ho trovato un percorso di pratica nella parola di Dio. Quando affrontavo delle difficoltà, non potevo semplicemente affidarmi a Sandra. Dovevo pregare Dio e ricercare i princìpi pertinenti per risolverle. Dopo che ho messo il cuore nel mio lavoro, le immagini che realizzavo sono via via migliorate. A volte Sandra non aveva quasi nulla da suggerire. Ho visto che ero davvero in grado di svolgere un ruolo e il lavoro non era così difficile come avevo pensato. In passato, non mi ero preoccupata di pensare ai princìpi, limitandomi a considerare la carne e ad affidarmi agli altri, senza mai cogliere i princìpi.
Una volta, una sorella è venuta a dirmi che c’era urgente bisogno di un’immagine. Ho pensato: “Questa immagine sembra difficile ed è così urgente che potrei non realizzarla bene. Dovrei lasciarlo fare a Sandra”. Quando ero sul punto di andare da lei, mi sono resa conto che volevo di nuovo considerare la carne e scaricare il lavoro ad altri, così ho pregato immediatamente Dio e mi sono calmata per considerare attentamente i princìpi. Con mia grande sorpresa, ho terminato l’immagine in fretta e non ho ritardato il lavoro. Non mi sono sottratta al mio dovere per la sua difficoltà, e ho provato grande serenità nel cuore!
Grazie a questa esperienza ho capito che, qualunque sia il compito da svolgere, non si può fare affidamento solo sulla levatura, sui doni o sull’esperienza. La chiave è perseguire la verità e i princìpi. Quando si affrontano delle difficoltà, se si riesce a evitare di considerare la carne e di bramare le comodità, e invece ci si affida a Dio e si ricerca la verità per superarle e adempiere alle proprie responsabilità, si sarà in grado di ottenere la guida di Dio e di compiere bene il proprio dovere! Ho anche capito che il fatto che Dio mi fornisca una collaboratrice non significa che io debba fare affidamento su di lei. Al contrario, dovremmo aiutarci a vicenda e compensare reciprocamente le nostre mancanze. Poiché Dio ha dato a ciascuno di noi doni, attitudini e levatura differenti, dobbiamo collaborare con un solo cuore e una sola mente e dare tutti noi stessi per adempiere alle nostre responsabilità!
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