Liberarmi dei miei modi dispotici
L’anno scorso, sono stata incaricata di irrigare i neofiti. All’inizio gestivo due chiese da sola. Poi, per qualche ragione, la leader ha assegnato a me e sorella Liliana la responsabilità di una sola delle due chiese. Appena saputo di questa decisione, sono rimasta un po’ turbata. “Prima gestivo due chiese da sola, ora ne sto gestendo solo una, eppure mi affiancano una collaboratrice. È davvero necessario? Qualsiasi risultato sarebbe di certo visto come merito di due persone, e io non sarei sotto i riflettori e nessuno mi ammirerebbe. Se invece lavorassi da sola, allora i fratelli e le sorelle mi riterrebbero capace di assumermi tante responsabilità in autonomia. Mi considererebbero senz’altro abile in questo lavoro, una spina dorsale indispensabile per questo dovere. Sarei così degna di ammirazione. Inoltre, con una collaboratrice non avrei più l’ultima parola; non avrei quindi metà del potere? Dovrei chiedere il suo parere su ogni cosa e sembrerei un’inetta”. Questo modo di pensare mi ha resa molto ostile alla sua assegnazione e mi chiedevo se la leader avesse sbagliato o se non avesse stima di me. Sapevo che tutte le altre chiese erano guidate da due persone, ma io mi sentivo particolarmente abile, quindi non avrei dovuto essere trattata come gli altri. Escludevo davvero Liliana, non le parlavo nemmeno di molte cose che facevo.
A un certo punto, si dovevano unire due gruppi perché non c’erano membri a sufficienza in ciascuno di essi. Ho pensato che potevo gestire da sola qualcosa di così semplice. Me ne ero già occupata da sola in passato, quindi non c’era nulla da discutere con Liliana, così ho proceduto fondendo i due gruppi. Quando Liliana me ne ha chiesto, le ho detto con baldanza che me n’ero occupata io. In un’altra occasione, la leader ha voluto che scegliessimo quali neofiti coltivare per condividere il Vangelo, così ho formato direttamente un gruppo di validi candidati. Mentre stavano apprendendo i principi per la condivisione del Vangelo, ho notato che uno era sempre occupato con il suo lavoro. Senza interpellare nessuno, l’ho estromesso dal gruppo e non gli ho permesso di partecipare alla condivisione del Vangelo. Quando l’ha saputo il fratello che era responsabile dell’evangelizzazione, mi ha trattata, dicendo che agivo in modo autoritario e arbitrario e decidevo senza coinvolgere la mia collaboratrice. Sul momento gli ho dato ragione, ma dentro di me non ritenevo la mia corruzione così grave.
Dopo che episodi simili si sono ripetuti molte volte, un giorno Liliana mi ha cercata e mi ha detto: “Noi collaboriamo. Anche se sai gestire le cose da sola, dovresti tenermi al corrente perché anch’io sappia come procede il nostro lavoro. Ogni volta che viene fuori qualcosa riguardo a Rosanna, lei si impegna sempre a discuterne con la sua collaboratrice. Parlano di tutto insieme”. Mi sono detta: “Se te ne parlo, tu seguirai il mio consiglio, quindi che bisogno c’è di compiere questa formalità? Rosanna domanda sempre perché non sa come fare. Perché preoccuparsi quando posso farcela benissimo? Avere una collaboratrice è una tale seccatura, devo parlare con te di tutto. Mi fa sembrare un’incapace, una sottoposta che fa rapporto a un superiore”. In seguito, ha tirato fuori l’argomento un bel po’ di volte, ma io non ho cambiato atteggiamento. A volte mi chiedeva cose specifiche nei nostri doveri, ma io la snobbavo, pensando che mi chiedeva di argomenti di cui avevamo appena parlato. Nelle nostre discussioni di lavoro, a volte sentivo Liliana sospirare di continuo, e mi chiedevo se si sentisse limitata da me. Provavo un po’ di rimorso. Ma poi pensavo che non le avevo fatto nulla, e così non la prendevo sul serio. Un giorno mi ha chiesto se avrei saputo gestire la chiesa da sola. In quel momento non ho capito il perché di quella domanda e mi sono chiesta se l’avrebbero trasferita. Ho pensato che sarebbe stato fantastico, che non avrei dovuto riferirle nulla, e avrei potuto essere al comando. Così ho semplicemente risposto che ce l’avrei fatta. Sentendo questo, Liliana non ha detto una parola. In seguito, ho saputo che si sentiva davvero frenata da me, come se non potesse fare nulla, e voleva addirittura abbandonare il dovere. In quel momento, ho solo ammesso che non mi comportavo bene con lei, ma non ho riflettuto su me stessa.
La leader aveva predisposto che Liliana dedicasse parte dei suoi sforzi a un altro progetto, perciò ero responsabile io della maggior parte del lavoro della chiesa. Ne ero segretamente felice, pensando che ora potevo finalmente mettermi in mostra e avere piena voce in capitolo. Ma le cose sono andate diversamente. Il mio dovere ovviamente era molto più difficile e, quando i fratelli e le sorelle avevano problemi nel loro, non riuscivo a vederne l’essenza e non sapevo risolverli alla radice. Dopo un po’, sempre più neofiti non si riunivano con costanza, e la leader mi ha detto che il mio rendimento lavorativo era il peggiore. Anche Liliana mi ha fatto notare molte volte le mie mancanze, definendomi un lupo solitario che non consultava gli altri e non cercava la verità nelle cose. All’epoca ero davvero testarda, non mi accorgevo di nulla e non riflettevo su me stessa. In seguito, il mio stato è peggiorato sempre più, ero sempre confusa. Un giorno, la leader ha detto che voleva discuterne con me e ha organizzato un incontro con un’altra sorella. Avevo sentito che quella sorella non si comportava bene, così ho interpretato la cosa come se la leader mi reputasse uguale a lei. Appena ho pensato questo, mi sono spaventata. Il mio problema era davvero così grave? Sarei stata destituita? Tutto andava bene quando gestivo due chiese, e ora, con una sola, in un lavoro che mi era familiare, già svolto prima, perché stavo fallendo? Doveva esserci qualcosa di sbagliato in me. Ho pregato davanti a Dio, chiedendoGli di guidarmi a riflettere e capire il mio problema.
Poi un giorno ho letto questo passo delle Sue parole: “Quando due persone sono responsabili di qualcosa e una di loro possiede l’essenza di un anticristo, che cosa viene manifestato in quest’ultima? A prescindere dalla questione, loro e solo loro sono quelli che prendono l’iniziativa, che fanno le domande, che sistemano le cose e che trovano una soluzione. E, il più delle volte, tengono il loro collaboratore completamente all’oscuro. Cos’è il loro collaboratore ai loro occhi? Non il loro vice, ma semplicemente un orpello. Agli occhi di un anticristo, semplicemente non è un suo collaboratore. Ogni volta che emerge un problema, l’anticristo ci pensa su e, una volta decisa la linea d’azione, informa tutti gli altri che questo è il modo in cui bisogna procedere, e a nessuno è permesso metterlo in discussione. Qual è l’essenza della cooperazione degli anticristi con gli altri? Fondamentalmente consiste nell’avere l’ultima parola, non discutere mai i problemi con chiunque altro, assumersi l’esclusiva responsabilità per il lavoro e trasformare i collaboratori in orpelli. Gli anticristi agiscono sempre da soli e non collaborano mai con nessuno. Non discutono mai né rendono partecipe chiunque altro del loro lavoro, spesso prendono decisioni da soli e trattano le questioni in modo autonomo e, in molti casi, le persone scoprono come le situazioni siano state concluse o gestite solo a cose fatte. Gli altri dicono loro: ‘Tutti i problemi devono essere discussi con noi. Quando hai trattato quella persona? In che modo l’hai gestita? Perché non ne abbiamo saputo nulla?’ Gli anticristi non danno spiegazioni né prestano attenzione; per loro i collaboratori non servono a niente, sono semplici decorazioni o orpelli. Quando succede qualcosa, ci pensano su, decidono da soli e agiscono come meglio credono. Non importa quante persone ci siano intorno a loro, è come se non esistessero. Per gli anticristi, potrebbero anche essere fatte d’aria. Tenuto conto di questo, deriva forse qualcosa di concreto dalla loro collaborazione con gli altri? Niente affatto, si limitano ad agire meccanicamente e recitano una parte. Gli altri dicono loro: ‘Perché non condividi con tutti gli altri quando incappi in un problema?’ Gli anticristi rispondono: ‘Cosa ne sanno loro? Sono io il capogruppo, sta a me decidere’. Allora gli altri chiedono loro: ‘E perché non hai condiviso con il tuo collaboratore?’ E loro rispondono: ‘L’ho fatto, ma non aveva alcuna opinione al riguardo’. Sostengono che gli altri non abbiano un’opinione o non siano in grado di pensare autonomamente come pretesti per nascondere il fatto che obbediscono solo a sé stessi. E a ciò non segue la minima introspezione. Per questo tipo di persona sarebbe impossibile accettare la verità. Questo è un problema relativo alla natura di un anticristo” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8 – Vogliono che gli altri obbediscano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). Le parole di Dio descrivevano il mio stato alla perfezione. A ogni parola mi sembrava che Dio mi smascherasse direttamente. Finalmente ho capito che volere sempre l’ultima parola su tutto, ignorare completamente Liliana e non consultarla, con la scusa che potevo fare da me, erano comportamenti dispotici e la via degli anticristi. Ripensandoci, avevo sempre svolto il mio dovere in quel modo. Quando c’è stato da unire i due gruppi, l’ho fatto senza parlarne con Liliana, e non l’ho mai messa al corrente. Quando quel neofita era occupato con il suo lavoro, non ho discusso con lei la migliore linea d’azione, ma l’ho solo estromesso dal gruppo e sollevato dal suo dovere. Quando Liliana mi chiedeva come procedevano i progetti e i neofiti, invece di rispondere con pazienza, mi risentivo e diventavo ostile, sentendomi una sua sottoposta, come se facessi rapporto a un superiore, così ero sprezzante con lei. Volevo sempre avere l’ultima parola, il potere. Ero autoritaria e arbitraria nel mio dovere, volevo lavorare per conto mio, e tenevo a freno Liliana. Quello era svolgere il mio dovere? Stavo intralciando il lavoro della chiesa e agivo come una servitrice di Satana!
In seguito, ho trovato un altro passo delle parole di Dio: “Sebbene i leader e i lavoratori abbiano dei collaboratori, così come chiunque svolga un qualsiasi dovere ne ha uno, gli anticristi si ritengono dotati di buona levatura e migliori delle persone comuni, per cui le persone comuni non sarebbero degne di collaborare con loro e sarebbero tutte inferiori a loro. Questo è il motivo per cui agli anticristi piace comandare e non amano discutere le cose con nessun altro. Pensano che farlo li faccia apparire stupidi e incompetenti. Che tipo di punto di vista è questo? Di che tipo di indole si tratta? È un’indole arrogante? Pensano che collaborare e discutere con gli altri, porre loro domande e cercare da loro risposte, sia svilente e poco dignitoso, un affronto al loro amor proprio. E così, per proteggere questo amor proprio, non si concedono trasparenza in nulla di ciò che fanno, non ne parlano agli altri, e tanto meno ne discutono con loro. Pensano che farlo equivalga a mostrarsi incompetenti; che chiedere sempre le opinioni degli altri significhi essere stupidi e incapaci di pensare da soli; che lavorare con gli altri per portare a termine un compito o per risolvere un problema li faccia apparire inutili. Non è forse questa la loro mentalità arrogante e assurda? Non è forse questa la loro indole corrotta? Possiedono un’arroganza e una presunzione fin troppo evidenti; hanno perso la normale ragionevolezza umana e non hanno la testa del tutto a posto. Pensano sempre di possedere delle capacità, di poter fare le cose da soli e di non aver bisogno di coordinarsi con gli altri. Avendo un’indole così corrotta, non sono in grado di collaborare armoniosamente. Credono che lavorare con gli altri voglia dire affievolire e frammentare il loro potere, che quando il lavoro è condiviso con gli altri il loro potere si indebolisca e non possano decidere autonomamente, e che ciò equivalga a una mancanza di potere reale, cosa che per loro costituisce una perdita enorme. E così, qualsiasi cosa accada loro, se sono convinti di comprenderla e di sapere come gestirla, allora non ne discuteranno con nessun altro, intenzionati a mantenerne il controllo. Preferiscono sbagliare piuttosto che informare altre persone, preferiscono cadere in errore piuttosto che condividere il potere con qualcun altro, e preferiscono essere rimossi dall’incarico piuttosto che consentire ad altri di interferire nel loro lavoro. Ecco chi sono gli anticristi. Preferiscono danneggiare gli interessi della casa di Dio e metterli a rischio piuttosto che condividere il loro potere con qualcun altro. Pensano che, quando svolgono un lavoro o si occupano di qualche questione, non si tratti dell’adempimento di un dovere, ma piuttosto di un’opportunità per mettersi in mostra, per distinguersi dagli altri e per esercitare il proprio potere. Per questo motivo, sebbene dichiarino di voler cooperare armoniosamente con gli altri e di voler discutere con loro quando si presentano delle questioni, la verità è che, nel profondo del cuore, non sono disposti a rinunciare al proprio potere o prestigio. Ritengono che fintanto che comprendono alcune dottrine e sono capaci di sbrigarsela da soli, allora non hanno bisogno di collaborare con nessun altro; pensano che il lavoro debba essere eseguito e portato a termine autonomamente, e che solo questo li renda competenti. Questo punto di vista è corretto? Non sanno che, se violano i princìpi, allora non stanno adempiendo ai loro doveri, quindi non sono in grado di portare a termine l’incarico di Dio e si limitano a prestare servizio. Invece di cercare le verità princìpi nell’adempimento del loro dovere, esercitano potere secondo i loro pensieri e le loro intenzioni, si mettono in mostra e si pavoneggiano. Non importa chi sia il loro collaboratore o cosa facciano: non vogliono mai discutere le cose, vogliono sempre agire da soli e avere l’ultima parola. Chiaramente, giocano con il potere e se ne servono per i loro scopi. Tutti gli anticristi amano il potere e, quando godono di prestigio, vogliono ancora più potere. Quando possiedono il potere, gli anticristi sono inclini a usare il loro prestigio per mettersi in mostra e pavoneggiarsi, per indurre gli altri ad ammirarli e per raggiungere l’obiettivo di distinguersi dalla massa. È in questo modo che gli anticristi sono ossessionati dal potere e dal prestigio, e non vi rinuncerebbero mai e poi mai” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8 – Vogliono che gli altri obbediscano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). Letto questo, ho capito che la ragione per cui ero stata così dispotica e restia a lavorare con gli altri era il timore che, coinvolgendo più persone nel lavoro della chiesa, il mio potere si sarebbe dissolto e non sarei stata l’unica a comandare, a prendere le decisioni o a essere ammirata. Ero già stata responsabile del lavoro della chiesa, e pensavo di avere l’esperienza, la predisposizione e la capacità per occuparmene. Ne ho fatto un capitale e sono stata arrogante, ritenendomi una persona speciale e superiore agli altri. La mia collaboratrice Liliana voleva che discutessi le cose con lei prima di agire, ma io sentivo che procedere così mi avrebbe fatta passare per un’incompetente, quindi facevo le cose per conto mio. Ogni tanto mi chiedevo se dovessi consultarmi con lei ma, per mettermi in mostra ed essere stimata, trovavo una ragione, pensando che non avrebbe avuto opinioni da condividere e che, anche se ne avessi discusso con lei, sarebbe stata comunque d’accordo con me. La usavo come scusa per non collaborare con Liliana. La chiesa aveva stabilito che noi due lavorassimo insieme. Lei aveva il diritto di prendere parte a ogni progetto, di conoscerne i dettagli e i progressi, ma io l’ho esclusa per fare tutto da sola, togliendole il diritto di sapere le cose e di parlare, facendo di lei soltanto un orpello. Ho gestito tutto il lavoro da me senza coinvolgerla. L’essenza di un simile comportamento non era forse la stessa di un anticristo che fondava il suo impero personale? Ho pensato alla dittatura del gran dragone rosso, al suo dominio totale, a cui la gente deve sottomettersi senza obiettare. Quanto a me, volevo essere al comando in tutto ciò che facevo, dispotica e riluttante a discutere le cose con gli altri. Ero autoritaria nella chiesa e avevo l’ultima parola. Ero forse diversa dal gran dragone rosso? Più ci pensavo, più mi rendevo conto di quanto fosse grave il mio problema di rifiutare ogni collaborazione con gli altri, e ho provato un po’ di timore. Cristo e la verità detengono il potere nella chiesa. Qualunque cosa accada, dovremmo cercare la verità e agire secondo principio. Invece io volevo sempre l’ultima parola nella chiesa che gestivo. Non volevo forse essere il sovrano assoluto? Non mi curavo di come praticare la verità e proteggere gli interessi della chiesa; piuttosto, badavo solo che i miei desideri personali fossero soddisfatti. Alla fine, il lavoro della chiesa era diventato un disastro totale a causa mia, e io lo stavo solo disturbando e intralciando. Poter compiere quel dovere era una grazia di Dio. Egli voleva che perseguissi realmente la verità, lavorassi bene con i fratelli e irrigassi i neofiti in modo appropriato affinché potessero presto intraprendere la vera via. Invece io l’ho presa come un’opportunità per mettermi in mostra, esercitare il mio potere e indurre gli altri ad ammirarmi. Ero sempre autoritaria, ostentavo le mie abilità. Questo non solo ostacolava il lavoro della chiesa, ma danneggiava i miei fratelli e anche la mia stessa vita.
Ho visto il video di una lettura delle parole di Dio che ha ribaltato le mie opinioni errate. Dio Onnipotente dice: “Una cooperazione armoniosa implica molte cose. Come minimo, una di esse è consentire agli altri di parlare e dare suggerimenti diversi. Se sei veramente ragionevole, a prescindere da quale lavoro tu svolga, devi prima imparare a cercare le verità principi, e dovresti anche prendere l’iniziativa di richiedere le opinioni altrui. A patto che tu prenda sul serio ogni suggerimento, e poi lavori insieme agli altri per risolvere i problemi, otterrai sostanzialmente una cooperazione armoniosa. In tal modo, incontrerai molte meno difficoltà nel tuo dovere. Qualunque problema dovesse emergere, sarà facile affrontarlo e risolverlo. Tale è l’effetto della cooperazione armoniosa. A volte sorgono controversie su questioni di poco conto ma, purché non influiscano sul lavoro, non saranno un problema. Tuttavia, in merito a questioni importanti e fondamentali che riguardano il lavoro della chiesa, dovrai raggiungere il consenso e ricercare la verità per risolverle. In qualità di leader o di lavoratore, se ti ritieni sempre al di sopra degli altri e ti crogioli nel tuo dovere come un qualche funzionario governativo, concedendoti sempre il piacere degli orpelli della tua posizione, facendo costantemente i tuoi piani personali, sempre avendo considerazione e godendo della tua fama e del tuo prestigio, conducendo sempre una tua operazione personale e cercando di ottenere un prestigio più elevato, di gestire e controllare un maggior numero di persone e di estendere la portata del tuo potere, questo è un problema. È pericoloso trattare un dovere importante come un’occasione per godere della tua posizione, come se fossi un funzionario governativo. Se ti comporti sempre in questo modo, se non vuoi collaborare con gli altri, se non vuoi disperdere il tuo potere né condividerlo con nessuno, se non vuoi che qualcun altro abbia la meglio, che ti rubi le luci della ribalta, se vuoi goderti il potere da solo, allora sei un anticristo. Se invece cerchi spesso la verità, se abbandoni la carne, se rinunci alle tue motivazioni e ai tuoi progetti, e se sei in grado di prenderti la responsabilità di collaborare con gli altri, se apri il tuo cuore per consultare gli altri e ricercare con loro, se ascolti attentamente le loro idee e i loro suggerimenti e accetti i consigli che sono corretti e in linea con la verità, indipendentemente da chi provengano, allora stai praticando in modo saggio e corretto e sei capace di evitare di intraprendere la strada sbagliata, e questa è per te una protezione. Liberati dei titoli di leadership, liberati dell’aria viziata del prestigio, tratta te stesso come una persona comune, mettiti allo stesso livello degli altri e abbi un atteggiamento responsabile verso il tuo dovere. Se consideri sempre il tuo dovere come un titolo ufficiale e un prestigio, o come una sorta di corona d’alloro, e immagini che gli altri siano lì per servire il tuo ruolo, la faccenda è grave, e Dio ti disprezzerà e sarà disgustato da te. Se invece ritieni di essere uguale agli altri e di aver solo ricevuto un po’ più di incarichi e di responsabilità da Dio, se impari a porti su un piano di parità con loro e riesci persino a chinarti per chiedere cosa pensano, e sai ascoltare con serietà, attenzione e sollecitudine quel che hanno da dire, allora lavorerai in armonia con gli altri. Quale effetto otterrà questa cooperazione armoniosa? Un effetto immenso. Otterrai cose che non hai mai avuto prima, vale a dire la luce della verità e le realtà della vita; scoprirai le virtù degli altri e imparerai dai loro punti di forza. C’è dell’altro: immagini che altre persone siano stupide, ottuse, sciocche, inferiori a te, ma quando ascolterai le loro opinioni, o queste persone si apriranno a te, scoprirai senza neanche rendertene conto che nessuno è così banale come pensavi, che ognuno può offrire idee e opinioni diverse, e che tutti hanno qualcosa da insegnarti. Se impari a cooperare armoniosamente, oltre ad aiutarti a imparare dai punti di forza di altri, ciò ti può rivelare la tua arroganza e presunzione, e ti evita di ritenerti in gamba. Quando smetterai di considerarti più intelligente e migliore di chiunque altro, non vivrai più in questo stato narcisistico e di eccessiva autostima. E questo ti proteggerà, non è così? Questa è la lezione che dovresti imparare dal lavorare con gli altri e il beneficio che arreca” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8 – Vogliono che gli altri obbediscano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). Quando ho visto questo video, ho capito che non volevo collaborare con Liliana e avevo paura di dividere il mio potere perché non consideravo il dovere che Dio mi aveva affidato come una mia responsabilità, bensì come mia carica ufficiale, mio ruolo e mia corona. Mi rifiutavo di collaborare con gli altri, ed ero sempre altezzosa e fiera, desiderosa di distinguermi. Era il cammino sbagliato. Di fatto, ciò che quel periodo ha rivelato è stata la mia comprensione superficiale della verità e dell’approccio ai problemi. Inoltre, non consideravo il nostro compito come collettivo e non svolgevo quasi nessun lavoro concreto. Ai fratelli e sorelle serviva una mano per l’ingresso nella vita e io faticavo ad aiutarli, e c’era molto lavoro che non riuscivo a svolgere da sola. Avevo bisogno di persone con cui collaborare e discutere, a cui chiedere pareri, per imparare dai loro punti di forza e compensare così le mie debolezze. Ho pensato a Dio incarnato che esprime così tante verità per salvare l’umanità, eppure non rivela la minima arroganza. Egli ascolta i suggerimenti della gente in molte cose e non Si mette mai in mostra. Esprime sempre verità in silenzio per irrigare e sostenere il genere umano. L’essenza di Dio è così amorevole e meravigliosa. Ma io ero stata corrotta da Satana, ero preda di un’indole satanica, e non comprendevo la verità. C’era molto che non capivo. Eppure, anche così ero lo stesso altera e sprezzante, mi ritenevo speciale, in grado di svolgere una grossa mole di lavoro da sola senza collaboratori, senza avere alcun riguardo per chiunque altro. Ero incredibilmente arrogante e irragionevole. Infatti, discutere le cose e condividere di più nel nostro dovere è ragionevole e saggio, non una dimostrazione di incompetenza. Significa acquisire dagli altri cose che non riesci a vedere o a capire, ed evitare la via sbagliata a cui conduce la nostra presunzione. Questo è l’unico modo per svolgere bene un dovere ed essere protetti da Dio. Ora ho compreso la volontà di Dio. Discutere le cose, collaborare e compensare le debolezze reciproche è l’unico modo per compiere bene un dovere e compiacere Dio.
In seguito, mi sono imbattuta in un altro passo delle parole di Dio che mi ha mostrato il cammino da seguire. Le parole di Dio dicono: “Quando collaborate con altri per svolgere i vostri doveri, sapete essere aperti a opinioni diverse? Siete in grado di lasciar parlare gli altri? (Un po’ sì. In passato, molto spesso non ascoltavo i suggerimenti dei fratelli e delle sorelle e insistevo per fare le cose a modo mio. Solo in seguito, quando i fatti hanno dimostrato che mi sbagliavo, ho visto che la maggior parte dei loro suggerimenti era corretta, che la risoluzione di cui tutti discutevano era effettivamente adatta e che, basandomi sulle mie opinioni, non ero in grado di vedere le cose con chiarezza ed ero carente. Dopo aver vissuto questa esperienza, mi sono reso conto di quanto sia importante una collaborazione armoniosa). E cosa potete dedurre da questo? Dopo aver fatto questa esperienza, avete ricevuto qualche beneficio e avete capito la verità? Pensate che qualcuno sia perfetto? Per quanto una persona sia forte o capace e dotata di talento, comunque non è perfetta. Bisogna rendersene conto, è un dato di fatto, ed è l’atteggiamento che le persone dovrebbero avere per approcciare correttamente i loro meriti e punti di forza o i loro difetti; questa è la razionalità che bisogna possedere. Con tale razionalità, puoi gestire correttamente i tuoi punti di forza e di debolezza nonché quelli degli altri, e questo ti consentirà di lavorare accanto a loro in armonia. Se hai compreso questo aspetto della verità e sai accedere a questo aspetto della verità realtà, puoi allora interagire in armonia con fratelli e sorelle, attingendo ai loro punti di forza per compensare i tuoi eventuali punti deboli. In tal modo, qualunque dovere tu stia compiendo o qualunque cosa tu stia facendo, avrai sempre risultati migliori e riceverai la benedizione di Dio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). È vero. Per quanto grande e capace tu sia, non sei una persona perfetta. Ognuno ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, che vanno affrontati nel modo giusto. Dobbiamo imparare ad ascoltare i suggerimenti altrui e a sostenerci a vicenda. Solo avendo questo buon senso possiamo collaborare bene con gli altri. Prima io mi concentravo solo sull’irrigare i nuovi credenti, mentre Liliana sull’evangelizzazione. Se avessi gestito io tutto quel lavoro, non avrei mai potuto occuparmene o svolgerlo bene. E la mia prospettiva era limitata in molte cose nel mio dovere. Ero avventata. Ogni volta che la nostra leader mi chiedeva del mio lavoro, faceva notare molti errori, e cose che non erano state fatte bene. Ho capito che non potevo affatto adempiere bene al mio dovere senza una collaboratrice. Non l’avevo mai capito prima, e non conoscevo me stessa. Ero arrogante, volevo sempre comandare e non sapevo lavorare con gli altri. Ciò ritardava il lavoro della chiesa. Mi sentivo incredibilmente in colpa, così ho pregato Dio in silenzio, dicendo che non volevo più vivere nella corruzione, ed ero pronta a lavorare bene con Liliana nel mio dovere.
Nel nostro lavoro insieme, in seguito, ho visto che Liliana aveva molti punti di forza. Era molto più scrupolosa di me e cercava le verità principi quando si presentavano dei problemi. Era accurata nel condividere sulla verità. Io non ero leader da molto tempo, quindi avevo solo una vaga idea di come gestire il lavoro della chiesa. Quando si trattava di definire nei dettagli come svolgere il lavoro e come condividere sulla verità per risolvere i problemi, mi mancava un po’ di chiarezza. Lei era migliore in questi aspetti, ed era più amorevole di me; quando aiutava i nuovi credenti, condivideva più e più volte. Quando pensavo che avesse già fatto un ottimo lavoro, diceva che bisognava migliorare. Ho pensato a come non avevo collaborato con lei, considerandola superflua. A volte era negativa, ma poi ribaltava subito la sua condizione e riprendeva a svolgere attivamente il suo dovere. Anche se ero stata sdegnosa nei suoi confronti, lei non smetteva di farmi domande. Era affettuosa e paziente, veramente responsabile nel suo dovere. Erano tutte qualità che a me mancavano. Rendermene conto mi ha fatta stare malissimo. Ho visto quanto la mia indole corrotta avesse danneggiato Liliana e il lavoro della chiesa. Se fossi stata collaborativa fin dall’inizio, discutendo tutto con lei, le cose non sarebbero andate così. Ero piena di rimorso, e ho pregato davanti a Dio: “Dio, vedo la mia corruzione e i miei difetti, e ora capisco la Tua volontà. D’ora in poi collaborerò con Liliana e vivrò un’umana sembianza”.
Da allora, nel mio lavoro con Liliana, le facevo sempre domande come: “Ti sembra che questo vada bene? Hai qualche altro suggerimento?” Una volta, discutendo del nostro lavoro, mi ha chiesto come andava l’irrigazione dei neofiti. Ho pensato: “Ne abbiamo discusso solo un paio di giorni fa, perché riparlarne? Se c’è qualche problema, posso gestirlo io”. Volevo escluderla di nuovo. Allora mi sono resa conto che il mio vecchio problema si stava ripresentando, che volevo comandare. Ho detto una rapida preghiera, chiedendo a Dio di guidarmi, così non avrei agito in base a un’indole corrotta. Finito di pregare, ho ripensato a tutti i miei fallimenti passati, a come ero autoritaria e dispotica, volendo sempre fare le cose a modo mio e mettermi in mostra. Era interamente un’espressione di Satana. Dovevo rinunciare a me stessa e praticare le parole di Dio, e collaborare con lei. Così, ho condiviso sinceramente con lei tutto ciò che sapevo del lavoro, e quando ho finito Liliana ha esternato le sue idee. Ho imparato alcune cose dalla sua condivisione, e ho sentito che era un modo meraviglioso di compiere il dovere.
In seguito, quando incontravo dei problemi nel mio dovere, ne discutevo con lei, e cercavamo insieme la verità e condividevamo in merito a tali questioni. Continuando in quel modo, il mio stato e il mio rendimento nel dovere sono migliorati. Sono molto grata a Dio. E ho visto che posso ricevere la guida di Dio solo se rinuncio a me stessa nel mio dovere, se lavoro bene con gli altri e se tutti compensano reciprocamente le loro mancanze!
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