Una lezione appresa sull’obbedienza
Un giorno di settembre dell’anno scorso, il mio leader mi ha assegnato la supervisione di una chiesa appena fondata, mentre fratello Enrico si sarebbe occupato della supervisione della mia chiesa attuale. Quando il leader me l’ha detto, ero davvero riluttante ad accettare l’incarico. Ho considerato che in quella nuova chiesa avevano problemi di ogni tipo e i loro progetti non andavano affatto bene, erano a corto di leader e lavoratori e c’era molto lavoro che non sapevano svolgere, quindi avrei dovuto insegnarglielo o farlo io stessa. Ho pensato che supervisionare quella chiesa sarebbe stato davvero difficile. Non solo avrebbe richiesto molta sofferenza e sacrificio, ma non c’era neanche alcuna garanzia di successo. Non era affatto come la mia chiesa attuale, che otteneva buoni risultati nell’evangelizzazione e aveva dei neofiti capaci di lavorare in modo indipendente e di condividere il fardello di una parte del mio lavoro, motivo per cui non dovevo affannarmi più di tanto. Più riflettevo, meno volevo occuparmi di quella chiesa. Così ho risposto al leader: “Enrico ha iniziato da poco e non è pronto ad affrontare questo lavoro da solo. Se me ne vado ora, potrebbe non essere in grado di gestire tutta la situazione qui e il lavoro della chiesa potrebbe risentirne. Quindi, posso restare qui?” Ha replicato che Enrico era molto solido nel suo dovere e poteva essere coltivato. Dopo attenta riflessione, il leader aveva concluso che sarebbe stato meglio che io andassi. Alle sue parole, ho capito che aveva già preso la sua decisione e che dovevo accettarla e basta. Ma in seguito, ogni volta che pensavo alla nuova chiesa, mi sentivo preoccupata e agitata. Sapevo di essere in un cattivo stato e di voler scaricare ad altri il mio dovere, così ho pregato Dio, chiedendoGli di guidarmi a sottomettermi e a sperimentare quella situazione.
In seguito, mi sono imbattuta in questo passo delle Sue parole: “Quando compiono un dovere, le persone scelgono sempre quello che comporti un lavoro leggero, che non le stancherà, che non implicherà sfidare gli elementi all’aperto. Questo si chiama scegliere gli incarichi facili ed evitare quelli difficili, ed è una manifestazione di brama per le comodità materiali. E cos’altro? (Lamentarsi di continuo quando il loro dovere è un po’ impegnativo, un po’ faticoso, quando comporta pagare un prezzo.) (Preoccuparsi per il cibo e i vestiti, e per le debolezze della carne.) Queste sono tutte manifestazioni di brama per le comodità materiali. Quando una persona di questo tipo vede che un compito è troppo faticoso o rischioso, lo scarica su qualcun altro; dal canto suo, si limita a svolgere il lavoro piacevole e si giustifica per non poter eseguire l’altro, dicendo di possedere scarsa levatura e di non avere le capacità necessarie, che è troppo per lei, mentre in realtà la ragione è che brama le comodità materiali. […] Capita inoltre che le persone si lamentino di continuo mentre compiono il loro dovere, che non vogliano minimamente impegnarsi, e che, non appena hanno un po’ di tempo libero, si riposino, chiacchierino e si concedano piaceri e svaghi. E quando il lavoro riprende, rompendo il ritmo e la routine della loro vita, ne sono infelici e scontente. Brontolano e si lamentano, e diventano negligenti e superficiali nel compiere il loro dovere. Questo è bramare le comodità materiali, vero? […] Per quanto impegno sia richiesto nel lavoro della chiesa o nei loro doveri, non permettono mai che la routine e la condizione normale della loro vita vengano intralciate. Non trascurano mai i piccoli dettagli della vita della carne e li controllano perfettamente, con severità e serietà estreme. Ma quando si occupano del lavoro della casa di Dio, per quanto importante sia la questione e anche se potrebbe coinvolgere la sicurezza dei fratelli e delle sorelle, la gestiscono con negligenza. Non si preoccupano nemmeno delle cose che riguardano l’incarico di Dio o il dovere che devono compiere. Non si assumono alcuna responsabilità. Questo è bramare le comodità materiali, vero? Le persone che bramano le comodità materiali sono adatte a compiere un dovere? Se menzionate l’adempimento del dovere, e parlate di pagare un prezzo e di sopportare le difficoltà, loro non faranno che scuotere la testa: troveranno infiniti problemi, saranno piene di lamentele e negative su tutto. Queste persone sono inutili, non hanno i requisiti per compiere il loro dovere e dovrebbero essere cacciate” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). Questo passo analizza come coloro che bramano le comodità non siano sinceri nei loro doveri. Scelgono sempre lavori leggeri e sono schizzinosi. Optano sempre per doveri facili che non comportano molte responsabilità, mentre trovano innumerevoli ragioni per rifiutare e scaricare ad altri quelli che richiedono sofferenza e sacrificio. Dio dice che queste persone non sono degne di svolgere dei doveri e le trova disgustose. Riflettere sulle parole di Dio mi ha fatta sentire davvero in colpa. Dio aveva rivelato il mio esatto stato. Quando il leader mi ha assegnato la supervisione della nuova chiesa, ero estremamente riluttante, sapendo che il lavoro lì era appena stato avviato, i risultati non erano ottimi e c’era carenza di leader e lavoratori. Se volevo che il lavoro fosse svolto bene, avrei dovuto soffrire e impegnarmi molto. Mentre nella mia attuale chiesa non solo ottenevamo buoni risultati nel lavoro del Vangelo, ma eravamo anche ben forniti di leader e lavoratori, e quindi assegnare il lavoro era un compito facile. Confrontando le due chiese, avrei preferito di gran lunga rimanere dov’ero e non supervisionare quella nuova. Quando il leader ha condiviso con me, ho addirittura accampato una scusa per declinare l’incarico, dicendo che Enrico aveva levatura media e non era in grado di gestire da subito il lavoro da solo, e che se me ne fossi andata il lavoro della chiesa ne avrebbe risentito. Esteriormente, sembravo farmi carico di un grande fardello e prendermi cura della chiesa in tutto quello che dicevo. Ma in realtà stavo inventando delle scuse per evitare di supervisionare la nuova chiesa. Stavo assecondando le comodità carnali e non ero disposta a soffrire e a sacrificarmi. Consideravo solo la mia carne e sceglievo tutto ciò che era più facile e più agevole. Ero schizzinosa ed esigente riguardo ai miei doveri, infida e sleale verso Dio, e non ero disposta ad assumermi alcun fardello. Ero viscida e subdola come una miscredente. La chiesa mi aveva coltivata per anni, ma ora che una nuova chiesa era in difficoltà e aveva bisogno del mio aiuto, se avessi assecondato la mia carne e rifiutato di fare ciò che serviva, il lavoro di quella chiesa ne avrebbe risentito, i nuovi arrivati non sarebbero stati coltivati e l’evangelizzazione avrebbe subìto ulteriori ritardi. Enrico poteva anche non avere la levatura e il rendimento lavorativo migliori e non essere capace di assumersi da subito tutto il lavoro da solo, ma la mia chiesa originaria era più stabile ed Enrico la conosceva bene. Se avessi collaborato con lui quando era necessario, il lavoro della chiesa non ne avrebbe risentito più di tanto. Nel complesso, il mio leader aveva preso la decisione giusta assegnandomi alla nuova chiesa. Continuando ad assecondare la carne e non proteggendo il lavoro della chiesa, disgustavo Dio e non ero degna della Sua fiducia. Resamene conto, ho pregato Dio in silenzio: “Amato Dio, sono pronta a sottomettermi a questo ambiente. Il mio leader mi ha incaricata di supervisionare questa nuova chiesa e sono disposta a collaborare e a mettere tutta me stessa in questo dovere. Non posso più vivere in uno stato così egoista e spregevole”.
In seguito, mi sono imbattuta in un altro passo delle parole di Dio. “Tutto ciò che Dio chiede alle persone di fare e tutti i vari tipi di lavoro all’interno della casa di Dio hanno bisogno di persone che li eseguano, e sono tutti annoverati tra i doveri delle persone. Qualunque lavoro le persone eseguano, è il dovere che spetta loro di svolgere. I doveri coprono un ambito molto ampio e coinvolgono molte aree ma, a prescindere da quale dovere tu svolga, in parole povere si tratta del tuo obbligo, è qualcosa che dovresti fare. Purché tu ti sforzi di farlo bene, Dio ti loderà e ti riconoscerà come qualcuno che crede veramente in Dio. Chiunque tu sia, se cerchi sempre di evitare o eludere il tuo dovere, allora c’è un problema: a dir poco, sei troppo indolente, troppo falso, sei ozioso, ami il tempo libero e disprezzi il lavoro; per dirla più seriamente, non sei disposto a svolgere il tuo dovere, non sei leale, non obbedisci. Se non riesci a compiere uno sforzo nemmeno per questo compito minore, che cosa sai fare? Che cosa sei capace di fare adeguatamente? Se una persona è veramente devota e ha senso di responsabilità verso il proprio dovere, farà tutto ciò che le viene chiesto, senza operare selezioni, se è prescritto da Dio ed è necessario alla casa di Dio. Intraprendere e portare a termine tutto ciò che si può e si deve fare non è forse uno dei principi a cui attenersi nel compiere il proprio dovere? (Sì.)” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 10 – Parte quarta”). Grazie alle parole di Dio, ho capito che qualunque dovere la chiesa mi assegnasse, per facile o difficile che fosse, era una mia responsabilità e dovevo accettarlo. Dovevo fare del mio meglio per assumerlo e lavorare sodo per ottenere dei risultati. Questa era la coscienza e la ragione che dovevo avere. Il mio leader mi aveva assegnato la supervisione della nuova chiesa, e anche se lì il lavoro manifestava alcuni problemi, non potevo assecondare la mia carne ed essere sempre schizzinosa. Dovevo semplicemente affidarmi a Dio per eseguire gli incarichi, far ingranare il lavoro della chiesa e svolgere il mio dovere. Questo era ciò che dovevo fare. Dopo di che, ho iniziato a esaminare il personale della chiesa e la situazione lavorativa attuale, ho fatto comunione sui princìpi e ho iniziato a formare i fratelli. In seguito, ho scoperto che l’evangelizzazione arrancava perché gli addetti all’irrigazione battevano la fiacca nel seguire il lavoro. Non condividevano e non eliminavano le nozioni religiose di coloro che indagavano sull’opera di Dio degli ultimi giorni e non completavano alcuni aspetti del loro lavoro. Così ho riepilogato le loro deviazioni e sviste e ho fatto comunione al riguardo, assistendo, potando e trattando coloro che ne avevano bisogno finché tutti i loro problemi non sono stati risolti. Gradualmente, i fratelli e le sorelle hanno cominciato a migliorare nei loro doveri e il lavoro della chiesa ha iniziato a ingranare. Mi sono sentita davvero sicura e a mio agio nel lavorare in quel modo. Pensavo, dopo tutta quell’esperienza, di avere ormai ottenuto una certa trasformazione, ma di lì a breve è successo qualcos’altro che mi ha messa di nuovo a nudo.
Verso la fine di settembre, il mio leader mi ha comunicato che aveva intenzione di assegnarmi la supervisione di un’altra nuova chiesa. Ho quasi perso le staffe quando me l’ha detto: “Quella chiesa sarà ancora più difficile da supervisionare di quella attuale. Non solo lì sono a corto di leader e lavoratori, ma sono quasi tutti nuovi nei loro ruoli. Occorrerà molta sofferenza e un grande sforzo mentale far funzionare bene quella chiesa”. Non volevo proprio accettare l’incarico. Non ho potuto fare a meno di dire al mio leader: “Perché devo sempre supervisionare io queste nuove chiese? La chiesa che sto supervisionando ora sta appena iniziando a migliorare. Non puoi assegnare a qualche altro fratello o sorella la supervisione dell’altra?” Appena l’ho detto, mi sono resa conto che stavo di nuovo cercando di passare il mio dovere ad altri. Stavo ancora assecondando la mia carne e non volevo fare sacrifici. Mi sono detta: “È per volontà di Dio che mi trovo in questa situazione; quindi, anche se non comprendo, devo per prima cosa sottomettermi”. Dopo quella telefonata mi sentivo malissimo. Perché, ogni volta che venivo riassegnata, pensavo sempre e solo a come vivere in modo più comodo, invece di considerare la volontà di Dio e sottomettermi alle Sue orchestrazioni e disposizioni? Più riflettevo, più mi sentivo male. Così ho pregato Dio, chiedendoGli di illuminarmi e di guidarmi a riflettere e a conoscere me stessa.
In seguito, ho letto due passi delle parole di Dio che mi hanno profondamente colpita. Dio Onnipotente dice: “Finché le persone non hanno sperimentato l’opera di Dio e compreso la verità, è la natura di Satana che prende il sopravvento e domina dentro di loro. Quali elementi specifici fanno parte di quella natura? Ad esempio, perché sei egoista? Perché proteggi la tua posizione? Perché hai emozioni così forti? Perché trai piacere da cose inique? Perché ti piacciono quei mali? Su cosa si basa il tuo debole per simili cose? Da dove vengono tali cose? Perché sei così felice di accettarle? Ormai siete arrivati tutti a comprendere che la ragione principale dietro a tutte queste cose è che il veleno di Satana è nell’uomo. Dunque cos’è il veleno di Satana? Come lo si può esprimere? Per esempio, se chiedi ‘Come si dovrebbe vivere? Per cosa si dovrebbe vivere?’, le persone risponderanno: ‘Ognuno per sé e che gli altri si arrangino’. Questa singola frase esprime la radice vera e propria del problema. La filosofia e la logica di Satana sono diventate la vita delle persone. Qualsiasi cosa perseguano, lo fanno per se stesse, e dunque vivono solo per se stesse. ‘Ognuno per sé e che gli altri si arrangino’ – questa è la filosofia di vita dell’uomo, e rappresenta anche la natura umana. Queste parole sono già diventate la natura dell’umanità corrotta, il vero ritratto della natura satanica dell’umanità corrotta, e questa natura satanica è già diventata la base dell’esistenza dell’umanità corrotta; per diverse migliaia di anni, l’umanità corrotta ha vissuto in base a questo veleno di Satana, fino ai giorni nostri” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Come percorrere il cammino di Pietro”). “I loro motti sono: ‘La vita non è altro che mangiare e vestirsi’, ‘Cogli il piacere del momento, perché la vita è breve’ e ‘Oggi bevi il vino di oggi; di domani, preoccupatene domani’. Godono di ogni giorno così come viene, si divertono il più possibile e non pensano al futuro, né tanto meno hanno considerazione delle responsabilità che un leader dovrebbe assumersi e dei doveri che dovrebbe svolgere. Ripetono alcune parole e frasi di dottrina e svolgono meccanicamente alcuni compiti per salvare le apparenze, ma non eseguono un vero lavoro. Non cercano di approfondire i problemi reali della chiesa per risolverli definitivamente. Che senso ha svolgere un lavoro in modo così superficiale? Non è forse un inganno? Si possono affidare responsabilità serie a dei falsi leader di questo tipo? Sono in linea con i principi e le condizioni della casa di Dio per la selezione di leader e lavoratori? (No.) Queste persone non hanno coscienza né ragione, sono prive di senso di responsabilità, eppure desiderano lo stesso prestare servizio nella veste ufficiale di leader della chiesa: perché sono così spudorate? Alcuni hanno senso di responsabilità ma scarsa levatura e non possono essere leader, per non parlare della spazzatura umana che non ha alcun senso di responsabilità; costoro sono ancora meno qualificati per il ruolo di leader” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). Solo dopo aver riflettuto sulle parole di Dio mi sono resa conto che le ragioni principali per cui avevo una reazione così drastica ogni volta che venivo riassegnata e non ero disposta a soffrire e ad assumermi un fardello erano il mio eccesso di pigrizia e la mia brama di comodità. Fin da piccola, sono stata influenzata e plasmata da Satana, e frasi come “Ognuno per sé e che gli altri si arrangino” e “Oggi bevi il vino di oggi; di domani, preoccupatene domani” sono diventate le filosofie sataniche secondo cui vivevo. La mia visione della vita e i miei valori si sono fatti distorti e depravati. Ero convinta che fintanto che siamo vivi dobbiamo divertirci e non c’è alcun bisogno di sfiancarsi. Dovremmo trattarci bene, prenderci cura di noi stessi. Prima di diventare una credente, mi accontentavo di seguire il protocollo e di portare a termine i miei compiti nel mio lavoro, senza fare nulla di più di quanto fosse richiesto. A volte, quando dovevamo fare gli straordinari, lo ritenevo troppo stressante e faticoso e chiedevo un permesso. Dopo l’ingresso nella fede, perseguivo ancora le stesse cose. Tentavo di evitare la sofferenza e i sacrifici, e volevo che il mio dovere fosse rilassato e comodo, privo del minimo problema. Così, quando il mio leader mi ha assegnato la supervisione di quelle due chiese, che erano piene di problemi e avrebbero comportato molte sofferenze e sacrifici, volevo rifiutare e ho cercato di scaricare i miei doveri su altri. Ma in realtà sapevo che lavoravo ormai da un po’ di tempo e avevo una certa esperienza, e che quindi avrei dovuto supervisionare le chiese che erano più in difficoltà. Ma non volevo abbandonare la mia carne e assumermi un fardello pesante. Dio mi aveva concesso l’opportunità di praticare come supervisore della chiesa, pertanto avrei dovuto assumermi le mie responsabilità per ripagare il Suo amore. E invece non svolgevo bene il mio dovere e cercavo sempre di battere la fiacca e rilassarmi. Vivevo secondo quelle nozioni sataniche, ero egoista e spregevole, e non avevo un briciolo di carattere o di integrità. Quando me ne sono resa conto, ho percepito quanto fosse rischioso continuare in quel modo. Così ho pregato Dio, intenzionata a cambiare atteggiamento nei confronti del mio dovere.
In seguito, mi sono imbattuta in questo passo. “La realtà è che ogni dovere comporta delle sofferenze. Il lavoro fisico comporta sofferenze fisiche e quello intellettuale ne comporta per la mente; ogni lavoro ha i suoi ostacoli. Tutto è più facile a dirsi che a farsi. Quando le persone in effetti agiscono, da un lato bisogna osservarne il carattere e dall’altro si deve guardare se amino o meno la verità. Parliamo prima del carattere delle persone. Chi ha un buon carattere vede il lato positivo di tutto, ed è in grado di accettare e comprendere queste cose da una prospettiva positiva e basandosi sulla verità; ossia ha un cuore, un carattere e uno spirito giusti; questo dal punto di vista del carattere. Parliamo poi di un altro aspetto: che si ami o no la verità. Amare la verità si riferisce alla capacità di accettare la verità; ossia: se, indipendentemente dal fatto che tu comprenda o meno le parole di Dio e la Sua volontà, indipendentemente dal fatto che le tue idee, opinioni e prospettive in merito al lavoro e al dovere che devi svolgere siano in linea con la verità, tu sei comunque capace di accettarlo da Dio, e sei obbediente e sincero, allora questo è sufficiente, questo ti rende qualificato a compiere il tuo dovere, è il requisito minimo. Se sei obbediente e sincero, allora, quando svolgi un incarico, non sei disattento e superficiale, e non cerchi dei modi per battere la fiacca, ti ci dedichi invece anima e corpo. Trovarsi in uno stato interiore sbagliato produce negatività, cosa che fa perdere alle persone la loro motivazione, rendendole superficiali e negligenti. In cuor loro, sanno benissimo di non trovarsi in uno stato positivo, ma lo stesso non tentano di porvi rimedio ricercando la verità. Simili persone non hanno amore per la verità, e sono intenzionate a svolgere il loro dovere giusto un po’; sono poco inclini a compiere qualsiasi sforzo o a sopportare le sofferenze e cercano sempre dei modi per battere la fiacca. In realtà, Dio ha già visto tutto questo, ma allora perché ignora queste persone? Egli sta solo aspettando che i Suoi prescelti aprano gli occhi e le vedano per ciò che sono veramente, le smascherino e le scaccino. Tuttavia, queste persone continuano a pensare: ‘Guardate come sono intelligente. Mangiamo lo stesso cibo, ma dopo aver lavorato voi siete completamente esausti. Io non sono affatto stanco. Io sono quello intelligente; chiunque lavori per davvero è un idiota’. È giusto che abbiano una simile opinione delle persone oneste? No. In realtà, coloro che svolgono un vero lavoro quando compiono il loro dovere stanno mettendo in pratica la verità e soddisfacendo Dio, e quindi sono i più intelligenti di tutti. Che cosa li rende tali? Dicono: ‘Non faccio niente che non mi sia chiesto da Dio e faccio tutto ciò che Egli mi chiede di fare. Faccio qualunque cosa Egli richieda e lo faccio con tutto il cuore, ci metto tutto quello che posso, non adopero trucchi. Non lo faccio per qualche persona, lo faccio per Dio. Dio mi ama così tanto, devo farlo per soddisfare Dio’. Questo è il giusto stato mentale, da cui deriva che, nel momento in cui la chiesa verrà purificata, coloro che compiono il loro dovere in maniera elusiva saranno tutti scacciati, mentre chi è una persona onesta e accetta l’esame di Dio rimarrà. La condizione di queste persone oneste migliora sempre più, e sono protette da Dio in tutto ciò che succede loro. E che cosa fanno per meritarsi tale protezione? Nel cuore sono sincere. Non temono i patimenti e lo sfinimento nel compimento del loro dovere, e non sono schizzinose riguardo a ciò che viene loro affidato; non domandano perché, fanno come viene loro detto e basta, obbediscono, senza esaminare né analizzare, senza prendere in considerazione altro; non hanno secondi fini, sono anzi capaci di obbedienza in tutte le cose. La loro condizione interiore è sempre molto normale; di fronte al pericolo, Dio le protegge; e anche quando sono colpite da malattie o epidemie Dio le protegge: sono davvero benedette” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 10 – Parte quarta”). Dalle parole di Dio, ho visto che chi possiede una coscienza e un buon carattere ha un atteggiamento sincero nei confronti del dovere. Quando affronta un problema nel suo dovere, sopporta la sofferenza, fa dei sacrifici e si sforza di migliorare, facendo del suo meglio per ottenere buoni risultati. Queste persone ricevono nei loro doveri l’illuminazione e la guida di Dio e la loro condizione migliora di continuo. Coloro che invece sono privi di coscienza e ragione si lamentano e brontolano non appena nei loro doveri affrontano un problema, considerano solo i propri interessi, non collaborano con il cuore e si credono persino intelligenti per questo. Dio disprezza veramente simili persone e alla fine le smaschera e le scaccia. E io non ero proprio così, ritenendomi persino intelligente? Esteriormente, potevo ingannare il mio leader: avrei evitato le sofferenze che comportava la supervisione della nuova chiesa e il leader non avrebbe potuto sapere cosa pensassi né dire nulla contro di me. Ma Dio scruta ogni nostro pensiero. Se Egli avesse notato che battevo sempre la fiacca nel mio dovere, che bramavo le comodità e che non proteggevo affatto il lavoro della chiesa, mi avrebbe disprezzata. Se avessi continuato a non pentirmi, sarei stata del tutto abbandonata e scacciata da Dio. Ho ripensato ad alcune persone che erano state scacciate in passato: non facevano che battere la fiacca e prendere tutto alla leggera, e sono state rimosse dalle file di coloro che compiono un dovere, vittime della loro presunta intelligenza. Riflettendo su tutto questo, mi sono sentita un po’ spaventata, così ho pregato Dio, intenzionata a cambiare atteggiamento nei confronti del dovere, a svolgerlo bene e ad assumermi le mie responsabilità.
In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio che mi ha fornito un percorso di pratica. Dio Onnipotente dice: “Dopo aver accettato l’incarico assegnatogli da Dio, Noè si mise ad attuare e a realizzare la costruzione dell’arca di cui gli aveva parlato Dio come se fosse la cosa più importante della sua vita, senza mai pensare a ritardarla. Trascorsero i giorni, poi gli anni, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Dio non incalzò mai Noè, ma in tutto questo tempo Noè perseverò in questo compito importante assegnatogli da Dio. Ogni parola e ogni frase pronunciate da Dio erano scolpite nel cuore di Noè come parole incise su una tavoletta di pietra. Incurante dei mutamenti del mondo esterno, del ridicolo da parte di coloro che lo circondavano, delle sofferenze implicate e delle difficoltà incontrate, Noè perseverò continuamente in ciò che Dio gli aveva affidato, senza mai disperare né pensare di rinunciare. Le parole di Dio erano scolpite nel suo cuore ed erano diventate la sua realtà quotidiana. Noè preparò ciascuno dei materiali necessari per la costruzione dell’arca, e la forma e le caratteristiche dell’arca indicate da Dio a poco a poco emersero con ogni colpo preciso di martello e scalpello da parte di Noè. Malgrado vento e pioggia e nonostante l’irrisione e le calunnie della gente, la vita di Noè procedette in questo modo, anno dopo anno. Dio in segreto osservava ogni azione di Noè, senza mai rivolgergli la parola, e il Suo cuore era toccato da Noè. Questi però non lo sapeva e non lo percepiva; dal principio alla fine, si limitò a costruire l’arca e a radunare ogni genere di creatura vivente, con un’incrollabile fedeltà alle parole di Dio. Nel cuore di Noè non vi erano istruzioni più elevate da seguire e attuare: le parole di Dio costituivano l’orientamento e lo scopo di tutta la sua vita. E così, qualunque cosa Dio gli avesse detto, chiesto od ordinato di fare, Noè la accettò completamente, la mandò a memoria e la prese come sua missione di vita. Non soltanto non la dimenticò, non soltanto se la impresse nella mente, ma la trasformò anche nella realtà della sua vita, dedicando la propria vita ad accettare ed eseguire l’incarico da parte di Dio. E in questo modo, asse dopo asse, l’arca fu costruita. Ogni azione di Noè, ogni suo giorno furono dedicati alle parole e ai comandamenti di Dio. Forse non pareva che Noè stesse realizzando un’impresa assai rilevante ma, agli occhi di Dio, tutto ciò che Noè faceva, perfino ogni sua operazione per realizzare qualcosa, ogni lavoro eseguito dalle sue mani, erano tutti preziosi, meritevoli di ricordo e degni di emulazione da parte di questa umanità. Noè si attenne a ciò che Dio gli aveva affidato. Aveva una fede incrollabile nel fatto che ogni parola pronunciata da Dio fosse la verità; non aveva il minimo dubbio al riguardo. E, di conseguenza, l’arca fu portata a termine e poté accogliere ogni genere di creatura vivente” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Secondo excursus – Come Noè e Abramo ascoltarono le parole di Dio e Gli obbedirono (Parte prima)”). La storia di Noè mi ha profondamente colpita. Dopo aver ricevuto l’incarico di Dio, Noè non considerò mai i propri interessi: pensò solo a portare a termine l’incarico di Dio. Mise da parte tutto nella sua vita, e anche se la costruzione dell’arca era un progetto enorme e colmo di difficoltà, Noè continuò a costruirla, asse dopo asse, con la pioggia o con il sole, per 120 anni. Non si lamentò mai, e alla fine portò a termine l’incarico di Dio e si guadagnò la Sua approvazione. Confrontare il mio atteggiamento con quello che ebbe Noè verso l’incarico di Dio mi ha fatta stare male. Non avevo patito un infinitesimo delle sofferenze di Noè, eppure mi lamentavo e volevo passare il mio lavoro ad altri alla minima difficoltà o al minimo stress. Non avevo alcuna lealtà o testimonianza della pratica della verità. Mi sentivo incredibilmente in debito con Dio e in preda al rimorso. Ho pregato Dio e mi sono pentita, intenzionata a smettere di bramare le comodità e a iniziare a emulare Noè per compiere bene il mio dovere. Anche se avessi affrontato problemi e difficoltà, dovevo fare dei sacrifici e sopportare le avversità per compiere il mio dovere e consolare il cuore di Dio. Dopo di che, ho cercato il mio leader e gli ho detto: “Sono pronta ad assumere la supervisione di quella nuova chiesa. In futuro, ovunque sia necessario che vada, mi sottometterò alle disposizioni della chiesa”. Detto questo, mi sono sentita molto più a mio agio. Tuttavia, il mio leader non ha assegnato a me la supervisione di quella chiesa, ma a sorella Sandra.
Di lì a breve però, ho saputo che lei aveva problemi a tenere il passo con tutto il suo lavoro nella chiesa e che non poteva mantenere quel posto da supervisore. Dopo tutto, il leader poteva ancora decidere di mandare me. Appena ho pensato a tutti i problemi di quella chiesa, mi sono sentita subito stressata. Ma poi ho capito che stavo di nuovo assecondando la carne e non ero disposta a soffrire, così ho pregato Dio: “Amato Dio, non voglio considerare sempre i miei interessi quando accade qualcosa. Ti prego, guidami a saper sottomettermi”. Proprio in quel momento ho ricordato le parole di Dio: “Se una persona è veramente devota e ha senso di responsabilità verso il proprio dovere, farà tutto ciò che le viene chiesto, senza operare selezioni, se è prescritto da Dio ed è necessario alla casa di Dio. Intraprendere e portare a termine tutto ciò che si può e si deve fare non è forse uno dei principi a cui attenersi nel compiere il proprio dovere? (Sì.)” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 10 – Parte quarta”). Le parole di Dio mi hanno fatto capire che, a prescindere dal ruolo che viene loro assegnato, coloro che sono leali a Dio fanno tutto ciò che è in loro potere per adempiere ai loro doveri e alle loro responsabilità. Queste sono persone che sostengono il lavoro della chiesa. Mi trovavo di nuovo nella stessa situazione perché il lavoro di quella chiesa aveva bisogno del mio aiuto. Non potevo continuare a pensare ai miei interessi e a bramare le comodità. Che mi venisse assegnato o meno il ruolo di supervisore, ero disposta a sottomettermi. In seguito, il mio leader mi ha affidato l’incarico e io l’ho accettato con tranquillità. Presa in mano la situazione della chiesa, ho affrontato una questione alla volta, e controllando e monitornando il lavoro sono riuscita a rilevare e a risolvere alcuni problemi.
In apparenza, quella riassegnazione di ruolo mi richiedeva molti più sforzi, ma in realtà il trasferimento mi ha protetta e motivata. La chiesa che supervisionavo prima era più consolidata e produceva risultati soddisfacenti, così mi ero inconsciamente compiaciuta di me stessa e avevo iniziato a cedere alla routine. Ero diventata sempre più pigra e passiva. La nuova chiesa aveva più problemi, ma questo mi ha motivata a pregare, ad affidarmi a Dio nelle avversità e a ricercare la verità per risolvere i problemi. Mi sono sentita più vicina a Dio e ho imparato molto. Lode a Dio!
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