La malattia e le difficoltà hanno mostrato la mia vera essenza
Soffrivo di cefalgie sin dall’infanzia. A volte mi facevano così male che mi rotolavo nel letto. Da adolescente, mi sono fatta visitare e il medico ha detto che erano vasospasmi cerebrali. Serviva un farmaco, ma dopo aver saputo degli effetti collaterali, avevo troppa paura di prenderlo. Ho continuato a sopportare. Dopo aver accolto l’opera di Dio Onnipotente, la mia condizione all’improvviso è migliorata. Ho ringraziato Dio di cuore. Poi, mi sono dedicata alle riunioni e al mio dovere, pensando che, siccome ero credente, Dio avrebbe certamente vegliato su di me. Mi avrebbe aperto una strada quando ero in difficoltà, mantenendo la mia famiglia sana e salva e proteggendomi dalle malattie. Dopo, ho lasciato casa e lavoro per compiere il mio dovere a tempo pieno. Così, sono passati diversi anni in pochissimo tempo mentre svolgevo il mio dovere instancabilmente. La mia salute, però, ha cominciato a deteriorarsi qualche anno fa. Sentivo spesso stanchezza, senso di oppressione al petto e mancanza di respiro. Alcune mattine non osavo nemmeno parlare, perché poche parole già mi sfinivano e sarei stata esausta tutta la mattina. All’inizio, non ci facevo molto caso e pensavo: “La mia condizione è nelle mani di Dio. Se continuo a fare il mio dovere a un certo punto starò meglio”. Ma sono passati due anni e la mia salute andava sempre peggio. A parte la stanchezza, a volte dal nulla mi veniva il batticuore, oppure sudavo freddo e mi agitavo, poi dovevo sdraiarmi immediatamente. Non riuscivo nemmeno a parlare. La cosa peggiore è che sono ricominciati i mal di testa, a volte sembrava che mi scoppiassero i vasi sanguigni. Ho provato con le erbe cinesi, ma niente. Dopo un’altra visita, ho saputo che era ischemia miocardica e vasospasmo cerebrale. Se i miei vasi sanguigni fossero scoppiati, avrei rischiato la morte da un momento all’altro. Quel fatto mi ha fatto pensare a mio nonno, morto per embolia cerebrale. Inoltre, mio padre se n’era andato a 40 anni per un’emorragia cerebrale acuta. I miei mal di testa erano intensi e non si fermavano. Un giorno, sarei morta di emorragia proprio come mio padre? Per svolgere il mio dovere, avevo lasciato famiglia e lavoro da anni: perché la mia salute peggiorava? Insomma, Dio doveva proteggermi. Nei giorni seguenti, ho svolto ancora il mio dovere, ma ero sempre depressa per la mia condizione. Anche se cercavo la volontà di Dio e leggevo le Sue parole su come vivere la malattia, ho perso la volontà di pregare e ricercare quando non ho visto miglioramenti. Mi sono rivolta ai miei familiari per le spese mediche ma ho saputo da mia suocera che la fabbrica dove lavorava mio marito era fallita e non lo aveva pagato. Quella notizia mi ha davvero sconvolta. Io non stavo bene, mio marito era senza lavoro e senza stipendio. Altro che cure: come avremmo vissuto? In quei giorni, con la salute che peggiorava e mio marito disoccupato, sentivo un dolore insopportabile. Pensavo: “Ho fatto tante rinunce per il mio dovere. Perché Dio non bada a me?” Ma poi mi sono detta: “Non posso incolpare Dio, devo obbedire. Chissà, mio marito potrebbe trovare un buon impiego e rimediare alla paga che non ha percepito”. Così, ho pregato: “Dio, se mio marito trova o no il lavoro, dipende da Te. Il suo impiego, lo metto nelle Tue mani…” Avevo un briciolo di speranza mentre lo dicevo e desideravo che ce la facesse. Ma sono passati diversi mesi senza risultati apprezzabili. Ero molto delusa e del tutto priva di energie. All’apparenza facevo il mio dovere, ma se pensavo alla mia salute o alla famiglia, mi sentivo contrariata. Alcune volte, avrei potuto svolgere il dovere con un po’ più d’impegno, ma poi mi dicevo: “Ma no, è passabile. A che serve se ci metto più energia?” E così, ho perso l’entusiasmo iniziale verso il dovere. Il lavoro di mia competenza arrancava e in me non ardeva più il sacro fuoco. Quando vedevo i fratelli in difficoltà, non avevo voglia di intervenire per aiutarli. Il mio approccio negativo e lassista aveva un grave impatto sul lavoro della Chiesa, ma a quel punto ero così inerte che non ci pensavo. Ero davvero triste per ciò che succedeva in famiglia, così ho pregato Dio: “Dio, è da un po’ che sono infelice. Avanzo sempre pretese nei tuoi confronti e in cuor mio non c’è posto per il mio dovere. So che dovrei obbedire, ma non riesco a rinunciare né so come vivere tutto questo. Ti prego, fammi capire la Tua volontà”.
Non molto tempo dopo quella preghiera, mi è venuto in mente un passo delle Sue parole: “Nel corso della Sua opera, dal principio fino a oggi, Dio ha predisposto prove per ogni persona – o si potrebbe dire per ogni persona che Lo segue – e queste prove hanno dimensioni diverse. Vi sono coloro che hanno sperimentato la prova di essere rifiutati dalla propria famiglia; coloro che hanno sperimentato la prova di un ambiente ostile; coloro che hanno sperimentato la prova di essere arrestati e torturati; coloro che hanno sperimentato la prova di trovarsi di fronte a una scelta; coloro che hanno affrontato le prove del denaro e del prestigio. In linea di massima, ognuno di voi ha affrontato ogni sorta di prove. Perché Dio opera così? Perché Dio tratta tutti così? Che genere di risultato vuole ottenere? Questo è il punto importante di ciò che voglio dirvi: Dio vuole vedere se questa persona è del tipo che teme Dio ed evita il male. Ciò significa che quando Dio ti assegna una prova, facendoti affrontare qualche situazione, vuole valutare se tu sei o no quella persona che teme Dio ed evita il male” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Come conoscere l’indole di Dio e i risultati che la Sua opera deve raggiungere”). Ho capito che Dio opera e predispone ambienti a seconda degli individui. Vuole vedere i loro atteggiamenti nelle diverse situazioni, se sanno temere Dio e rifuggire il male. Era un campanello d’allarme. La mia salute era andata peggiorando, mio marito aveva perso il lavoro e non c’erano fonti di reddito. Tutto ciò era accaduto con il permesso di Dio. Dovevo sottomettermi, cercare la verità e imparare la lezione. Ma io non perseguivo la volontà di Dio, né pensavo a come rendere testimonianza, ma mi lamentavo nella negatività. Ciò non era forse ribellarsi e resistere a Dio? Ho pensato a Giobbe: aveva bestie in quantità e ricchezze che gli furono rubate, e finì con il corpo ricoperto di pustole. Eppure, non incolpò mai Dio, ma si prostrò, dicendo: “Jahvè ha dato, Jahvè ha tolto; sia benedetto il nome di Jahvè” (Giobbe 1:21). Quella di Giobbe era vera fede. Pensare alla sua esperienza mi faceva vergognare. Non aveva letto tante parole di Dio e, di fronte a una prova così grande, mantenne la fede in testimonianza a Dio. Invece io, che potevo godere ogni giorno della guida e del sostegno delle parole di Dio, ancora non avevo vera fede o sottomissione verso di Lui. La malattia e la disoccupazione di mio marito mi hanno causato depressione e malanimo. Ero tanto ribelle!
Allora, ho pregato Dio in sottomissione, disposta a pentirmi, e gli ho chiesto di illuminarmi per potermi conoscere. Dopo, ho letto un paio di passi dalle parole di Dio, Dio Onnipotente dice: “Ciò che persegui è essere in grado di ottenere la pace dopo aver creduto in Dio, perché i tuoi figli non si ammalino, perché tuo marito abbia un buon lavoro, tuo figlio trovi una buona moglie, tua figlia trovi un marito rispettabile, i tuoi buoi e cavalli arino la terra per bene, perché ci sia un anno di bel tempo per le tue colture. Questo è ciò che ricerchi. Ti preoccupi solo di vivere nell’agiatezza e che nessuna disgrazia si abbatta sulla tua famiglia, che i venti ti passino accanto, che il tuo viso non sia graffiato dal pietrisco, che le colture della tua famiglia non vengano inondate, di non subire alcun disastro, di vivere nell’abbraccio di Dio, di vivere in una casa accogliente. Un vigliacco come te che persegue costantemente la carne – hai forse un cuore, uno spirito? Non sei una bestia? Io ti do la vera via senza chiedere nulla in cambio, ma tu non la persegui. Sei uno di quelli che credono in Dio?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le esperienze di Pietro: la sua conoscenza del castigo e del giudizio”). “Che ne è della tua fede in Dio? Hai veramente offerto la tua vita? Se subiste le stesse prove di Giobbe, nessuno di voi che oggi siete seguaci di Dio riuscirebbe a restare saldo: cadreste tutti quanti. E tra voi e Giobbe c’è semplicemente una differenza abissale. Se oggi vi fosse confiscata metà dei beni, osereste negare l’esistenza di Dio; se vi fossero sottratti vostro figlio o vostra figlia, marcereste in segno di protesta per le strade; se il tuo unico mezzo di sostentamento giungesse a un punto morto cercheresti di discuterne con Dio, chiedendo perché all’inizio Io abbia detto tante parole per spaventarti. Non c’è nulla che non osereste fare in momenti come questi. È la dimostrazione del fatto che non avete acquisito una vera comprensione, che non avete un’autentica levatura” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Pratica (3)”). Le parole di Dio rivelavano esattamente il mio stato. Non c’era ombra di dubbio. Sembrava che facessi il mio dovere ogni giorno, ma in cuor mio nascondevo motivazioni spregevoli: siccome svolgevo il mio dovere nella Chiesa, pensavo che Dio mi proteggesse, nella salute e in famiglia, da qualunque ostacolo. Quando le mie richieste sono finite nel vuoto, quando ne andava dei miei interessi, ho iniziato a incolpare Dio perché la salute non migliorava e mio marito non trovava lavoro. Era forse una cosa diversa da “discuterne con Dio”? A quel punto, mi sono resa conto che la mia fede era sempre stata guidata dalla brama di benedizioni. Quello era il mio unico scopo. “Non fate nulla senza un tornaconto”, “Ognuno per sé e che gli altri si arrangino”, erano i veleni satanici secondo cui vivevo. Avevo applicato a Dio la mentalità mondana delle compravendite, usando Lui e il mio dovere per raggiungere il mio spregevole obiettivo. Patteggiavo con Dio, Lo imbrogliavo e Lo combattevo! Dio mi ha portato nella Sua casa, irrigandomi e sostenendomi con le Sue parole, perché potessi ottenere la verità, essere liberata dalla mia indole satanica e salvata da Lui. Ma invece di perseguire la verità e far bene il mio dovere per ripagare il Suo amore, mi comportavo in modo cinico, imbrogliando Dio. Lo incolpavo se i miei desideri erano vanificati. Ero orribile e spregevole, indegna di vivere dinanzi a Lui. Mi odiavo dal fondo del cuore. Ero priva di coscienza e raziocinio! Ho pensato agli israeliti che si lamentavano quando erano nel deserto. Non ringraziavano Dio per averli salvati dalla morsa del faraone egiziano, ma Lo incolpavano perché non avevano carne, scatenando la Sua ira. Dio disse: “Non entreranno nel Mio riposo!” (Salmi 95:11). Alla fine, morirono nel deserto. Secondo la giusta indole di Dio, avrebbe dovuto castigarmi per le mie lagnanze. Ma Dio non mi ha tolto la vita. Anzi, mi ha giudicata, smascherata, illuminata e guidata con le parole perché potessi vedere le mie opinioni sbagliate sulla fede e la mia terribile brama di benedizioni. Mi ha dato la possibilità di pentirmi e cambiare. Ecco l’amore e la salvezza che Dio mi riserva!
In seguito, ho letto altre parole di Dio che mi hanno fatto acquisire una maggiore conoscenza di me stessa. Dio Onnipotente dice: “Anche se con le parole non lo dicono, quando gli esseri umani cominciano a credere in Dio, nel cuore forse pensano: ‘Voglio andare in paradiso, non all’inferno. Voglio ottenere benedizioni non solo per me ma anche per tutti i miei familiari. Voglio mangiare bene, portare begli abiti, godermi belle cose. Voglio una buona famiglia, un buon marito (o una buona moglie), buoni figli. Alla fine voglio essere un re’. Pensano solo a ciò che vogliono. Questa loro indole, queste cose che pensano nel cuore, questi desideri stravaganti sono tipici della natura arrogante dell’uomo. Che cosa Mi induce a dire così? Si tratta della condizione umana. L’uomo è una creatura di Dio che proviene dalla polvere; Dio ha creato l’uomo col fango e gli ha insufflato l’alito di vita. Questa è la condizione umile dell’uomo, eppure gli esseri umani continuano a presentarsi dinanzi a Dio desiderando questo e quest’altro. La condizione dell’uomo è tanto ignobile che l’uomo non dovrebbe nemmeno aprire bocca per chiedere qualcosa a Dio. Allora che cosa deve fare? Deve sgobbare, indifferente alle lamentele degli altri, darci dentro e obbedire di buon grado. Non si tratta di abbracciare lietamente l’umiltà; questa è la condizione in cui sono nati gli esseri umani, che devono avere obbedienza e umiltà innate, poiché la loro condizione è umile, perciò non devono chiedere nulla a Dio, né avere nei Suoi confronti desideri stravaganti” (“Una natura arrogante è la radice dell’opposizione dell’uomo a Dio” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Il giudizio di Dio mi ha messa completamente a nudo. È vero: Dio è il Signore della creazione, il Sovrano di tutto. È tanto onorevole e grande, mentre io sono solo una creatura fatta di polvere per mano Sua. In sostanza, sono umile e senza valore, in più sono stata profondamente corrotta da Satana e sono pregna di indole satanica, senza un briciolo di umanità. Non ero degna di esigere nulla da Dio. Essere viva oggi, respirare l’aria che Dio mi ha donato è già per Sua grazia concessa. Ma io ero arrogante, irragionevole e avanzavo pretese, pensando che, a causa della mia fede, Dio dovesse benedirmi e proteggermi in ogni momento così avrei potuto mantenermi sana, liberarmi dalla sfortuna e avere un marito con un buon lavoro. Tutto doveva andare liscio. Altrimenti, mi lamentavo e davo la colpa a Dio. Mi mancava davvero la consapevolezza di me stessa, e non avevo raziocinio né senso di vergogna! Mi disprezzavo davvero in quel momento. Ho pensato a queste parole di Dio: “Se sei sempre stato molto leale e amorevole nei Miei confronti, eppure patisci il tormento della malattia, la povertà e l’abbandono dei tuoi amici e parenti, o se subisci altre disgrazie nella vita, la tua lealtà e il tuo amore per Me persisteranno?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Un problema gravissimo: il tradimento (2)”). Ho letto anche questo passo: “Nella sua fede in Dio, Pietro cercò di soddisfarLo in ogni cosa e di obbedire a tutto ciò che veniva da Lui. Senza mai lamentarsi, fu in grado di accettare nella sua vita il castigo e il giudizio, nonché l’affinamento, la tribolazione e la mancanza, nessuno dei quali riuscì ad alterare il suo amore per Dio. Questo non era forse l’amore supremo per Lui? Non era forse l’adempimento del dovere di creatura di Dio? Che sia nel castigo, nel giudizio o nella tribolazione, sei sempre in grado di conquistare l’obbedienza fino alla morte e questo è ciò che dovrebbe essere realizzato da una creatura di Dio, questa è la purezza dell’amore per Dio. Se l’uomo riesce ad arrivare a tanto, è una creatura qualificata di Dio e non c’è nulla che soddisfi meglio il desiderio del Creatore” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il successo o il fallimento dipendono dalla strada che l’uomo percorre”). Queste parole mi hanno ispirato. Era come se Dio, davanti a me, mi chiedesse: “Se ti portassi dietro la malattia a vita, con altri problemi finanziari, continueresti a fare il tuo dovere con devozione?” Sentivo che Dio, in quel momento, attendeva la mia risposta. Ho pensato a Pietro, che era un pescatore. A volte lavorava tutto il giorno senza prendere nulla, ma non si lamentava mai con Dio per ciò che gli mancava, perché non ricercava ricchezze materiali, ma tentava di conoscere e amare Dio. Alla fine, fu perfezionato da Dio. Io desideravo il conforto della carne, senza malattie, ma la soddisfazione fisica non mi avrebbe garantito la verità. Non avrei ottenuto l’approvazione di Dio. Non avrebbe avuto senso, no? Prendete i miscredenti. Vanno dietro al denaro e ai piaceri fisici e, pur avendo tutto ciò che vogliono, non hanno fede né verità, ma solo una vita vuota e dolorosa. Durante il grande disastro, essi vi soccomberanno, piangendo e digrignando i denti. Anche se mi mancavano alcune cose materiali nella vita, avevo Dio con me, e le Sue parole a guidarmi e sostenermi. Se fossi riuscita a capire la verità, vivendo una parvenza umana con la Sua approvazione, sarei stata più appagata che con qualsiasi somma di denaro. Così, ho rivolto in silenzio una preghiera a Dio: “Dio, che io guarisca o no, che trovi o meno una via d’uscita nella vita, sono disposta a obbedire al Tuo governo e alle Tue disposizioni. Basta compravendite con Te”. Dio, Ti prego, dammi la forza per testimoniarTi. Il mio cuore era pieno di luce e gioia dopo quella preghiera e riuscivo a sentire Dio vicinissimo.
Poi, ho letto un altro passo dalle Sue parole che mi ha dato un percorso di pratica. Dio Onnipotente dice: “Qualunque prova tu debba affrontare, devi considerarla un onere assegnatoti da Dio. Immaginiamo che alcuni siano colpiti da una grave malattia e da una sofferenza insopportabile, e alcuni siano perfino prossimi alla morte. Come devono affrontare una situazione del genere? In molti casi le prove sono oneri che Dio assegna agli esseri umani. Per quanto grande sia l’onere che Dio ti ha assegnato, questo è il peso che devi sopportare, poiché Dio ti capisce e sa che potrai sopportarlo. L’onere assegnatoti da Dio non eccederà la tua levatura o i limiti della tua resistenza, perciò senza dubbio potrai sopportarlo. Qualunque onere Dio ti assegni, qualunque prova, devi rammentare una cosa: che tu capisca o no la volontà di Dio e che dopo aver pregato tu riceva o no l’illuminazione e la rivelazione da parte dello Spirito Santo, e che questa prova sia per te una disciplina o un avvertimento da parte di Dio, non ha importanza se non capisci. Se non smetti di compiere il dovere che devi svolgere e sai attenerti fedelmente a tale dovere, Dio sarà compiaciuto e tu rimarrai saldo nella tua testimonianza. […] Nella tua fede in Dio e nella tua ricerca della verità, se sei in grado di dire: ‘Qualunque malattia o evento sgradevole Dio permetta che mi colpisca (qualunque cosa Egli faccia), io devo obbedire e rimanere al mio posto di essere creato. Prima di ogni altra cosa devo mettere in pratica questo aspetto della verità (l’obbedienza), attuarlo e vivere la realtà dell’obbedienza a Dio. Inoltre non devo accantonare ciò che Dio mi ha incaricato di fare e il dovere che devo svolgere. Perfino al mio ultimo respiro devo attenermi al mio dovere’. Non significa forse rendere testimonianza? Quando hai questa determinazione e questa condizione, sei ancora in grado di lamentarti di Dio? No” (“Il cammino deriva da una frequente riflessione sulla verità” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Riflettendoci sopra, sono riuscita a capire che la malattia e gli sfortunati eventi a casa erano cose a cui dovevo sottomettermi. Che la mia salute migliorasse o meno, o per quanto potesse peggiorare, dovevo continuare a fare il mio dovere e testimoniare per Dio.
In seguito, sono proseguiti i problemi di salute e a casa non cambiava niente, ma io non provavo risentimento. Nei momenti peggiori, se facevo fatica a respirare e il mal di testa diventava più intenso, io pregavo Dio: “Oh Dio, qualunque cosa mi accada, sono disposta a sottomettermi. Anche se fosse il mio ultimo respiro, farò il mio dovere e testimonierò per soddisfarTi”. Dopo aver pregato, sentivo un senso di forza dentro di me e il dolore si placava. Sorprendentemente, una volta imparata la lezione, dopo un po’ di tempo sono pian piano migliorata di salute e gli attacchi si sono fatti più rari. Anche mio marito, alla fine, ha trovato lavoro. Questa esperienza mi ha insegnato che Dio opera sempre per ripulirci e purificarci, che sia in linea con le nostre nozioni o no. La malattia ha significato sofferenza fisica ma ha avuto un beneficio sulla mia vita. Sono riuscita a correggere questa visione sbagliata nella mia ricerca. Rendo grazie per la salvezza di Dio!
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