Il danno che provoca mettersi in mostra
Alcuni anni fa ero addetta al compito di irrigazione con alcuni fratelli della mia stessa età. Erano responsabili e pieni di entusiasmo. Spesso gli altri li elogiavano, cosa per cui li stimavo molto. Speravo un giorno di diventare come loro e venire ammirata anch’io. Poi sono stata trasferita in un’altra Chiesa. Poco tempo dopo, una leader è stata etichettata come falsa leader e sostituita per non aver svolto lavoro pratico e io sono stata eletta come leader della Chiesa al suo posto. I fratelli che mi conoscevano mi hanno incoraggiata dicendo: “Dio ti sta sollevando, fanne tesoro”. Sapevo che quel compito comportava molta responsabilità e sarebbe stata un’ottima opportunità per mettermi alla prova. Se lo avessi svolto bene, gli altri fratelli mi avrebbero stimata. Dentro di me ho fatto voto di dare il mio meglio per svolgerlo bene.
Da allora, in ogni incontro di gruppo analizzavo come la precedente leader non aveva svolto il lavoro pratico, spesso esprimeva la sua negatività e tutti erano in collera con lei. Vedendo ciò, spesso dovevo ricordare a me stessa che gli altri fratelli ora erano in grado di identificare i falsi leader e si aspettavano che io svolgessi il lavoro pratico. Dovevo lavorare sodo e impegnarmi per ottenere la loro approvazione. Come leader della Chiesa, dovevo essere quella con più iniziativa nella Chiesa e più disposta alla sofferenza di chiunque altro, nonché essere capace di sacrificarmi più di tutti. Dovevo avere più fede degli altri quando si presentavano delle prove e restare positiva quando loro non riuscivano. Dovevo essere migliore degli altri membri della Chiesa sotto ogni aspetto, affinché tutti potessero costantemente tessere le mie lodi. Dominata da pensieri di questo tipo, mi occupavo di tutti gli incontri di gruppo e ogni giorno andavo a letto tardi. A volte, mentre chiacchieravo con gli altri, raccontavo di proposito quanto il lavoro della Chiesa mi impegnasse e andassi sempre a dormire tardi. Al sentire ciò, si facevano l’idea che fossi responsabile e pronta al sacrificio e mi consigliavano sempre di prendermi cura di me. Mi portavano anche manicaretti e bevande che avevano preparato a casa. Ogni volta che uno di loro era in cattive condizioni, correvo a dare sostegno, qualsiasi tempo facesse. Negli incontri, raccontavo ai fratelli di questo o quell’altro che si era sentito depresso per lungo tempo ma poi era tornato positivo dopo le mie condivisioni con lui. Allora tutti mi ritenevano amorevole e paziente, nonostante fossi giovane. Per impugnare il lavoro della Chiesa, quando si presentava un potenziale convertito correvo a chiedere al diacono del Vangelo di condividere con lui e a volte recavo anche testimonianza di persona. L’opera del Vangelo ha poi iniziato a crescere e in un incontro ho detto agli altri: “Visto? La nostra opera del Vangelo era scarsa, mentre ora ogni mese abbiamo persone che accolgono l’opera di Dio. Dobbiamo impegnarci ancora di più”. Allora i fratelli hanno pensato che l’opera del Vangelo era migliorata dopo il mio arrivo e mi ammiravano e idolatravano ancor di più. Quando condividevo le mie esperienze negli incontri, enfatizzavo molto alcuni casi di accesso positivo. Temevo che, se avessi parlato troppo della mia corruzione, gli altri avrebbero pensato che fossi fragile di fronte ai problemi e di bassa levatura e non mi avrebbero più stimata. Perciò tendevo a parlare poco della mia negatività o debolezza o riguardo la mia corruzione. Quanto alla mia ricerca della verità, alla pratica delle parole di Dio e a come svolgevo i miei compiti con fede e vedevo la guida di Dio, di questo parlavo eccome, assicurandomi di riportare ogni minimo dettaglio. Poiché ho condiviso in questo modo per molto tempo, gli altri mi reputavano esperta nel perseguire la verità e capace di trovare sempre il cammino della pratica. Mi cercavano per condividere quando si trovavano in difficoltà.
Dopo un po’, tutti gli aspetti del lavoro della Chiesa hanno fatto progressi. La fede delle persone è cresciuta, e sempre più tra loro volevano svolgere il proprio dovere. Di fronte a tale successo, mi sono sentita ancor più colonna portante della Chiesa. Camminavo a testa alta e parlavo più audacemente dovunque andassi. Sentivo di essere un’ottima leader per la Chiesa e di meritare a pieno la mia posizione. Nel lavoro con gli altri, assumevo sempre il controllo. Mi vantavo come se fossi migliore di loro, così che mi ammirassero e facessero ciò che dicevo. Una volta dovevamo affittare una casa per gli incontri. Un diacono e un mio collaboratore sono andati a visionare l’edificio. Mi sono detta: “Dovrei essere io a decidere su una cosa così importante. Non potete approvarla senza che io l’abbia esaminata di persona”. In realtà nel mio cuore sapevo che quel mio collaboratore era più maturo e aveva più esperienza di me e che avrebbe saputo meglio di me se la casa fosse un buon affare o no. E invece mi scervellavo su come mettere in mostra la mia intelligenza, pensando: “Quali altri dettagli e questioni vanno considerati nell’affittare una casa?” Così ho posto domande e li ho inviati a indagare ulteriormente. Alla fine qualche problema in merito alla casa è emerso e, dopo averlo scoperto, i miei collaboratori hanno detto: “Siamo mortificati. Siamo più grandi di te ma non abbiamo avuto la tua stessa meticolosità”. Questo mi ha fatto sentire così fiera di me stessa! Da allora, tutti venivano da me per avere risposte e discutere questioni. Col passare del tempo, i miei collaboratori hanno perso un po’ l’entusiamo e aspettavano prima la mia opinione per ogni cosa. Si sono appoggiati su di me sempre di più.
Gradualmente ho notato che la mia reputazione tra di loro si faceva sempre più solida e che dovevo mettere bocca su ogni questione della Chiesa, piccola o grande. Fratelli e sorelle guardavano a me per una condivisione riguardo a ogni difficoltà. Mi sentivo indispensabile per la Chiesa e molto spesso provavo autocompiacimento. A volte pensavo che chi gode di ammirazione viene prima o poi colpito da sventura e, a disagio, mi domandavo: “Tutti mi stimano così tanto: mi sono forse smarrita?” Ma poi mi dicevo: “Sono una leader. Va da sé che fratelli e sorelle vengano da me con le loro questioni. E io posso aiutarli a risolvere alcuni dei loro problemi. È normale che si affidino a me! A chi non piace avere qualcuno che lo aiuti?” E così ho ignorato gli ammonimenti e gli avvertimenti dello Spirito Santo e non ho esaminato la mia condizione né il cammino da me intrapreso. Al contrario, ho persistito nell’errore sulla vecchia via. Solo quando Dio mi ha castigata e disciplinata il mio cuore insensibile ha iniziato a destarsi.
Una mattina, al risveglio, avevo un forte dolore all’occhio sinistro. Continuava a lacrimare e, quando mi sono guardata allo specchio, ho trovato irrigidito tutto il lato sinistro del viso. Non riuscivo a chiudere l’occhio né a muovere la bocca. Non avevo idea di cosa si trattasse. Quel pomeriggio, durante l’incontro, una sorella mi ha guardata turbata, poi mi ha detto che era una paralisi facciale e che dovevo farmi curare al più presto. Ha detto che, se avessi aspettato, il mio viso non sarebbe più tornato come prima. È stato davvero un duro colpo, non riuscivo più a pensare. Ero così giovane: come potevo avere una simile malattia? Se la sorella aveva ragione e la mia faccia fosse rimasta deforme, come avrei svolto il mio compito? Come avrei guardato le persone? Completamente disorientata, ho cominciato a perdermi d’animo. Tutti gli altri parlavano della mia patologia, ma la mia mente era in preda alla confusione. Non avevo più alcuna forza.
Non so come sono arrivata a casa quel giorno. Volevo pregare Dio ma non sapevo cosa dire. Non ho potuto far altro che chiederGli di guidarmi per calmarmi e ricercare la Sua volontà. D’un tratto ho ripensato a un inno delle parole di Dio: “Come si dovrebbe sperimentare la sofferenza della malattia? Presentandosi dinanzi a Dio per pregare e cercare di comprendere la Sua volontà, esaminando anche quali trasgressioni si sono commesse e che tipo di corruzione non è stato ancora risolto. Il dolore fisico è inevitabile, e ci si deve temprare attraverso la sofferenza per non essere dissoluti ed essere capaci di vivere sempre al cospetto di Dio. Se il cuore delle persone soffre, allora loro pregheranno sempre e si esamineranno per vedere se hanno fatto qualcosa di sbagliato o se hanno offeso Dio in qualche modo. Questo è loro di giovamento. Non è certo una coincidenza che le persone possano trovarsi di fronte a prove e grandi sofferenze” (“Bisogna ricercare la volontà di Dio quando si è colpiti dalla malattia” in “Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi”). Le parole di Dio dicono: “Non è certo una coincidenza che le persone possano trovarsi di fronte a prove e grandi sofferenze”. Le parole di Dio mi hanno mostrato che la mia malattia non era casuale. Dietro c’era di certo la volontà di Dio, Egli mi stava disciplinando. Dovevo ricercare seriamente e meditare su me stessa per capire come avessi offeso Dio. Ho pregato al cospetto di Dio: “Dio Onnipotente! Ora sono malata e dentro di me so che questo sei Tu che mi disciplini, che attraverso questa infermità mi ammonisci e mi fai riflettere su me stessa. Ma ora mi sento così intorpidita. Non ho compreso i miei problemi. Ti prego di illuminarmi affinché attraverso ciò io impari la mia lezione”. Dopo aver pregato ho continuato a riflettere, ma non riuscivo a capire come avessi offeso Dio. Così ho di nuovo pregato al Suo cospetto con sincerità e Gli ho chiesto di guidarmi. Ho pregato e ricercato così per qualche giorno. Dio sia lodato per aver ascoltato le mie preghiere. Non molto tempo dopo, Dio ha creato delle situazioni attraverso le quali farmi vedere i miei problemi.
Un giorno sono andata da sorella Zhao per l’agopuntura. Tutti i suoi familiari mi hanno chiesto come stessi, temendo mi sentissi giù. Durante l’agopuntura, mi hanno letto “I principi per gestire la malattia”. Sorella Zhao mi ha detto di non preoccuparmi e di pregare, affidarmi ancor più a Dio e avere fede, e che con quel trattamento sarei subito stata meglio. Ma in precedenza aveva anche detto che senza cure immediate il mio viso rischiava di restare deforme per sempre, perciò avevo molta paura. Nel vederla così preoccupata per me, ho pensato: “Se gli altri sapessero come mi sento davvero, penserebbero che sono di bassa levatura? Quando qualcuno di loro è sottoposto a prove o si ammala, io condivido con loro in merito a verità riguardanti la fede, sentendo la mia stessa fede incrollabile. Ma ora che d’improvviso mi sono ammalata sto mostrando la mia scarsa fede e manifestando ansie e timori. Ora tutti penseranno che predico dottrina e nulla più?” Così ho sorriso e detto a sorella Zhao: “Mi sento un po’ debole ora che sono malata, è vero, ma credo che tutto sia nelle mani di Dio. Questa sofferenza fisica non è nulla. Ciò che mi addolora di più è non capire la volontà di Dio o quali siano i miei problemi. Essere così inebetita mi turba”. Lei mi ha guardato con ammirazione e ha detto: “Ora che sei malata, dovresti riflettere su te stessa. Esaminati e cerca di capirti, e vedi anche di curarti. Forse ti sei ammalata perché lavori sempre così tanto. Svolgi i tuoi compiti da mattino a sera, una cosa che tutti rispettiamo. Vorresti andare a svolgere il tuo dovere persino adesso. Rilassati, piuttosto. Ho rimproverato la sorella con cui lavori per non aver fatto la sua parte. L’ho ammonita a essere più attenta nel lavoro della Chiesa”. Questo mi ha fatta sentire a disagio, così l’ho corretta dicendo: “Non sono l’unica a svolgere il lavoro della Chiesa. Non mettermi su un piedistallo”. Tornando a casa, quel giorno, pensavo: “Come può criticare quella sorella in quel modo a causa mia? Ai suoi occhi sono forse la più responsabile di tutti? A quanto pare non faccio che lodare me stessa e sminuire gli altri”. Ho pensato a come avevo appena nascosto a sorella Zhao la mia debolezza e finto di avere una fede così salda: non era stato ingannarla? Mi stavo domandando questo quando ho visto sorella Zhang venire verso di me. Preoccupatissima per me, mi ha detto: “Devi riguardarti. Cosa faremo se questa malattia ti mette fuori gioco?” Le sue parole così schiette mi hanno molto spaventata. Ripresa la mia strada, ho continuato a pensare a ciò che mi aveva detto. Cominciando a sentirmi agitata, mi sono detta: “Sono solo un’insignificante leader della Chiesa. La Chiesa può benissimo fare senza di me. Come ha potuto Zhang chiedermi cosa farebbero senza di me? Le parole di sorella Zhang dimostrano che lei mi ha nel cuore. Il cuore è il tempio di Dio; dunque, se ho un posto lì, non mi sto forse opponendo a Lui?” Ho ripensato al mio costante desiderio dell’altrui approvazione e ammirazione, eppure sentire la mia sorella parlare così mi ha turbata e spaventata. Mi sono detta: “Ho ingannato anche altri fratelli e sorelle? Se altri si sentono come sorella Zhang, non significa forse che li ho portati dinanzi a me? Sono sul cammino degli anticristi!” Avevo visto alcuni anticristi venire espulsi in precedenza, e al pensiero ho sentito un brivido lungo la schiena. Era come trovarsi in un’enorme catastrofe.
Arrivata a casa, ho preso il mio libro delle parole di Dio e ho letto questo: “Le persone arroganti per natura sono capaci di disobbedire a Dio, di resisterGli, di commettere atti che portano a giudicarLo e tradirLo e di fare cose che esaltano sé stesse e che sono un tentativo di instaurare il proprio regno. Se, per ipotesi, ventimila persone in un Paese accettassero che tu fossi incaricato di andare lì a lavorare e Io ti trascurassi per un mese e ti accordassi l’autorità di fare di testa tua, entro dieci giorni ti saresti fatto conoscere da tutti ed entro un mese tutti si inginocchierebbero davanti a te, canterebbero le tue lodi con ogni parola possibile, direbbero che predichi con profondità di pensiero e affermerebbero con insistenza che i tuoi discorsi sono ciò di cui avevano bisogno e che tu sai provvedere alle loro necessità, il tutto senza mai pronunciare la parola ‘Dio’. Come avresti svolto questo lavoro? Il fatto che queste persone siano capaci di una tale reazione dimostrerebbe che il lavoro che stavi svolgendo non consisteva affatto nel rendere testimonianza a Dio, ma solo nel renderla a te stesso e nel metterti in mostra. Come potresti ottenere un tale risultato? Alcuni dicono: ‘Quello che condivido è la verità; certamente non ho mai testimoniato a me stesso!’ Questo tuo atteggiamento, questo modo di fare, è quello di cercare di condividere con le persone dalla posizione di Dio, e non quello di stare nella posizione di un essere umano corrotto. Tutto quello che dici sono discorsi pomposi e richieste fatte agli altri; non ha assolutamente niente a che fare con te stesso. Quindi, l’effetto che otterresti è quello di far sì che la gente ti adori, ti invidi e ti lodi finché, alla fine, tutti ti conosceranno, ti renderanno testimonianza, ti esalteranno e ti lusingheranno al massimo. Quando ciò accadrà, sarai finito: avrai fallito! Non siete forse tutti su questa strada in questo momento? Se ti venisse chiesto di metterti a capo di alcune migliaia o alcune decine di migliaia di persone, ne saresti entusiasta. Daresti allora sfogo all’arroganza e cominceresti a cercare di occupare la posizione di Dio, parlando e gesticolando, senza sapere cosa indossare, cosa mangiare o come camminare. Non incontreresti la maggior parte di coloro che sono al di sotto di te, degenereresti a poco a poco e saresti abbattuto proprio come l’arcangelo. Siete tutti capaci di questo, non è vero? Allora, cosa dovreste fare? Se un giorno si disponesse davvero che voi andaste fuori a lavorare e voi foste capaci di fare queste cose, come si potrebbe ampliare il lavoro? Non sarebbe forse un problema? Chi, allora, oserebbe lasciarvi andare là? Qualora tu andassi là, non torneresti indietro; non presteresti attenzione a nulla di ciò che Dio ha detto e continueresti solo a metterti in mostra e a testimoniare a te stesso, come se stessi portando la salvezza alla gente e compiendo l’opera di Dio; faresti sentire le persone come se Dio fosse apparso e fosse qui a operare e, qualora esse ti adorassero, tu ne saresti felicissimo e accetteresti persino che ti trattassero come Dio. Una volta raggiunto questo stadio, saresti finito; saresti scartato. Senza che tu te ne renda conto, tale natura arrogante finirebbe per essere la tua rovina. Questo è l’esempio di una persona che prende la strada degli anticristi. Le persone che arrivano a questo punto hanno perso la coscienza; la loro capacità di percezione ha cessato di funzionare” (“Una natura arrogante è la radice dell’opposizione dell’uomo a Dio” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). “Alcune persone sfruttano la propria posizione per deporre continuamente a loro favore, per esaltarsi e per competere con Dio per gli uomini e per lo status. Usano vari metodi e accorgimenti per indurre gli altri a adorarle, provando costantemente a conquistarli e a controllarli. Alcune addirittura li fuorviano inducendoli a pensare che siano Dio in modo da poter essere trattate come Lui. Non direbbero mai agli altri che sono state traviate, che sono corrotte e arroganti a loro volta, che non andrebbero adorate, che la loro eventuale condotta impeccabile dipende tutta dall’esaltazione di Dio e che è il comportamento che dovrebbero tenere in ogni caso. Perché non dicono queste cose? Perché hanno molta paura di perdere il loro posto nel cuore degli altri. È per questo motivo che le persone di questo tipo non esaltano mai Dio e non Gli rendono mai testimonianza” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “L’opera di Dio, l’indole di Dio e Dio Stesso I”). “Tutti coloro che peggiorano progressivamente si esaltano e testimoniano sé stessi. Se ne vanno in giro vantandosi e autocelebrandosi e non hanno affatto preso a cuore Dio. Avete qualche esperienza di ciò che sto dicendo? Molte persone testimoniano costantemente sé stesse affermando: ‘Ho sofferto in questo e in quel modo; ho svolto questo e quel lavoro; Dio mi ha trattato in questa e in quella maniera; mi ha chiesto di fare questo e quello; ha un’opinione particolarmente alta di me; ora io sono così e cosà’. Parlano deliberatamente in un certo tono e assumono certe posture. Sostanzialmente, alcuni finiscono per pensare che tali persone siano Dio. Quando saranno arrivate a quel punto, lo Spirito Santo le avrà abbandonate da tempo. Anche se intanto vengono ignorate e non espulse, il loro destino è stabilito e possono soltanto aspettare la loro punizione” (“Gli esseri umani chiedono troppo a Dio” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Le parole di Dio mi hanno trafitto il cuore come una spada. Ero proprio come esse dicevano: sempre a celebrarmi e vantarmi nel mio dovere. Da quando ero diventata una leader, avevo pensato che questo volesse dire dover essere migliore degli altri, di maggiore levatura, per godere dell’approvazione e dell’ammirazione di tutti. Quando condividevo le mie esperienze, allestivo una messinscena e non parlavo quasi mai delle mie debolezze e della mia corruzione, per paura che gli altri non mi stimassero più sapendo che ero corrotta proprio come loro. Persino quando mi sono ammalata, ero depressa, ho iniziato a lamentarmi ed ero molto spaventata, per mantenere la mia immagine ho nascosto i miei veri sentimenti e parlato solo di cose positive, così che gli altri mi idolatrassero ancor più e pensassero quanto sono positiva e quanta fede ho in più rispetto a loro. Come leader, ci si aspettava comunque che dormissi poco e mi sacrificassi di più. Ma era sempre intenzionalmente che mi lasciavo sfuggire con i miei fratelli quanto impegnata fossi, quanto facessi tardi la sera e quanto duramente lavorassi, affinché pensassero che ero così responsabile e solerte. Il successo che avevo nel mio dovere era chiaramente merito dello Spirito Santo, ma non esaltavo mai Dio, vantandomi solo di quanto soffrissi e mi sacrificassi, così che tutti mi ritenessero la colonna portante della Chiesa, come se nulla potesse essere realizzato senza di me. Condividevo sempre così, ingannando gli altri, motivo per cui sono stata disciplinata con la malattia. Tuttavia gli altri credevano mi fossi ammalata per via del duro lavoro e hanno persino rimproverato la sorella con cui lavoravo per non essersi impegnata, come fossi io a portare il più grande fardello per la Chiesa. Mi ero lodata e vantata in questo modo, ingannando e ingabbiando gli altri e portandoli al mio cospetto. Ero stata apertamente ostile verso Dio. A questo pensiero non ho potuto trattenere la paura. Per far sì che gli altri mi ammirassero e idolatrassero, ho usato ogni mezzo possibile per mettermi in mostra e ingannarli, portandoli ad affidarsi a me e a non lasciare più posto per Dio nei loro cuori. Ricercavano la mia opinione e approvazione in ogni cosa: non stavo regnando nella Chiesa come una regina? La Chiesa doveva essere un luogo dove adorare Dio. Esaltando me stessa e portando gli altri dinanzi a me, non avevo forse cercato di sostituirmi a Dio e tramutarLo in un fantoccio? Avevo avversato e tradito Dio proprio come un anticristo, avevo commesso il terribile peccato di offendere l’indole di Dio! Allora ho provato terrore. Ero malata per aver fatto infuriare Dio e ora Lui mi stava mostrando la Sua indole giusta. Mi sono odiata per la mia insensibilità e ribellione, e ho compreso che l’indole giusta di Dio non tollera alcuna offesa. Prostrata dinanzi a Dio, ho pregato penitente: “Dio Onnipotente! È un anno che invece di servire Te sto compiendo il male. Ho condotto persone dinanzi a me, competendo con Te per il dominio. Mi sono comportata da anticristo, in modo spregevole e vergognoso. Amato Dio, ho sbagliato davvero molto”. Sopraffatta dal rimorso, mi vergognavo troppo per affrontare Dio.
Allora ho iniziato a pensare: “Come ho potuto intraprendere tale cammino di errore? Cosa mai al mondo lo ha fatto accadere?” Ho letto le parole di Dio: “Ci sono persone che idolatrano Paolo in modo particolare. Amano uscire, tenere discorsi e lavorare, amano partecipare alle adunanze e predicare; amano essere ascoltati e adorati dalla gente, e che tutti ruotino intorno a loro. Amano essere considerate persone di prestigio dagli altri e gradiscono quando gli altri apprezzano l’immagine da loro presentata. Analizziamo la loro natura alla luce di questi comportamenti: qual è la loro natura? Se si comportano realmente in questo modo, allora ciò è sufficiente a dimostrare che sono arroganti e presuntuose. Non venerano affatto Dio; ricercano uno status più elevato e desiderano esercitare autorità sugli altri, dominarli e detenere una posizione di prestigio agli occhi altrui. Questa è la classica immagine di Satana. Gli aspetti della loro natura che emergono sono l’arroganza e la presunzione, una riluttanza a venerare Dio e un desiderio di essere venerati dagli altri. Simili comportamenti possono offrire una visione molto chiara della loro natura” (“Come conoscere la natura umana” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). “Da quando gli esseri umani sono stati corrotti da Satana, la loro natura ha iniziato a cambiare e, gradualmente, hanno perso il senso della ragione che le persone normali possiedono. Oggi le persone non agiscono più da esseri umani secondo la posizione dell’uomo; anzi, desiderano andare oltre la condizione dell’uomo, e anelano a qualcosa di più elevato e di più grande. E che cos’è questo qualcosa di più elevato? Desiderano superare Dio, superare i cieli, superare tutto il resto. Che cosa c’è alla radice del perché le persone sono diventate così? In fin dei conti, la natura dell’uomo è oltremodo arrogante. […] La manifestazione dell’arroganza è la ribellione e l’opposizione a Dio. Quando gli uomini sono arroganti, presuntuosi e ipocriti, tendono a fondare i loro regni indipendenti e a fare le cose comunque vogliano. Inoltre conducono gli altri tra le proprie mani e nei propri abbracci. Se gli uomini sono capaci di fare cose di questo tipo, significa che l’essenza della loro arroganza è diventata quella dell’arcangelo. Quando la loro arroganza e presunzione raggiungono un certo livello, ciò fa sì che essi siano l’arcangelo e che accantonino Dio. Se tu possiedi tale indole arrogante, Dio non avrà alcun posto nel tuo cuore” (“Una natura arrogante è la radice dell’opposizione dell’uomo a Dio” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Grazie alle parole di Dio ho compreso meglio l’essenza del mio problema e la ragione per cui mi sono sempre celebrata e vantata svolgendo i miei compiti. La causa era la mia natura arrogante e presuntuosa. Mi trovavo sul cammino sbagliato sin dall’inizio. Vantarmi e autocelebrarmi nel lavoro mi ha resa tale e quale a Paolo. Paolo nello svolgere il suo compito si vantò e fece mostra di sé sempre e nelle sue lettere non testimoniò mai che il Signore Gesù era Dio incarnato. Non faceva che raccontare del proprio dolore e sacrificio, anche quando diceva “Per me il vivere è Cristo” (Filippesi 1:21), e “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia” (2 Timoteo 4:7-8). Convinse gli altri che lui meritava una corona e delle ricompense. Ho compreso di avere una natura identica alla sua. Mi piaceva essere ammirata e idolatrata, che le persone mi stessero intorno e mi elogiassero in qualunque posto andassi. Dovevo solo avere un posto nei loro cuori. Proprio come dicono le parole di Dio, ho capito che la mia natura era colma di “l’arroganza e la presunzione, una riluttanza a venerare Dio e un desiderio di essere venerati dagli altri”. Sono stata così arrogante da perdere il senno. Incapace di svolgere il mio ruolo di creatura e di adorare Dio, non ho trattato Dio come Dio, anzi ho adorato me stessa. Ho impostato il mio lavoro in modo da essere ammirata e idolatrata, cosa che mi ha portata a ingannare i miei fratelli. All’insorgere dei problemi, si affidavano a me e mi lasciavano decidere tutto. Ho condotto le persone al mio cospetto e instaurato il mio regno personale. Un simile comportamento non poteva che destare l’ira e l’odio di Dio nei miei confronti. La giustizia di Dio mi aveva fatto ammalare, lo meritavo: avevo compiuto il male e avversato Dio. Ho reso grazie a Dio per aver disciplinato me e fermato le mie cattive azioni.
Capito questo, ho pregato Dio: “Da domani praticherò espressamente la verità e rinuncerò alla mia carne. Rivelerò la mia corruzione perché anche gli altri la vedano, vedano me per ciò che sono e smettano di idolatrarmi”. Il mattino dopo, nelle mie devozioni, ho letto alcune parole di Dio in merito all’onestà e alla sincerità e a come esaltare Dio e renderGli testimonianza. Le parole di Dio dicono: “Quando rendete testimonianza a Dio, dovreste soprattutto parlare maggiormente di come Egli giudica e castiga le persone, di quali prove usa per affinarle e cambiarne l’indole. Dovreste parlare anche di quanta corruzione è stata rivelata nella vostra esperienza, di quanto avete sopportato e di come alla fine siete stati conquistati da Dio; parlate di quanta vera conoscenza dell’opera di Dio avete e di come dovete rendere testimonianza per Lui e ripagarLo del Suo amore. Dovete parlare questo tipo di linguaggio in modo più pratico, esprimendovi contemporaneamente in maniera semplice. Non parlate di teorie vuote. Parlate in modo più concreto; parlate con il cuore. È così che dovreste sperimentare. Non armatevi di teorie vuote, apparentemente profonde, solo per mettervi in mostra; questo comportamento vi fa apparire molto arroganti e irragionevoli. Dovreste parlare maggiormente di cose reali tratte dalle vostre esperienze effettive che siano genuine e che provengano dal cuore; questa è la cosa che reca maggiore beneficio agli altri ed è quanto di più adeguato possano vedere. Eravate persone che si opponevano massimamente a Dio, le meno inclini a sottomettervi a Lui, ma ora siete state conquistate. Non dimenticatelo mai. Dovreste meditare e riflettere in modo più approfondito su queste questioni. Una volta che le persone le avranno comprese chiaramente, sapranno come rendere testimonianza; altrimenti saranno propense a compiere azioni vergognose e irragionevoli” (“Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). “‘Esperienze di condivisione e comunione’ significa parlare di ogni pensiero presente nel tuo cuore, della tua condizione, delle tue esperienze e della tua conoscenza delle parole di Dio, nonché dell’indole corrotta che è in te. Dopo di che, altri discerneranno queste cose, e accetteranno il positivo e riconosceranno ciò che è negativo. Solo questo è condivisione e solo questo è vera comunione” (“La pratica fondamentale per essere una persona onesta” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Grazie alle parole di Dio ho capito che, per esaltarLo e testimoniarLo veramente, dobbiamo parlare di più della nostra corruzione e ribellione, mettere a nudo la nostra vera condizione e i nostri pensieri, parlare delle nostre motivazioni spregevoli, di cosa abbiamo fatto e cosa ne è risultato, e di come sperimentiamo il giudizio delle parole di Dio e giungiamo a conoscere noi stessi. Inoltre dovremmo esporre e analizzare la nostra essenza corrotta affinché tutti ci vedano per ciò che siamo e parlare di come Dio ci ha castigati e disciplinati e abbia generato eventi per guidarci così da mostrare a tutti il Suo amore per l’uomo. Dobbiamo anche parlare con sincerità, dal cuore, e non darci delle arie o vantarci. Adesso che avevo un cammino di pratica, mi sono aperta agli altri in condivisione in merito a tutti i modi in cui di recente avevo percorso il cammino degli anticristi. Ho esaminato le spaventose conseguenze di quel cammino e dell’aver ingannato gli altri, e più comunicavo al riguardo, più chiaramente vedevo me stessa. In seguito, gli altri hanno affermato che non si erano accorti di nulla e che erano stati raggirati dai mei brillanti discorsi e dalle mie buone azioni. Una sorella ha detto: “Credevo fossi bravissima nel praticare la verità, come se leggendo le parole di Dio riuscissi sempre a rimanere positiva. Ora vedo che anche tu sei corrotta, che anche tu sei stata depressa e debole, e che tutta l’umanità è ugualmente corrotta. Non possiamo idolatrare né idealizzare nessuno”. Un’altra sorella ha aggiunto: “Ero convinta tu fossi davvero forte e non ho mai voluto essere sincera in tua presenza. Pensavo di essere così corrotta rispetto a te! Adesso che ti sei aperta con noi, vedo che siamo tutti uguali”. Sentirle parlare così ha scatenato in me vergogna e rimorso. Ho risposto: “Non adoratemi più. Ho percorso il cammino degli anticristi e vi ho raggirati tutti”. Poi i miei collaboratori mi hanno aiutata a conoscere me stessa attraverso le parole di Dio, e di colpo mi sono sentita molto più vicina a tutti loro. Mi sentivo molto meglio quel giorno quando sono andata a casa. Quella sera ho quasi dimenticato di essere malata e ho dormito benissimo. Al risveglio, il mattino dopo, con mia grande gioia il mio viso era tornato normale. Era guarito nell’arco di una sola notte!
In seguito, in un incontro, ho letto queste parole di Dio: “Di norma, quando si tratta di coloro le cui intenzioni e i cui obiettivi non sono giusti, e anche di coloro che amano mettersi in mostra, che sono ansiosi di fare, inclini a sovvertire, bravi a concionare sulla dottrina religiosa, che sono i lacchè di Satana e così via; ebbene, queste persone, quando si alzano in piedi, si trasformano in difficoltà per la Chiesa, con il risultato che il nutrirsi delle parole di Dio da parte dei fratelli e sorelle finisce in nulla. Quando cogli queste persone nell’atto di fare la commedia, allontanale immediatamente. Se nonostante i ripetuti moniti non cambieranno, subiranno delle perdite. Se coloro che si accaniscono a fare le cose a modo proprio si difendono cercando di insabbiare i loro peccati, la Chiesa dovrebbe tagliarli fuori senza indugio, non lasciando loro spazio di manovra. Evita di incorrere in una grande perdita nel tentativo di evitarne una piccola; non perdere di vista il quadro generale” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 17”). Le parole di Dio hanno messo a nudo ciò che ero stata nell’ultimo anno. Dopo essere diventata una leader, mi piaceva assumere il controllo in ogni cosa. Mi vantavo come fossi la migliore di tutti. Parlando di lavoro con i miei collaboratori, nonostante avessero le loro idee, dovevo sempre comandare e blaterare dei miei pareri “superiori”. Sembravo intraprendente e positiva, ma in realtà volevo solo mettermi in mostra in tutto ciò che facevo e suscitare l’ammirazione altrui. Ripensando a ciò, ho capito che il mio agire riprovevole era dipeso dalla mia natura arrogante. Gli altri rispettavano le mie opinioni e discutevano le questioni con me. Loro vivevano la verità realtà, non erano arroganti né dispotici. Mentre io attribuivo ciò al mio essere migliore di loro e desideravo sempre dimostrare di esserlo e comportarmi altezzosamente. Tutto era così ridicolo. Ero priva di autoconsapevolezza, come l’imperatore ne “I vestiti nuovi dell’imperatore”. Non mi accorgevo di comportarmi vergognosamente e mi vantavo a ogni occasione. Nel ripensare al mio comportamento, mi sono sentita mortificata e imbarazzata. Mi ero ritenuta splendida solo perché non mi conoscevo davvero. Mi spaventava il cammino che avevo intrapreso, specialmente leggendo nelle parole di Dio che, quando incontriamo persone con motivazioni sbagliate che amano vantarsi, dovremmo “allontanale immediatamente”, e, se non riflettono su se stesse e accampano delle scuse, “la Chiesa dovrebbe tagliarli fuori senza indugio”. Questo mostrava la giustizia e la maestà di Dio. Mi ero messa in mostra ogni volta che potevo, col risultato di aver ingannato i miei fratelli e averli portati a idolatrarmi ancor di più. Questo aveva privato Dio di un posto nei loro cuori. Avevo segretamente trasformato i miei collaboratori in fantocci che non agivano più responsabilmente. Muovendomi a briglia sciolta nella Chiesa, avevo fatto solo danni senza accorgermene, credendomi per tutto il tempo un astro nascente. Se Dio non mi avesse giudicata severamente, non avrei mai saputo nulla di me stessa, del cammino di errore su cui mi trovavo o di essere sulla via del non ritorno. Capito questo, ho iniziato a cambiare prospettiva sulle cose. Avevo creduto che, se ero una persona capace che gli altri ammiravano, allora darsi qualche aria non era un problema, anzi era persino bello. Ora capivo che vantarsi in un modo così spregevole per suscitare ammirazione era riprovevole. Ho percepito quanto fosse vergognoso non capire me stessa, non ricercare un cambiamento di indole e seguire la mia indole arrogante e mettermi in mostra a ogni occasione. Chi è dotato di umanità sa liberarsi dalla propria arroganza, riverire Dio, comportarsi adeguatamente, svolgere il proprio dovere praticamente e testimoniare Dio in parole e azioni. Tali persone vivono con saggezza e dignità.
Da allora mi disgustava e nauseava ritrovarmi involontariamente a vantarmi. Allora mi rammentavo consapevolmente che dovevo essere vera e non boriosa, con chiunque mi trovassi. In particolar modo dovevo essere più pratica nel comunicare e non vantarmi. Prima di condividere le mie esperienze, pregavo Dio con concentrazione, chiedendoGli di sorvegliare il mio cuore, e correggevo le mie motivazioni per testimoniarLo ancor più. Dopo aver condiviso, mi chiedevo se non fossi stata in qualche modo boriosa nel parlare. A volte mi rendevo conto di essermi data qualche piccola aria, così, la volta successiva in cui incontravo lo stesso gruppo, mi mettevo a nudo ed analizzavo il mio precedente comportamento affinché tutti capissero le mie parole e non mi idolatrassero ciecamente. Dopo una condivisione di questo tipo, i miei fratelli riuscivano a vedere la mia vera levatura e smettevano di adorarmi.
Se ripenso a quanto accaduto, Dio mi ha dato un’opportunità di svolgere il mio dovere ma io ho percorso il cammino degli anticristi per gestire le cose per conto mio e sono divenuta Sua avversaria. Devo a Dio così tanto. Se non mi avesse disciplinata con quella malattia e senza il giudizio delle Sue parole, ancora non mi conoscerei affatto. Avevo sempre cantato l’inno “Sappi che il castigo e il giudizio di Dio sono amore”, ma non lo avevo mai sperimentato o capito veramente. Ora sentivo davvero che il giudizio, il castigo, la punizione e la disciplina di Dio sono il sommo amore e la salvezza che Lui ci dona! Meditare sull’amore di Dio mi ha profondamente commossa e mi sono pentita di non aver perseguito la verità. Mi sono detta che dovevo cercare di essere onesta. Negli incontri mi concentravo sul condividere le parole di Dio in modo da esserGli testimone. In compagnia dei miei collaboratori, mi sforzavo in ogni modo di rispettare e sostenere le loro idee che erano in linea con la verità e non li tagliavo più fuori né mi vantavo come ero solita fare prima. Ora ci trovavamo sullo stesso livello, nessuno assumeva più il controllo sugli altri. Di fronte a un problema, tutti seguivamo i princìpi e li mettevamo in pratica. Ero così grata che il giudizio e il castigo di Dio mi avessero portata a capire la Sua indole giusta e a iniziare a riverirLo. Mi sono impegnata a fare la mia parte di essere creato nel servire Dio e a svolgere bene il mio compito. Rendo grazie a Dio Onnipotente per avermi salvata.
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