Come considerare la gentilezza dei nostri genitori
Nel 2012, tutta la nostra famiglia ha accettato l’opera di Dio Onnipotente degli ultimi giorni. Dalle parole di Dio, ho capito cosa significa credere veramente in Dio e anche che ogni persona ha una missione in questo mondo. Nella vita, le persone devono perseguire la verità e svolgere i loro doveri di esseri creati. Così, ho lasciato il mio lavoro e sono entrata nella chiesa per fare il mio dovere.
All’epoca, uscivo a diffondere il Vangelo ogni giorno e tornavo a casa solo per vedere mio padre di tanto in tanto. Quando l’ho visto in cattive condizioni di salute, sapevo che la sua asma si stava riacutizzando. In passato gli bastava prendere dei farmaci o fare delle iniezioni. Pensavo che anche questa volta l’avrebbe superata senza problemi, ma non molto tempo dopo ho ricevuto la notizia della sua morte. Mio fratello mi ha detto al telefono: “Papà se n’è andato”. Queste poche parole mi hanno spezzato il cuore e non smettevo di piangere. Quando sono tornata a casa, mia zia mi ha rimproverata: “Hai studiato medicina. Sapevi che tuo padre aveva l’asma, quindi perché non gli hai fatto fare l’ossigenoterapia? Magari non sarebbe morto così presto”. A queste parole, avevo il cuore ancora più lacerato e colmo di senso di debito verso mio padre. Se avessi pensato a lui un po’ di più, davvero non sarebbe morto così presto? Mia zia mi ha preso la mano e mi ha detto: “Tra tutti i figli, sei tu quella per cui i tuoi genitori hanno pagato il prezzo più alto. Ora tuo padre non c’è più e tu non hai avuto la possibilità di essergli devota. In futuro, devi prenderti cura di tua madre in modo appropriato”. Ho annuito in silenzio, pensando a come i miei genitori mi avevano cresciuta, avevano provveduto alla mia istruzione e mi consideravano una fonte di orgoglio. E invece, prima che potessi fare qualcosa per loro, mio padre era morto. Dovevo assumermi la responsabilità di prendermi cura di mia madre; non potevo lasciarla soffrire. In seguito, anche se facevo il mio dovere ogni giorno, ogni volta che avevo del tempo libero pensavo: “Se non trovo un lavoro e non guadagno del denaro, in futuro mia madre come vivrà? Se non riesco a prendermi cura di lei e mi procuro un’ulteriore ragione per cui provare rimorso, me ne pentirò per tutta la vita”. Così ho iniziato a cercare lavoro ogni giorno dopo che finivo di svolgere il mio dovere.
Nel marzo del 2013, ho trovato un impiego; stavo andando al lavoro ma, proprio quando stavo per lasciare la casa della sorella che mi ospitava, mi sono sentita davvero triste. Un inno mi riecheggiava continuamente in testa: “Ero caduto nel peccato, ma nella luce mi sono rialzato. Nel ricevere la Tua esaltazione, mi sento così grato! Dio incarnato soffre. Da uomo corrotto, quanto più dovrei soffrire io! Se dovessi cedere ai poteri oscuri, come potrei vedere Dio? Quando le Tue parole ricordo, sento nostalgia di Te. Quando vedo il Tuo volto, mi riempio di rimorso e di stima per Te. Come potrei abbandonarTi, in cerca della cosiddetta libertà? […]” (Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi, “Aspettando la buona novella di Dio”). Canticchiando quest’inno, sono stata sopraffatta dalla tristezza, e quando sono arrivata al verso “Come potrei abbandonarTi, in cerca della cosiddetta libertà?” avevo ormai il viso coperto di lacrime. In passato, vivevo nel vuoto e nel dolore, senza una direzione nella vita o uno scopo per la mia esistenza. Dio ha scelto me in questo vasto mare di persone e mi ha donato la fortuna di ascoltare le Sue parole e di capire il significato della vita. Mi stava mostrando la Sua grazia. Io invece ho rinunciato al mio dovere così in fretta per trovare un lavoro e guadagnare soldi, e mi sentivo molto in debito con Dio. Piangendo, L’ho invocato: “Dio, sono troppo debole e non so ribellarmi a me stessa. Ti prego, impediscimi di percorrere questo cammino”. Proprio allora, da lontano, ho visto una tempesta di sabbia avanzare nella mia direzione. Ben presto mi ha avvolta. Non riuscivo a respirare né a vedere nulla. Ho sentito un rumore, come di un oggetto risucchiato in aria. In quel momento, avevo nella testa un solo pensiero: “Corri”. Ho immediatamente lasciato cadere la bicicletta elettrica e mi sono messa a correre. Avevo fatto solo pochi metri quando ho sentito un forte rumore dietro di me. Mi sono coperta gli occhi e non ho osato guardare. Potevo soltanto continuare a pregare nel mio cuore e chiedere a Dio di proteggermi. Dopo un po’, la tempesta di sabbia si è placata. Solo allora ho visto la mia bicicletta elettrica che giaceva poco distante e ho notato che un palo telefonico di cemento sul ciglio della strada era stato spezzato a metà da un tetto di acciaio colorato spinto dal vento. Il palo del telefono era stato scaraventato a più di dieci metri di distanza e aveva i cavi recisi. Se poco prima la mia mente non mi avesse detto di correre, avrei potuto morire schiacciata. In quel momento, una frase delle parole di Dio mi è risuonata in testa: “Addirittura vi ho mostrato le fiamme del cielo, ma non ho potuto sopportare di bruciarvi, […]” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Siete tutti così vili di carattere!”). Sapevo che Dio mi aveva protetta e che questo era il Suo modo di parlarmi e di mostrarmi la Sua intenzione. L’ho pregato in silenzio nel mio cuore: “Dio, non lavorerò più per guadagnare denaro; non Ti lascerò”. Ma il giorno dopo, appena sveglia, ho vacillato di nuovo. Guardando avanti, avevo ancora un lungo cammino da percorrere. Se non avessi trovato un lavoro, come avrebbe vissuto mia madre in futuro? I miei genitori mi avevano cresciuta e io avrei dovuto provvedere a loro da anziani. Ma rinunciare al mio dovere e trovare un lavoro per guadagnare soldi mi avrebbe resa molto triste. Sapevo che lavorare in ospedale era estremamente impegnativo; quindi, se fossi andata a lavorare lì, avrei avuto a malapena il tempo di partecipare alle riunioni. Poi sono andata a fare il mio dovere. Tuttavia, di tanto in tanto pensavo ancora a mia madre. Anche se sapevo che con lei c’erano i miei fratelli e non credevo avrebbe avuto difficoltà nella vita, spesso mi sentivo in colpa e in debito nei suoi confronti per non essere capace di occuparmi di lei.
In un batter d’occhio, sono trascorsi dieci anni. Una volta, in circostanze insolite, ho pensato all’immagine di mia madre che viveva da sola dopo la morte di mio padre. Avevo nel cuore un dolore difficile da controllare, come se tutto fosse accaduto il giorno prima. Mio padre se n’era andato da dieci anni, ma il senso di debito verso i miei genitori era ancora sepolto nel profondo del mio cuore. Volevo liberarmi completamente di quello stato, così mi sono presentata davanti a Dio per cercare il motivo per cui avevo sempre vissuto con quel sentimento di debito verso i miei genitori.
Ho letto alcune parole di Dio e acquisito un po’ di conoscenza del mio problema. Dio Onnipotente dice: “C’è un detto nel mondo dei non credenti: ‘I corvi ripagano le loro madri nutrendole, mentre gli agnelli si inginocchiano per suggere il latte dalle loro’. E ce n’è anche un altro: ‘Un figlio non devoto è peggio di una bestia’. Che detti altisonanti! In realtà, i fenomeni di cui parla il primo, ossia che i corvi ripagano le loro madri nutrendole, mentre gli agnelli si inginocchiano per suggere il latte dalle loro, esistono davvero, sono dati di fatto. Ma si tratta semplicemente di fenomeni appartenenti al mondo animale. Sono soltanto una sorta di legge che Dio ha stabilito per le varie creature viventi e alla quale si attengono tutti i tipi di creature viventi, compresi gli esseri umani. Che tutti gli esseri viventi seguano tale legge è un’ulteriore dimostrazione del fatto che tutti sono stati creati da Dio. Non vi è essere vivente in grado di infrangere o di trascendere questa legge. Anche i carnivori relativamente feroci, come i leoni e le tigri, nutrono la prole e non la mordono prima che abbia raggiunto l’età adulta. È un istinto animale. A qualunque specie appartengano, che sia una feroce oppure una docile e mansueta, tutti gli animali possiedono questo istinto. Tutti i tipi di creature, compresi gli esseri umani, possono continuare a moltiplicarsi e a sopravvivere solo seguendo questo istinto e questa legge. Se non si attenessero a questa legge o fossero sprovvisti di tale legge e tale istinto, non potrebbero moltiplicarsi e sopravvivere. Non esisterebbero né la catena biologica né questo mondo. Non è forse vero? (Sì.) Il fatto che i corvi ripagano le loro madri nutrendole, mentre gli agnelli si inginocchiano per suggere il latte dalle loro dimostra proprio che il mondo animale segue questo tipo di legge. Tutti gli esseri viventi hanno questo istinto. Dopo la nascita, la prole viene accudita e nutrita dalle femmine o dai maschi della specie fino all’età adulta. Tutti gli esseri viventi sono in grado di adempiere alle loro responsabilità e ai loro obblighi nei confronti della prole, e allevano coscienziosamente e diligentemente la generazione successiva. Ciò dovrebbe valere ancora di più per gli esseri umani. Gli esseri umani definiscono sé stessi come animali superiori: se non sono in grado di attenersi a questa legge e non possiedono questo istinto, allora gli esseri umani sono inferiori agli animali, non è così? Pertanto, a prescindere da quanto i tuoi genitori ti abbiano nutrito mentre ti allevavano e quanto abbiano adempiuto alle loro responsabilità nei tuoi confronti, stavano semplicemente facendo ciò che erano tenuti a fare nell’ambito delle capacità di esseri umani creati: era il loro istinto. […] Tutte le specie viventi e animali possiedono questi istinti e queste leggi e vi si attengono scrupolosamente, attuandoli alla perfezione. È qualcosa che nessuno può distruggere. Esistono anche animali particolari, come le tigri e i leoni. Raggiunta l’età adulta, questi animali abbandonano i genitori, e alcuni maschi diventano addirittura rivali, arrivando se necessario a mordersi, lottare e combattere. Questo è normale, è una legge. Non sono molto affettuosi e non vivono seguendo i sentimenti come le persone; non dicono: ‘Devo ripagare l’amorevolezza dei miei genitori, devo ricambiarli, devo obbedire loro. Se non mostro pietà filiale nei loro confronti, gli altri mi condanneranno, mi rimprovereranno e mi criticheranno alle spalle. Non potrei sopportarlo!’ Gli animali non dicono queste cose. Perché le persone le dicono? Perché nella società e all’interno dei gruppi di individui sono diffuse diverse idee e opinioni sbagliate. Dopo che le persone sono state influenzate, corrose e imputridite da queste cose, sviluppano diversi modi di interpretare e gestire il rapporto genitori-figli, e alla fine trattano i genitori come creditori, creditori che per tutta la vita non riusciranno mai a ripagare. Vi sono addirittura persone che, dopo la morte dei genitori, si sentono in colpa per una vita intera e si ritengono indegne dell’amorevolezza da loro ricevuta per via di una singola azione che esse hanno compiuto e per cui i genitori hanno dimostrato malcontento o disapprovazione. DimMi, non è eccessivo? Gli individui vivono secondo i loro sentimenti, quindi non possono che essere invasi e disturbati da varie idee da essi derivate” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Come perseguire la verità (17)”). “In ogni caso, allevandoti, i tuoi genitori stanno adempiendo a una responsabilità e a un obbligo. Condurti all’età adulta è un loro obbligo e una loro responsabilità, e non può definirsi amorevolezza. Se non può definirsi amorevolezza, allora non è qualcosa di cui ti spetta godere? (Sì.) È una sorta di diritto di cui dovresti godere. Dovresti essere allevato dai tuoi genitori perché, prima di raggiungere l’età adulta, il ruolo che svolgi è quello di un figlio che viene educato. Pertanto, i tuoi genitori stanno solo adempiendo a una sorta di responsabilità nei tuoi confronti, e tu la stai semplicemente ricevendo, ma ciò che stai ricevendo da loro non sono certo grazia e amorevolezza. Per qualsiasi creatura vivente, mettere al mondo dei figli e prendersi cura di loro, riprodursi e allevare la generazione successiva è una sorta di responsabilità. Per esempio, gli uccelli, le mucche, le pecore e persino le tigri devono prendersi cura della prole dopo averla messa al mondo. Non esistono esseri viventi che non allevino la propria prole. Potranno esserci delle eccezioni, ma non sono molte. È un fenomeno naturale nell’esistenza delle creature viventi, un loro istinto, e non può essere attribuito all’amorevolezza. Stanno solo rispettando una legge che il Creatore ha stabilito per gli animali e per l’umanità. Pertanto, il fatto che i tuoi genitori ti abbiano allevato non può essere classificato come amorevolezza. Alla luce di ciò, si può affermare che i tuoi genitori non sono tuoi creditori. Stanno adempiendo alle loro responsabilità nei tuoi confronti. A prescindere da quanto impegno e da quanto denaro investano per te, non dovrebbero chiederti di ricompensarli, poiché questa è la loro responsabilità di genitori. Dal momento che si tratta di una responsabilità e di un obbligo, dovrebbe essere gratuito e non prevedere nulla in cambio. Allevandoti, i tuoi genitori stavano semplicemente adempiendo alle loro responsabilità e ai loro obblighi, e questo non dovrebbe essere retribuito né costituire una transazione. Quindi non devi approcciarti ai tuoi genitori né gestire il tuo rapporto con loro sulla base dell’idea di ricompensarli. È disumano trattare e ripagare i tuoi genitori e gestire il rapporto che hai con loro sulla base di quest’idea. Allo stesso tempo, sarai incline a essere limitato e vincolato dai tuoi sentimenti carnali e avrai difficoltà a districartene, al punto che potresti persino smarrirti” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Come perseguire la verità (17)”). Dalle parole di Dio, ho capito che crescere i figli da parte dei genitori non è affatto una forma di gentilezza. È una legge e un istinto che Dio ha decretato per tutti gli esseri viventi. Qualsiasi tipo di animale, mansueto o feroce che sia, fa tutto il possibile per crescere la prole in base alle condizioni ambientali. È una sua responsabilità e un suo obbligo, oltre che un istinto datogli da Dio. Solo attenendosi a questo istinto e a questa legge, gli esseri viventi possono continuare a moltiplicarsi e a sopravvivere. Anche gli esseri umani sono così. È responsabilità e obbligo dei genitori crescere i figli, ed è qualcosa di innato che Dio ha donato loro, qualcosa che gli esseri umani fanno istintivamente. Fin dalla nostra nascita, i miei genitori hanno cresciuto me e i miei fratelli. A mio fratello minore piaceva imparare i mestieri, così mia madre lo ha fatto studiare per diventare cuoco. A me invece piaceva lo studio e avevo sempre buoni voti. I miei genitori mi aiutavano a coltivare la mia passione per lo studio, e quindi hanno speso molte energie e molto denaro per me. Mia madre dichiarava che avrebbero sostenuto chiunque di noi avesse voluto studiare. Si trattava del normale adempimento da parte sua della responsabilità di crescere i figli, e non può essere visto come una transazione. I miei genitori hanno sempre sostenuto la mia fede in Dio e il mio svolgimento del dovere. Anche se mio padre era morto, mia madre non mi aveva chiesto di prendermi cura di lei. Sperava solo che fossi capace di credere in Dio e di fare il mio dovere con tutto il cuore. Ma io per tutto il tempo ho lasciato che la cultura tradizionale influenzasse il modo in cui vedevo il rapporto con i miei genitori. Idee come “La devozione filiale è una virtù da considerare superiore a ogni altra”, “I figli sperano di provvedere ai genitori quando saranno vecchi, ma il tempo non aspetta, proprio come un albero desidera la calma ma il vento non si placa”, “I corvi ripagano le loro madri nutrendole, mentre gli agnelli si inginocchiano per suggere il latte dalle loro” e “Un figlio non devoto è peggio di una bestia” erano state inculcate in me fin da piccola, e credevo che l’amore dei miei genitori fosse il più grande del mondo. Solo se fossi stata devota nei loro confronti e li avessi ripagati materialmente e spiritualmente, sarei stata una figlia devota e una brava persona. L’improvvisa scomparsa di mio padre mi ha fatto capire ancora meglio la colpa irreparabile espressa nella frase “I figli sperano di provvedere ai genitori, ma il tempo non aspetta”. Così, dopo la morte di mio padre, volevo trovare un lavoro e guadagnare denaro, provvedere a mia madre e dimostrarle la mia devozione filiale. Anche se ero pienamente consapevole che non potevo abbandonare il mio dovere e tradire Dio, non ero comunque in grado di liberarmi da queste idee che mi vincolavano. Se Dio non avesse usato quella tempesta di sabbia per ammonirmi, forse allora avrei già abbandonato il mio dovere ed evitato Lui. Queste idee della cultura tradizionale sembrano piuttosto nobili, ma in essenza sono di fatto catene invisibili che Satana avvolge intorno alle persone. Queste idee hanno distorto i rapporti tra genitori e figli. Hanno portato le persone a considerare la responsabilità genitoriale di crescere i figli come una gentilezzza che va ripagata. Se non si è in grado di ripagare i genitori o non sussistono le condizioni per farlo, si penserà di essere poco devoti e di non avere coscienza, e si passerà la vita intera a sentirsi in debito e a rimproverare sé stessi. Satana usa queste idee tradizionali per avvelenare e vincolare le persone, per indurle a fuggire e tradire Dio, raggiungendo così il suo obiettivo di danneggiare le persone. Attraverso la rivelazione da parte di Dio del rapporto tra genitori e figli, mi sono gradualmente chiarita le idee. Il fatto che i miei genitori si siano spesi per me non è un peso che devo portare sulle spalle. Non dovrei guardare al rapporto con i miei genitori sulla base della cultura tradizionale satanica e trattare il loro amore e la loro cura per me come una gentilezza da ripagare. Questo non è in linea con la verità. Quando me ne sono resa conto, il mio cuore si è alleggerito e liberato di molto.
In seguito, ho letto altre parole di Dio: “Il rapporto con i genitori è il più difficile da gestire emotivamente, ma in realtà non è del tutto ingestibile. Solo sulla base della comprensione della verità si può trattare la questione in modo corretto e razionale. Non partire dalla prospettiva dei sentimenti, né dagli intendimenti o dalle prospettive dei membri del mondo secolare. Tratta invece i tuoi genitori in maniera appropriata, in base alle parole di Dio. Che ruolo svolgono di fatto i genitori, che significato hanno i figli per i genitori, che atteggiamento dovrebbero avere i figli nei confronti dei genitori e in che modo andrebbe gestito e risolto il rapporto tra genitori e figli? Le persone non dovrebbero valutare queste cose in base ai sentimenti, né lasciarsi influenzare da idee sbagliate o dal sentire comune; queste cose andrebbero approcciate correttamente sulla base delle parole di Dio. Se non adempi a nessuna delle tue responsabilità nei confronti dei tuoi genitori nell’ambiente stabilito da Dio, o se non svolgi alcun ruolo nella loro vita, il tuo è un comportamento poco filiale? Ti rimorderà la coscienza? I tuoi vicini, i tuoi compagni di classe e i tuoi parenti ti biasimeranno e ti criticheranno alle spalle. Ti definiranno un figlio non devoto, dicendoti: ‘I tuoi genitori si sono sacrificati così tanto per te, hanno profuso così tanti scrupolosi sforzi per te e hanno fatto così tanto per te fin da quando eri piccolo, e tu, da figlio ingrato quale sei, sparisci senza lasciare traccia, non facendo neppure sapere loro che stai bene. Non solo non torni per capodanno, ma non fai nemmeno una telefonata né mandi loro un biglietto’. Ogni volta che senti queste parole, provi feroci rimorsi di coscienza e ti senti in colpa. ‘Oh, hanno ragione’. Ti si arrossa il viso e il cuore ti trema come se fosse trafitto da aghi. Hai mai provato sensazioni di questo tipo? (Sì, in passato.) I tuoi vicini e i tuoi parenti hanno ragione a dire che non sei filiale? (No. Non è vero che non lo sono.) Spiega il tuo ragionamento. […] Innanzitutto, la maggior parte delle persone sceglie di andarsene di casa per svolgere i propri doveri in parte a causa di circostanze oggettive generali, che rendono loro necessario lasciare i genitori; non possono rimanere accanto a loro per prendersene cura e stare al loro fianco. Non è che scelgano volontariamente di lasciarli: questa è la ragione oggettiva. Sotto un altro aspetto, dal punto di vista soggettivo, hai lasciato casa per svolgere i tuoi doveri non perché volessi lasciare i tuoi genitori ed eludere le tue responsabilità, ma per via della chiamata che hai ricevuto da Dio. Per collaborare all’opera di Dio, accettare la Sua chiamata e svolgere i doveri di un essere creato, non avevi altra scelta che lasciare i tuoi genitori; non potevi rimanere accanto a loro per stare al loro fianco e prenderti cura di loro. Non li hai lasciati per eludere le responsabilità, giusto? Lasciarli per eludere le tue responsabilità non ha forse una natura diversa dal doverli lasciare per rispondere alla chiamata di Dio e svolgere i tuoi doveri? (Sì.) Nel tuo cuore, nutri legami emotivi e pensieri verso i tuoi genitori; i tuoi sentimenti non sono vuoti. Se le circostanze oggettive lo permettessero e tu avessi la possibilità di stare al loro fianco mentre svolgi i tuoi doveri, allora saresti disposto a farlo, a prenderti regolarmente cura di loro e adempiere alle tue responsabilità. Ma a causa di circostanze oggettive devi lasciarli, non puoi restare accanto a loro. Non è che non vuoi adempiere alle tue responsabilità di figlio, è che non puoi. Non sono due cose di natura diversa? (Sì.) Se te ne sei andato di casa per evitare di essere un figlio devoto e di adempiere alle tue responsabilità, questo è poco filiale e denota mancanza di umanità. I tuoi genitori ti hanno allevato, ma tu non vedi l’ora di dispiegare le ali e andartene al più presto per la tua strada. Non vuoi vedere i tuoi genitori e neppure presti attenzione quando vieni a sapere di qualche difficoltà che hanno affrontato. Anche se disponi dei mezzi per aiutarli, non lo fai; ti limiti a fingere di non sentire e lasci che gli altri dicano di te quello che vogliono: semplicemente non vuoi adempiere alle tue responsabilità. Questo è essere poco filiale. Ma è questo il caso di cui stiamo parlando? (No.) Molti hanno lasciato le loro contee, le loro città, le loro province o addirittura i loro Paesi per svolgere i loro doveri; sono ormai lontani dalle loro città di origine. Inoltre, per vari motivi, non è conveniente per loro rimanere in contatto con le famiglie. Di tanto in tanto si informano sulla situazione attuale dei loro genitori da persone che provengono dalla stessa città natale e si sentono sollevati quando sentono che sono ancora in salute e se la cavano bene. In realtà, non sei poco filiale; non sei giunto al punto di essere privo di umanità, di non volere nemmeno prenderti cura dei tuoi genitori o adempiere alle tue responsabilità nei loro confronti. Devi compiere questa scelta per varie ragioni oggettive, quindi non sei un figlio poco devoto” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Come perseguire la verità (16)”). Dalle parole di Dio, ho capito che in quegli anni avevo sempre vissuto con un sentimento di debito verso i miei genitori perché ero stata influenzata e avvelenata dalla cultura tradizionale. Pensavo di non essere stata all’altezza dei detti “I corvi ripagano le loro madri nutrendole” e “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine”. Credevo di essere una figlia poco devota. Mi rimordeva la coscienza e non riuscivo a trattenere le lacrime. Dalle parole di Dio, ho finalmente capito che non si dovrebbe giudicare la coscienza e l’umanità di una persona in base al suo comportamento esteriore, bensì all’essenza delle sue azioni. Proprio come in quegli anni: ero preoccupata per mia madre e volevo dimostrarle devozione filiale solamente perché credere in Dio e fare il mio dovere significava non poter essere spesso accanto a lei. Inoltre, le ricerche e le persecuzioni da parte del Partito Comunista significavano che dovevo andarmene di casa e che non avrei avuto la possibilità di essere devota verso i miei genitori. Non è che non volessi essere devota o che volessi sottrarmi alle mie responsabilità. Il problema era diverso, in essenza, dall’essere in condizione di essere devota ma non farlo, quindi non dovevo confondere le due cose. Dovevo valutare me stessa correttamente sulla base delle parole di Dio; solo così avrei potuto liberarmi dell’inganno e del danno di Satana.
Dopo di che, ho letto altre parole di Dio e ho capito con più chiarezza come considerare correttamente il rapporto con i miei genitori. Dio Onnipotente dice: “Quando hai a che fare con i tuoi genitori, il fatto che tu adempia ai tuoi obblighi filiali di prenderti cura di loro deve essere interamente basato sulle tue condizioni personali e sulle orchestrazioni di Dio. Questo non spiega perfettamente la questione? Taluni, quando lasciano i genitori, sentono di dover loro molto e che non stanno facendo nulla per aiutarli. Ma poi, quando vivono insieme, non mostrano alcuna devozione verso i genitori e non adempiono a nessuno dei loro obblighi. Si tratta di persone davvero devote? Questo è pronunciare parole vuote. Non importa cosa tu faccia, cosa pensi o cosa progetti: quelle non sono cose importanti. Ciò che conta è se sei in grado di capire e credere veramente che tutti gli esseri creati sono nelle mani di Dio. Alcuni genitori hanno la fortuna e il destino di poter godere della felicità domestica e di una famiglia numerosa e prospera. Questa è la sovranità di Dio e una benedizione che Egli concede loro. Altri genitori non hanno questo destino; Dio non lo ha disposto per loro. Non hanno la benedizione di godere di una famiglia felice o della presenza dei figli al loro fianco. Questa è l’orchestrazione di Dio e non può essere forzata. A prescindere da tutto, in definitiva, quando si tratta di pietà filiale, bisogna avere come minimo un atteggiamento mentale di sottomissione. Se l’ambiente lo permette e hai i mezzi per farlo, allora puoi mostrare pietà filiale ai tuoi genitori. Se l’ambiente non lo permette e non ne hai i mezzi, allora non cercare di forzarla: come si chiama questa? (Sottomissione.) Si chiama sottomissione. Come nasce questa sottomissione? Su cosa si basa? Si basa sul fatto che tutte queste cose sono disposte e governate da Dio. Per quanto lo possano desiderare, le persone non possono scegliere, né hanno il diritto di farlo, e dovrebbero sottomettersi. Quando percepisci che bisognerebbe sottomettersi e che tutto è orchestrato da Dio, in cuor tuo non ti senti più tranquillo? (Sì.) A quel punto la tua coscienza si sentirà ancora rimproverata? Non si sentirà più costantemente rimproverata e l’idea di non aver mostrato devozione verso i tuoi genitori non ti dominerà più. Ogni tanto potresti ancora pensarci, poiché si tratta di pensieri o istinti normali nell’umanità, che nessuno può evitare” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Cos’è la verità realtà?”). “Al cospetto del Creatore, tu sei un essere creato. Ciò che dovresti fare in questa vita non è semplicemente adempiere alle tue responsabilità nei confronti dei tuoi genitori, ma anche adempiere alle tue responsabilità e ai tuoi doveri di essere creato. Puoi adempiere alle tue responsabilità nei confronti dei tuoi genitori solo in base alle parole di Dio e alle verità principi, e non facendo qualcosa per loro in base ai tuoi bisogni emotivi o alle esigenze della tua coscienza” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Come perseguire la verità (16)”). Dalle parole di Dio, ho capito che quando si tratta del rapporto tra genitori e figli, all’interno dell’ambiente decretato da Dio, entrambe le parti dovrebbero adempiere alle proprie responsabilità in base alle proprie capacità e condizioni. Quanto al destino dell’uomo, Dio ha già stabilito quanto ognuno soffrirà e di quante benedizioni godrà durante la vita. I genitori non possono decidere quale cammino seguiranno i figli in futuro, e i figli non possono cambiare il destino dei genitori con il duro lavoro. Alcune persone godono di una certa benedizione, mentre altre no. Niente di tutto questo può essere cambiato dalla forza di volontà e dall’affetto umani. Analogamente, i miei genitori mi hanno permesso di studiare medicina ma, nonostante abbiano speso molti soldi, alla fine non ho lavorato in quel settore. Allo stesso modo, volevo essere devota nei loro confronti, ma mio padre è morto troppo presto; allora volevo essere devota nei confronti di mia madre, ma non sono mai riuscita a starle accanto. In passato, temevo che lei stesse soffrendo e volevo sempre darmi da fare per aiutarla a essere più felice nell’ultima parte della sua vita. Per dirla senza mezzi termini, volevo consumare tutte le mie forze per cambiare il destino di mia madre e creare la sua felicità. Il fatto è che io non possiedo il controllo nemmeno del mio destino, o di ciò che faccio in questa vita, o della possibilità di essere felice o meno. Come avrei potuto cambiare il destino di mia madre? Ho capito quanto ero sciocca e arrogante. Ho imparato che, quando si trattava di mia madre, dovevo solamente prendere le cose come venivano e adempiere alle mie responsabilità in base alle mie condizioni. Se vivevamo insieme e c’erano le condizioni per prendermi cura di lei, allora potevo esserle devota al meglio delle mie capacità. Se non potevo starle accanto, non dovevo sentirmi in debito per questo. Poiché sono un essere creato, devo solo fare bene il mio dovere nell’ambiente che Dio ha disposto per me. Questa è la cosa più importante.
Non molto tempo fa, mia madre mi ha scritto una lettera in cui mi diceva che la più grande felicità della sua vita era di essere stata scelta da Dio e aver udito la Sua voce, e che il suo più grande desiderio era quello di poter svolgere bene il suo dovere ed essere degna della salvezza di Dio. Mi ha anche detto di fare il mio dovere al meglio. Dopo aver letto la sua lettera, ho pianto. Ciò che avevo creduto sull’essere devota nei confronti di mia madre e sul concederle una vita materiale di qualità superiore non l’avrebbe necessariamente resa felice. In effetti, quando si trattava di cose materiali, mia madre non aveva esigenze così elevate. Voleva solo che seguissi appropriatamente Dio, perseguissi la verità e facessi bene il mio dovere: in realtà era questo il suo più grande desiderio. In passato, pensavo di dovermi assumere la responsabilità di essere devota verso mia madre, dato che lei e mio padre avevano pagato per me un prezzo più elevato rispetto ai miei fratelli, ma le cose sono sempre andate diversamente da come avrei voluto. In seguito ho considerato che, anche se non potevo stare accanto a mia madre, mio fratello maggiore era piuttosto devoto e spesso si occupava di lei. Tuttavia, è risultato che non era in grado di stare accanto a mia madre. Mio fratello minore di solito non è bravo a risparmiare denaro, e io ho sempre pensato che se avesse avuto semplicemente di che vivere sarebbe stato benissimo. Ora è lui a provvedere a mia madre. Dio detiene davvero la sovranità sulle cose e le dispone in modi che le persone non potrebbero mai immaginare o prevedere, ma è proprio Dio che detiene la sovranità sul destino di ogni persona e lo dispone, e il destino è qualcosa che nessuno può scegliere o cambiare. Ora non sono più triste per tutte le circostanze apparentemente infelici che mia madre ha sperimentato e non mi preoccupo più per il suo futuro. So che il destino di tutti noi è nelle mani di Dio e che ogni persona, me compresa, sperimenterà circostanze sia positive che di infelicità. È una cosa che nessuno può evitare o cambiare. Tutto ciò che posso fare è mettere mia madre nelle mani di Dio e chiederGli di guidarci a perseguire la verità nelle circostanze che Egli ha disposto per noi e a svolgere bene ogni nostro dovere e a ripagare il Suo amore. Lode a Dio!
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