La persecuzione che ho subito per la fede
Una sera, a maggio del 2003, erano le 8 passate e io ero appena tornata a casa dopo aver svolto il mio dovere. Tre agenti di polizia anno fatto irruzione, mi hanno afferrata per le braccia e mi hanno ammanettata. Mi batteva forte il cuore per la paura. Uno di loro mi ha perquisita e mi ha sequestrato il cercapersone. “Quale legge ho infranto?”, ho chiesto. “Perché mi state arrestando?” Lui mi ha risposto con uno sguardo truce: “Lo stato non permette la tua fede in Dio Onnipotente. Va contro la politica del Partito Comunista. E quindi ora ti arrestiamo!” Senza ulteriori spiegazioni, mi hanno spinta nella loro auto. Stipata sui sedili posteriori, ero nervosa e spaventata, non avendo idea delle crudeltà che mi aspettavano. Temevo, per via della mia scarsa statura, di non essere in grado di sopportare la tortura, di comportarmi da giuda e di vendere i miei fratelli e sorelle. Ho pregato silenziosamente Dio più e più volte, chiedendoGli di vegliare su di me e di darmi fede e forza. Poi mi sono ricordata di queste Sue parole: “Sai che ogni cosa nell’ambiente che ti circonda è lì perché Io l’ho permesso, Io l’ho disposto. Vedi con chiarezza e appaga il Mio cuore nell’ambiente che ti ho dato. Non temere, il Dio Onnipotente degli eserciti sarà certamente con te; Egli vi protegge ed è il vostro scudo” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 26”). Le parole di Dio hanno ravvivato la mia fede e il mio coraggio. Ero stata arrestata con il permesso di Dio e la polizia era nelle Sue mani. Con Dio a proteggermi, non c’era nulla da temere. Questi pensieri hanno dissipato la mia paura e dentro di me ho deciso che, indipendentemente da come la polizia mi avrebbe torturata, non avrei mai venduto i fratelli e le sorelle o tradito Dio.
Quando siamo arrivati alla stazione di polizia, un’agente mi ha spogliata e poi mi ha portata in un’altra stanza, dove mi ha ammanettata a una conduttura del riscaldamento con le mani dietro la schiena. Poco dopo le 23, la polizia ha trovato in casa mia alcuni libri delle parole di Dio e diversi cercapersone. Tenendo i cercapersone in mano, il capo Li, della Brigata di Polizia Criminale, mi ha chiesto: “Chi te li ha dati? Con chi sei stata in contatto?” Dato che non ho risposto, mi ha colpita un paio di volte con violenza. Vedevo le stelle e il mio viso bruciava dal dolore. Poi mi ha calpestato con forza gli alluci, provocandomi un dolore simile alla puntura di un ago che mi ha fatto ricoprire il corpo di sudore. Infuriata, gli ho detto: “Sono una credente che percorre la retta via nella vita. Quale legge sto infrangendo? La legge cinese non consente forse la libertà di credo? Che diritto avete di arrestarmi e picchiarmi?” Uno degli agenti ha risposto: “Quanto sei ingenua! La libertà di credo è una facciata per placare gli stranieri. Il Partito Comunista è ateo, quindi il Paese vuole sopprimere ed estirpare voi credenti! Se non ci dici quello che sai, domani sarai carne morta. Potrai anche essere entrata qui camminando sui tuoi piedi, ma ne uscirai orizzontale!” A quel punto, sono usciti dalla stanza. Ho considerato che, visto tutto ciò che avevano trovato a casa mia, non era possibile che mi lasciassero semplicemente andare. Non avevo idea delle torture che mi avrebbero inflitto se avessi taciuto. Avevano persino dichiarato che sarei stata carne morta: mi avrebbero uccisa. Questo mi colmava di agitazione, così ho detto una preghiera, chiedendo a Dio fede e forza. La mattina dopo, sono arrivati quattro agenti con una sedia della tigre. L’agente Li si è rivolto a me con uno sguardo demoniaco: “Ti faccio vedere io cosa ti succede se non parli! Oggi avrai un assaggio della sedia della tigre!” Poi mi hanno spinta sulla sedia e hanno vincolato le mie mani nei cerchi di metallo, con i palmi rivolti verso l’alto. Sedevo con il corpo inclinato all’indietro, i piedi piegati e tesi verso il basso, e le manette che mi scavavano dolorosamente nei polsi. Le mani mi si sono subito gonfiate come palloncini. Sono diventate livide e completamente insensibili. La giornata è trascorsa così. La mia temperatura corporea è precipitata e avevo le mani sempre più gonfie. La preoccupazione e la paura non facevano che crescere: avanti di quel passo, averi avuto le mani perennemente compromesse? In quell’eventualità, come avrei fatto a sopravvivere? Più ci pensavo e più saliva l’angoscia. Non avevo idea di quando sarebbe finito quel supplizio. Ho pregato: “O Dio, sto davvero soffrendo. Ti prego, dammi forza e guidami affinché riesca a resistere”. E poi ho pensato a qualcosa che Dio ha detto: “Mentre subiscono le prove è normale che gli uomini siano deboli o abbiano in sé della negatività, o manchino di chiarezza riguardo alle intenzioni di Dio o alla loro via della pratica. Ma tu comunque devi avere fede nell’opera di Dio e non rinnegarLo, proprio come Giobbe. […] Gli uomini hanno bisogno della fede nei momenti di avversità e di raffinamento e la fede è qualcosa a cui segue il raffinamento; raffinamento e fede non sono separabili” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che devono essere resi perfetti devono essere sottoposti a raffinamento”). Le parole di Dio mi hanno dato forza: in quel tormento doloroso, dovevo avere fede in Dio. La polizia mi stava torturando, cercando di approfittare della debolezza della mia carne per abbattermi, per indurmi a tradire Dio. Ma anche Dio stava usando quella situazione, per perfezionare la mia fede e la mia determinazione a sopportare la sofferenza. Tutto è interamente nelle mani di Dio e sotto il Suo governo, compreso il fatto che le mie mani sarebbero rimaste mutilate o meno. Dovevo avere fede in Dio e affidarmi a Lui per rimanere salda nel testimoniarLo. Questo pensiero mi ha fatta sentire più forte, e in un batter d’occhio il dolore alle mani è svanito. Ho ringraziato Dio dal profondo del cuore!
La mattina del terzo giorno, la polizia ha ricominciato a interrogarmi. Un agente mi ha puntato il dito contro e ha detto: “Non credere che non sappiamo nulla. Sono più di due mesi che sorvegliamo casa tua. C’è un bel po’ di viavai lì!” Poi mi ha sciorinato cosa indossavano le persone che erano state a casa mia, quanto erano alte e che tipo di biciclette avevano. Ero sbalordita. Avevano tenuto sotto controllo la mia casa per un bel po’ di tempo e le persone che avevano descritto erano tutti leader della chiesa o diaconi. Non potevo tradire nessuno dei fratelli o delle sorelle, ma la polizia era già a conoscenza di molti dettagli e sicuramente non mi avrebbe lasciata andare se non avessi detto nulla. Non avevo idea delle torture che avevano in serbo per me. Magari avrei dovuto dire giusto qualcosa? Ero già in custodia da tre giorni, quindi le mie sorelle dovevano averlo saputo ed essersi nascoste. Ero convinta che la polizia non sarebbe riuscita a trovarle, così ho detto: “Le persone che venivano a farmi visita erano le mie sorelle”. Allora l’agente mi ha chiesto: “Sono credenti?” Senza pensarci su troppo, ho replicato: “Non sono vere credenti”. Subito dopo questa mia risposta, gli agenti sono andati via in cerca delle mie sorelle. Mi sono sentita così in colpa. Come avevo potuto ammettere che erano credenti? Vendere le mie stesse sorelle per poter soffrire meno non mi rendeva forse un giuda? Se loro fossero state arrestate e poi fossero stati coinvolti altri fratelli e sorelle, non sarebbe stato un danno ulteriore per il lavoro della chiesa? E anche se non fossero stati arrestati quella volta, la polizia non li avrebbe mai lasciati in pace. Erano destinati a una vita da fuggiaschi. Più ci pensavo e più mi sentivo male; poi ho rammentato queste parole di Dio: “Non avrò più alcuna pietà per coloro che non Mi hanno mostrato la minima lealtà durante il tempo della tribolazione, poiché la Mia pietà giunge solo fino a questo punto. Inoltre, non provo alcuna simpatia per chi un tempo Mi ha tradito, e meno ancora Mi piace associarMi a coloro che svendono l’interesse dei loro amici. Questa è la Mia indole, indipendentemente da quale persona si tratti. Devo dirvi questo: chiunque Mi spezzi il cuore non riceverà da Me clemenza una seconda volta, e chiunque Mi sia stato fedele rimarrà per sempre nel Mio cuore” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Prepara sufficienti buone azioni per la tua destinazione”). Le parole di giudizio di Dio mi hanno fatta sentire anche peggio. L’indole giusta di Dio non tollera offesa. Dio sdegna chi Lo tradisce. Avevo venduto due mie sorelle, comportandomi come un ignobile giuda e perdendo la mia testimonianza. Mi odiavo per essere stata così egoista e vile, così priva di umanità. Ho pregato e mi sono pentita davanti a Dio nel cuore, e ho giurato che non avrei venduto nessun altro fratello o sorella, indipendentemente da come la polizia mi avrebbe interrogata e torturata. Quella sera, l’agente Li mi ha portato 13 fotografie per farmi identificare le persone che vi erano raffigurate. Ho detto che non ne riconoscevo nessuna. Allora lui ha tirato fuori la foto di un’altra sorella e ha detto: “Questa la conosci, vero? Lei ha detto che ti conosce”. Ho considerato che, se anche era vero che quella sorella aveva detto di conoscermi, io non potevo ammettere di conoscere lei. Avevo già detto loro di due mie sorelle, quindi non potevo venderne nessun’altra, o sarebbero state torturate come me. Ho risposto con fermezza: “Non la conosco”. L’agente Li ha gridato: “Se non parli, domani te la faccio vedere io!”
Il pomeriggio del quarto giorno, un ufficiale è entrato nella stanza con quattro assi, ognuna spessa circa tre centimetri e lunga trenta; poi ha chiuso le grate alle finestre lasciando la stanza al buio. Il cuore mi è balzato in gola, battendo forte, e ho perso forza nelle gambe. Non avevo idea di quali mezzi avrebbero usato per torturarmi e se sarei stata in grado di sopportarlo. Ho invocato Dio nel mio cuore più e più volte, chiedendoGli di proteggermi affinché potessi resistere. Poco dopo, sei agenti sono entrati, mi hanno liberata dalla sedia della tigre e mi hanno ammanettato le mani dietro la schiena. Due di loro, in piedi accanto a un tavolo, mi hanno sollevata per le manette urlando: “Parla! Chi è il tuo leader?” Mi tenevano con i piedi sollevati da terra e a testa in giù; il mio corpo era sospeso in aria e stringevo i denti per il dolore. Vedendo che non dicevo nulla, due agenti hanno iniziato a sfregare le assi contro le mie costole, mentre altri due le usavano per picchiarmi con forza su braccia e gambe. Sembrava che la carne mi venisse strappata dalla cassa toracica e le gambe mi venissero staccate. Sudavo per il dolore. Mentre lo facevano, mi dicevano: “Ti picchieremo ancora più forte se non parli!” Io ho continuato a stringere i denti e non ho detto una parola. Due agenti hanno preso un oggetto duro e me l’hanno conficcato sotto le unghie dei piedi, una vera agonia. Allo stesso tempo hanno acceso una luce potente accanto alle mie mani, facendole bruciare di dolore, come se stessero andando a fuoco. Al limite estremo della sopportazione fisica, ho invocato Dio più volte, chiedendoGli di darmi forza. Quando mi hanno strattonata di nuovo verso l’alto facendo forza sulle manette, ho udito uno scricchiolio provenire dalle mie braccia e ho gridato di dolore, e solo allora mi hanno lasciata andare. Mi avevano tenuta sospesa per più di un’ora. Dopo che mi hanno tirata giù, non sentivo più le gambe. Non riuscivo a rimanere in piedi. Avevo le braccia e le gambe livide, bruciavano di dolore. Anche la carne intorno alle mie costole sembrava in fiamme e il dolore era lancinante. Mi sono accasciata a terra incapace di muovermi, sentendomi priva di forze e completamente distrutta. Era uno strazio. Il pensiero di non sapere come la polizia mi avrebbe ulteriormente torturata, o se sarei stata in grado di sopportarlo, mi faceva sentire infelice e debole. Volevo suicidarmi ingoiando la lingua, così almeno non avrei venduto i fratelli e le sorelle. L’ho morsa con forza, ma il dolore era tale che non sono riuscita ad andare fino in fondo. Poi ho pensato che magari avrei potuto strapparmi via l’ugola, in modo da perdere l’uso della parola. Ho detto loro che dovevo andare in bagno. Nella toilette, l’agente che mi teneva d’occhio mi ha sentita tirarmi la lingua e avere dei conati di vomito, e mi ha detto: “Non fare stupidaggini”. Poi mi ha riportata dentro e mi ha di nuovo ammanettata alla sedia della tigre. Solo allora mi sono resa conto di aver quasi commesso un’enorme sciocchezza e ho ripensato a delle parole di Dio: “Negli ultimi giorni dovete rendere testimonianza a Dio. Per quanto sia grande la vostra sofferenza, dovreste camminare fino alla fine, e anche al vostro ultimo respiro, dovete ancora essere fedeli a Dio e alla Sua mercé; solo questo è vero amore per Lui e una testimonianza forte e clamorosa” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’adorabilità di Dio”). “Non essere avvilito, non essere debole, e Io chiarirò le cose per te. La strada verso il Regno non è così agevole, nulla è così semplice! Vuoi ottenere facilmente le benedizioni, giusto? Oggi tutti avranno prove amare da affrontare. Senza di esse, il cuore di amore che avete per Me non si rafforzerà e voi non proverete per Me un amore autentico. Sebbene tali prove consistano solo in circostanze di scarso rilievo, tutti devono attraversarle; è solo che la difficoltà delle prove sarà diversa a seconda delle persone” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 41”). Dalle parole di Dio ho capito che, quando ci troviamo di fronte alla crudeltà dei demoni, l’intenzione di Dio è quella di perfezionare la nostra fede e la nostra devozione, e di mostrarci chiaramente come il gran dragone rosso si opponga a Dio e torturi gli esseri umani, in modo che lo odiamo e lo rifiutiamo dal profondo del cuore e restiamo saldi nel rendere testimonianza a Dio davanti a Satana. Ma la mia fede in Dio era troppo scarsa e, dopo aver subìto un minimo tormento, volevo sfuggirvi attraverso la morte. Quello era forse rendere testimonianza? Alla luce di questo, non mi sentivo più tanto infelice e la mia fede si è ravvivata. Comunque mi torturassero, intendevo affidarmi a Dio fino all’ultimo respiro, rimanere salda nel testimoniarLo e svergognare Satana. Non avrei mai venduto i miei fratelli e sorelle e tradito Dio. Dopo che ho preso questa decisione, la polizia non è più venuta a interrogarmi. Attraverso quell’esperienza, ho visto la sovranità e l’onnipotenza di Dio e ho compreso che il gran dragone rosso è solo una pedina nelle Sue mani, uno strumento che Dio usa per perfezionare il Suo popolo eletto. Ho anche visto che Dio è stato al mio fianco durante tutto quel tormento. Era sempre con me, mi guidava e mi aiutava con le Sue parole, e mi dava fede e forza. Ho potuto percepire l’amore e la protezione di Dio e L’ho ringraziato dal profondo del cuore.
Il Partito Comunista mi ha condannata a tre anni di rieducazione attraverso i lavori forzati per “disturbo dell’ordine sociale”. Nel campo di lavoro, dovevo svolgere dalle 12 alle 14 ore di lavori forzati ogni giorno, e anche di più, se non completavo i miei compiti. Sono stata assegnata a una fabbrica di pesticidi. Poiché non sopportavo l’odore, avevo mal di testa e nausea ogni giorno e non riuscivo a mangiare né a dormire bene. Ho chiesto di essere trasferita in un’altra fabbrica, ma la polizia non mi ha accordato il permesso. All’epoca ero davvero infelice, e al pensiero di dover trascorrere tre anni lì, più di mille giorni e notti, non sapevo proprio come avrei fatto a superarli. Ogni volta che andavo al lavoro e vedevo le persone fuori, libere e tranquille, mentre io ero come un uccello in gabbia, cadevo in preda alla disperazione e volevo piangere. Un’altra sorella che lavorava nella stessa fabbrica ha fatto comunione con me e abbiamo cantato insieme a bassa voce un inno delle parole di Dio: “Canzone dei vincitori” “Avete mai accettato le benedizioni che vi sono state date? Avete mai ricercato le promesse che vi sono state fatte? Sotto la guida della Mia luce spezzerete certamente la stretta delle forze dell’oscurità. Nel mezzo delle tenebre, sicuramente non perderete la guida della Mia luce. Sarete di certo i padroni di tutto il creato. Sarete senz’altro vincitori davanti a Satana. Alla caduta del regno del gran dragone rosso, sicuramente vi leverete tra le innumerevoli moltitudini come prova della Mia vittoria. Rimarrete senza dubbio saldi e incrollabili nella terra di Sinim. Per le sofferenze che sopportate, erediterete le Mie benedizioni e irradierete la Mia gloria nell’intero universo” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 19”). Cantare questo inno mi ha rincuorata. Quella persecuzione mi dava la possibilità di testimoniare Dio: era un onore per me. Il Partito Comunista voleva distruggermi nel corpo e nella mente, in modo che tradissi Dio per la mia incapacità di sopportare la sofferenza. Non potevo cadere nel loro inganno. Per quanto miserabile o difficile fosse la situazione, dovevo affidarmi a Dio, restare salda e svergognare Satana. Da allora, la sera, io e quella sorella canticchiavamo insieme di nascosto inni delle parole di Dio e condividevamo sulle parole di Dio ogni volta che ne avevamo l’occasione. A poco a poco, ho smesso di sentirmi così infelice.
Tempo dopo, è venuto a trovarmi mio marito e mi sono resa conto della sua salute precaria, quando ho visto che non era in grado di muovere liberamente gambe e piedi. Da quando ero stata arrestata, faticava a mangiare e a dormire per paura che venissi torturata, e aveva finito per sviluppare una patologia cerebrovascolare. Quando si era fatto visitare da un medico, gli avevano diagnosticato un’atrofia cerebellare che lo aveva reso parzialmente paralizzato. Questo mi ha spezzato il cuore e ho odiato con tutta me stessa il Partito Comunista, quel branco di demoni. Se non avessero arrestato e perseguitato i credenti, io non sarei mai stata arrestata e mio marito non si sarebbe ammalato. Non molto tempo dopo, è venuto a trovarmi mio cognato e mi ha detto che le condizioni di mio marito erano peggiorate e che era diventato incontinente. Era davvero avvilente, e riuscivo a pensare solo a quando sarei uscita di prigione, per poter tornare a casa e prendermi cura di lui. Poi, alla fine del 2004, i miei familiari mi hanno inviato una lettera per comunicarmi che era ulteriormente peggiorato e infine deceduto. Quando l’ho saputo, ho sentito il cielo crollarmi sulla testa. Ero in preda all’agonia. Era venuto a mancare il pilastro della nostra famiglia. Nostro figlio era ancora all’università e non avevo idea di come stesse. A causa delle persecuzioni del Partito Comunista, la nostra famiglia perfettamente felice era stata rovinata e mio marito era morto. Mi sentivo molto debole e, senza neanche rendermene conto, ho iniziato a nutrire in me del rancore. Perché continui disastri si abbattevano su di me? Perché Dio non mi proteggeva? In preda al dolore, mi sono ricordata di queste parole di Dio: “Se assecondi le debolezze della carne e affermi che Dio esageri, sarai sempre addolorato e depresso, non ti sarà chiaro che cosa sia l’opera di Dio nella sua interezza e ti sembrerà che Dio non sia minimamente compassionevole verso la debolezza dell’uomo e che sia ignaro delle sue difficoltà. Allora ti sentirai costantemente infelice e solo, come se avessi subito una grande ingiustizia, e a quel punto inizierai a lamentarti” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solo amare Dio vuol dire credere veramente in Dio”). Le parole di Dio rivelavano il mio stato. Quando mio marito è morto, non ho ricercato l’intenzione di Dio, assecondando invece la mia carne. Mi sembrava che senza mio marito non ci fosse più nessuno a prendersi cura di nostro figlio e davo la colpa a Dio. Ero davvero priva di coscienza! Era evidente che fosse stata la persecuzione del Partito Comunista a distruggere la mia famiglia e a provocare la morte di mio marito, ma io attribuivo tutta la responsabilità a Dio. Non stavo forse distocendo i fatti in modo totalmente irragionevole? A quel punto, ho capito che la mia statura era davvero scarsa e che non avevo fede né sottomissione autentiche a Dio. Ho pregato nel mio cuore: “Dio, grazie al modo in cui sono stata smascherata, riesco a vedere quanto sono ribelle. Penso sempre e solo alla mia carne e non comprendo affatto il Tuo cuore. Dio, Ti prego: guidami a sottomettermi a questa situazione e a conoscere la Tua intenzione”. Allora mi sono venute in mente queste parole di Dio: “Sei un essere creato, pertanto sarebbe naturale per te adorare Dio e perseguire una vita ricca di significato. Se non adori Dio e vivi nella sozzura della carne, allora non sei forse solo una bestia dalle sembianze umane? Poiché sei un essere umano, dovresti spenderti per Dio e patire tutte le sofferenze! Dovresti decisamente accettare di buon grado la poca sofferenza a cui sei sottoposto oggi e vivere una vita pregna di significato, come Giobbe e Pietro. […] Siete coloro che perseguono il giusto cammino, coloro che cercano il miglioramento. Siete coloro che si sollevano nella nazione del gran dragone rosso, coloro che Dio chiama i giusti. Non è questa la vita più ricca di significato?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Pratica (2)”). Riflettendo sulle parole di Dio, ho capito che essere arrestata per la mia fede e soffrire in quel modo equivaleva a essere perseguitata in nome della giustizia, e che quella sofferenza aveva un significato. Attraverso quelle avversità, ho visto la mia ribellione, la mia corruzione e la mia vera statura. Ho acquisito discernimento sull’essenza demoniaca del gran dragone rosso, su come odia Dio e Gli si oppone. Questo era l’amore di Dio per me. Ho pensato a Giobbe, che subì prove di immane portata: gli vennero rubati il bestiame e tutti i beni di famiglia, i suoi figli morirono e il suo corpo fu ricoperto di pustole. Eppure non incolpò Dio e non disse nulla di peccaminoso. Ciò che disse fu invece: “Jahvè ha dato, Jahvè ha tolto; sia benedetto il nome di Jahvè” (Giobbe 1:21). Giobbe rese a Dio una testimonianza clamorosa. Profondamente commossa, ho deciso di seguire l’esempio di Giobbe, di rimanere salda nel testimoniare Dio indipendentemente da quanto avrei sofferto. Dopo questa presa di coscienza, mi sono presentata davanti a Dio e Gli ho rivolto una preghiera di sottomissione, pronta a mettere nelle Sue mani tutto ciò che riguardava la mia famiglia e a sottomettermi alla Sua sovranità e alle Sue disposizioni.
Sono stata rilasciata sul finire di dicembre del 2005. Mio figlio studiava ancora all’università ed eravamo in bolletta, così ho trovato un lavoro. Ma, poco più di un mese dopo, il mio capo mi ha comunicato: “La polizia è venuta a parlarmi e mi ha riferito che credi in Dio. Mi hanno detto che devo licenziarti”. Questo mi ha fatta infuriare. Ero stata rilasciata di prigione, eppure il Partito Comunista continuava a tormentarmi, privandomi del mio diritto alla sopravvivenza. Erano davvero spregevoli e malvagi! Mio figlio avrebbe dovuto laurearsi nel 2006 ma, a motivo della mia condanna ai lavori forzati per la mia fede, l’università si è rifiutata di rilasciargli la laurea adducendo come motivazione il suo esito negativo in un corso, anche se per pochi voti. Così ha dovuto ripetere un anno. Ma l’anno successivo gli hanno di nuovo negato la laurea accampando lo stesso pretesto. Vedendo che altri compagni di corso non avevano superato due o tre materie ma si erano comunque laureati, ha chiesto spiegazioni al suo insegnante, che gli ha risposto: “Non sai che tua madre crede in Dio?” Solo allora ci siamo resi conto che l’ateneo stava cercando delle scuse per non rilasciargli la laurea a causa della mia fede. Alla fine, gli hanno dato un semplice attestato di frequenza. Senza laurea aveva difficoltà a trovare lavoro e si sentiva molto depresso. Desiderava rimanere tutto il tempo in casa e non voleva nemmeno parlare. Vederlo così infelice mi turbava profondamente. Dopo tutti quegli anni di studio, subiva le conseguenze del fatto che io ero stata in prigione, e alla fine gli era stata negata la laurea e aveva difficoltà a trovare lavoro. Ho percepito una certa debolezza interiore. Anche mio figlio era un credente, così abbiamo pregato e letto insieme le parole di Dio, un passo delle quali dice: “In questa fase dell’opera, ci viene richiesto il massimo grado di fede e amore. Una minima disattenzione può indurci a inciampare, perché questa fase dell’opera è diversa da tutte le precedenti: ciò che Dio sta perfezionando è la fede del genere umano, la quale è, al tempo stesso, invisibile e intangibile. Ciò che Dio compie è trasformare le parole in fede, amore e vita. Le persone devono raggiungere un punto in cui, dopo aver subito centinaia di affinamenti, possiedono una fede superiore a quella di Giobbe. Devono sopportare incredibili sofferenze e ogni genere di tortura senza mai abbandonare Dio. Quando si saranno mostrate sottomesse fino alla morte e avranno grande fede in Dio, allora la fase attuale dell’opera di Dio sarà compiuta” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il cammino… (8)”). A causa dell’arresto e della persecuzione che avevo subìto per mano del Partito Comunista, mio marito era morto e mio figlio non riusciva a trovare lavoro. Il Partito aveva tagliato la nostra fonte di reddito e voleva sfruttare quella situazione per indurmi a incolpare e tradire Dio. Ma Dio la stava usando per perfezionare la mia fede. Se fossi comunque stata in grado di seguire Dio e di sottomettermi a Lui in un dolore così grande, avrei dimostrato di avere fede autentica. Il Partito Comunista voleva renderci la sopravvivenza impossibile ma, affidandoci a Dio nella vita e andando avanti con il Suo sostentamento e la Sua guida, potevamo lo stesso cavarcela. In seguito, io e mio figlio abbiamo spesso letto le parole di Dio e condiviso su di esse, e lui è riuscito gradualmente a uscire dal suo stato di disperazione. Ha detto di vedere chiaramente che tutta quell’infelicità era causata dal Partito Comunista; che è il Partito a devastare le vite, mentre Dio dona misericordia e salvezza, che solo Dio può portarci la luce e che seguire Dio è la retta via nella vita. Ha dichiarato di voler credere in Dio e seguirLo seriamente. In seguito, entrambi abbiamo iniziato a raccogliere erbe selvatiche e funghi da vendere al mercato, in modo da poter partecipare più regolarmente alle riunioni e svolgere un dovere. In questo modo, senza troppi sforzi, riuscivamo a guadagnare abbastanza soldi per tirare avanti.
Dopo aver sperimentato l’arresto e la persecuzione da parte del Partito Comunista, ho visto pienamente la sua essenza demoniaca, il modo in cui odia Dio e Gli si oppone. Il Partito dichiara di garantire la libertà di religione, ma segretamente conduce arresti di massa contro i cristiani, li tortura e li condanna alla prigione, mentre opprime e perseguita anche i loro familiari, distruggendo innumerevoli famiglie cristiane. Sono arrivata a odiarlo e ribellarmi con tutto il cuore, e sapevo che quella frattura non si sarebbe mai risanata. Ho inoltre sperimentato personalmente l’amore di Dio e l’autorità delle Sue parole. Quando sono stata arrestata e condannata al carcere, quando mio marito è morto, quando a mio figlio è stata negata la laurea e quando vivevo nella disperazione senza alcuna via d’uscita, sono state le parole di Dio a darmi fede e forza e a farmi superare la debolezza della carne. Senza la cura e la protezione di Dio, non sarei mai sopravvissuta fino a oggi. Sono davvero grata per l’amore e la salvezza di Dio. Qualunque tipo di oppressione e avversità dovrò affrontare in futuro, seguirò Dio fino alla fine.
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