63. Chi dice che un’indole arrogante non si può cambiare?

di Zhao Fan, Cina

La parola di Dio dice: “Non si può cambiare la propria indole; ci si deve sottoporre al giudizio e al castigo, alla sofferenza e all’affinamento delle parole di Dio, oppure si deve essere trattati, disciplinati e potati dalle Sue parole. Solo allora si potranno conseguire l’obbedienza e la devozione a Dio, e si smetterà di essere superficiali nei Suoi confronti. È grazie al raffinamento delle parole di Dio che l’indole degli uomini si trasforma. Solo attraverso lo smascheramento, il giudizio, la disciplina e il trattamento delle Sue parole non oseranno più agire d’impulso e diventeranno calmi e composti. La cosa più importante è riuscire a sottomettersi alle parole attuali di Dio e alla Sua opera anche se non è in linea con le nozioni umane, riuscire a mettere da parte tali nozioni e sottomettersi di buon grado(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le persone la cui indole è cambiata sono coloro che sono entrati nella realtà delle parole di Dio”). Le parole di Dio sono così pratiche! Senza il loro giudizio e castigo, senza la potatura e il trattamento che ci riservano, non potremmo trasformare la nostra indole satanica o vivere un’umanità normale. Io, una volta, ero particolarmente arrogante. Al lavoro, pensavo sempre di essere più capace e migliore degli altri, quindi ritenevo che tutti mi dovessero obbedire. Iniziato il percorso di fede, ancora rivelavo spesso un’indole arrogante. Volevo sempre avere l’ultima parola su tutto e rimproveravo o limitavo gli altri con fare paternalistico. Era soffocante e dannoso per i miei fratelli e le mie sorelle. È stato solo grazie al giudizio, al castigo, alla potatura e al trattamento di Dio nei miei confronti che ho acquisito una certa comprensione della mia natura arrogante e sono riuscita a pentirmi e a detestare me stessa. Successivamente, ho iniziato a mantenere un profilo più basso nelle mie interazioni e nel coordinarmi con gli altri per adempiere ai nostri compiti. Ho imparato a cercare consapevolmente la verità e a prendere in considerazione le proposte degli altri. Solo allora ho vissuto un po’ di parvenza umana.

Nel 2015, sono stata scelta per servire come capo della Chiesa. All’epoca, mi sono sentita davvero felice. Ho pensato tra me e me: “Se tante persone nella Chiesa votano per me, vuol dire che sono la migliore qui. Dovrò lavorare sodo per adempiere a questo compito perché i fratelli e le sorelle vedano che non hanno scelto la persona sbagliata”. Dopodiché, mi sono tenuta occupata ogni giorno; quando vedevo che dei fratelli o sorelle avevano qualche problema, cercavo subito dei passaggi pertinenti nelle parole di Dio, poi tenevo una condivisione con loro per risolvere la questione. Dopo un po’ di tempo, la nostra vita nella Chiesa era migliorata parecchio. C’era molto lavoro da fare nella Chiesa ma riuscivo a gestirne ogni aspetto in modo ordinato e pulito. Quando ho visto che la vita nella nostra Chiesa andava un po’ meglio che in altre, ne sono stata particolarmente soddisfatta. I capi, poi, hanno visto che il lavoro della nostra Chiesa procedeva abbastanza bene e hanno anche fatto in modo che altre Chiese ci prendessero a modello. Inoltre, la Chiesa aveva dei lavori importanti in cui voleva coinvolgermi. Ho pensato: “Anche i capi hanno stima di me e lodano le mie capacità; sembra che la mia levatura non sia poi così male, di certo è abbondantemente sopra la media!”. Prima di rendermene conto, vivevo già nell’autocompiacimento. Sentivo di poter fare qualunque cosa e di capire tutto. Inoltre, se i miei collaboratori facevano qualche proposta, non gli davo mai peso; mi sentivo sempre di gran lunga superiore a loro e li comandavo a bacchetta. Quando non facevano come dicevo, mi veniva spontaneo criticarli e far loro la predica. Una volta, una sorella con cui mi coordinavo stava per rispondere a una domanda. Avendo avuto qualche difficoltà, voleva discuterne con me. Io ho pensato tra me e me: “Che c’è da discutere? Non è una domanda difficile, per questo ti ho permesso di esercitarti a rispondere. Se non riesci a risolvere nemmeno una minuzia del genere, allora non sei adatta al lavoro. Io, l’avrei risolta in un istante”. A quel punto, con tono altero, ho detto: “Lascia stare, rispondo io”. Di conseguenza, quella sorella si è sentita soffocata da me e, ogni volta che si è imbattuta in altri problemi, non osava venire a chiedermi aiuto. C’è stata un’altra volta in cui ho raccomandato sorella Wang per un certo compito. Sorella Chen ha proposto: “Questo compito è molto importante; dobbiamo capire bene come si comporta di solito sorella Wang prima di poterne essere sicuri”. A quel punto, mi sono sentita un po’ offesa. Ho pensato: “Mi sono occupata spesso di queste mansioni in passato, pensi che non me ne intenda? Inoltre, io la frequento spesso, come puoi dire che non la conosco? Vuoi che chieda in giro informazioni su di lei, ma questo non ritarderà le cose?”. Le ho detto con molta severità: “Smettila di perdere tempo. Procediamo e basta”. Vedendo quanto ero insistente, sorella Chen è rimasta in silenzio. Ho notato che, in quel momento, si sentiva un po’ limitata, ma non mi importava. In seguito, ogni volta che un fratello o una sorella faceva una proposta, pensavo sempre che non fossero abbastanza bravi o maturi; ogni scusa era buona per respingere i loro punti di vista ed esprimere quelle che consideravo idee brillanti, e tentare di farmi obbedire da tutti. Con il passare del tempo, tutti si sono sentiti limitati da me e, nelle discussioni di lavoro, tendevano a rimanere in silenzio. A un certo punto, quasi non discutevo più nulla con loro, pensando che fosse solo una formalità e una perdita di tempo. Così, svolgevo il mio compito secondo la mia indole arrogante, diventando sempre più precipitosa e autoritaria.

Una volta, vedendo un capogruppo che aveva poco successo nel suo compito, ho pensato che fosse incapace di fare un lavoro vero e che avesse bisogno di essere rimpiazzato. Sarebbe stato logico discuterne con i miei collaboratori, ma ci ho ripensato: “Meglio lasciar perdere. Anche se ne parlo con loro, alla fine saranno comunque d’accordo con me”. Così, ho sostituito direttamente il capogruppo. Al ritorno, ho detto ai miei collaboratori come avevo gestito le cose. Presa alla sprovvista, sorella Chen ha commentato: “Il lavoro di quel capogruppo presentava dei problemi, ma è una persona che persegue la verità; è solo che non è credente da molto, quindi ha una comprensione piuttosto superficiale della verità e i suoi compiti presentavano carenze e omissioni, ma questo è normale. Dovremmo aiutarlo tenendo più condivisioni sulla verità con lui. Rimpiazzarlo in questo momento non sarebbe in linea con i principi”. Non proprio convinta, ho replicato così: “L’ho sostituito solo perché avevo notato come fosse incapace di fare un lavoro pratico. Ho già avuto a che fare con questioni del genere. Stai dicendo che non sono perspicace?” Vedendo che non avevo intenzione di cambiare idea, sorella Chen non ha aggiunto altro. Più tardi, i miei collaboratori si sono messi a valutare e a capire la questione. Hanno stabilito che non l’avevo affrontata secondo i principi e hanno reintegrato il capogruppo nel suo compito. Il lavoro del gruppo era stato intralciato da questo scambio di compiti e, a quel punto, mi sono sentita un po’ in imbarazzo. Mi sono accorta di essere stata arrogante e di non aver agito secondo i principi, ma non ho comunque cercato la verità, né mi sono impegnata nell’autoriflessione.

Un mese dopo, la Chiesa aveva un lavoro importante e dal nostro gruppo di collaboratori sarebbe stato scelto un responsabile. Ciò mi faceva molto piacere; ritenendo di essere migliore degli altri in termini di levatura e di esperienza lavorativa, immaginavo che avrebbero votato per me. Con mia grande sorpresa, però, una volta annunciati i risultati, io ero fuori dai giochi. Non avevo ottenuto nemmeno un voto. Ho sentito un tonfo al cuore e tutto d’un tratto il mio mondo si è ribaltato. Com’era potuto succedere? Perché nessuno aveva votato per me? Era perché mancavano di discernimento? Nel profondo del mio cuore, volevo davvero saperne il motivo, così li ho pregati di dirmi quali fossero i miei difetti. Quando ho visto sorella Zhou che esitava a parlare, ho detto loro: “Se avete osservato qualche mancanza in me, ditelo; parliamo apertamente”. Solo allora, ha trovato il coraggio di dire: “Mi sembra che tu sia particolarmente arrogante e presuntuosa e che non accetti le proposte degli altri. Inoltre, ci comandi sempre a bacchetta e, ogni volta che sono con te, mi fai sentire un po’ spaventata e soffocata”. Un’altra sorella, a testa bassa, ha detto: “Anch’io mi sento soffocata da te. Mi sembra che tu sia davvero arrogante, come se guardassi tutti con disprezzo. È come se tu fossi l’unica a potersi occupare del lavoro della Chiesa, come se potessi fare qualsiasi cosa, e pensi che nessun altro ne sia minimamente capace…”. Sorella Chen ha poi aggiunto: “A me sembra che tu sia piuttosto presuntuosa e che non cerchi la verità o i principi nel tuo lavoro. Inoltre, non accetti le opinioni altrui e pensi di dover avere l’ultima parola su tutto. Tendi a decidere le cose in modo arbitrario, in completa autonomia…”. Una dopo l’altra, le sorelle con cui lavoravo hanno detto tutte che ero arrogante e che si sentivano limitate da me. Non riuscendo ad accettarlo, ho pensato: “Dite tutte che sono arrogante e che vi limito; beh, allora perché non ammettete che non vi siete assunte la responsabilità del vostro compito? Va bene. D’ora in poi, qualunque cosa accada, terrò la bocca chiusa. Fate tutte come vi pare”. Quella sera, continuavo a rigirarmi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Mi ero sempre considerata di buona levatura e un’abile lavoratrice, quindi era normale essere un po’ arrogante. Le mie sorelle e i miei fratelli non avrebbero dovuto avere un’opinione negativa di me. Non avrei mai immaginato che mi considerassero così, arrogante e totalmente priva di ragionevolezza. Non avrei mai pensato che si sarebbero sentiti così soffocati e feriti. Più ci pensavo, più mi saliva l’agitazione. I miei fratelli e le mie sorelle provavano così tanto disgusto e avversione verso di me, mi sentivo come un topo di fogna, odiata e disprezzata dagli altri. Non c’era modo che Dio salvasse una persona come me. Sono diventata molto negativa. Nella mia angoscia, ho pregato Dio senza sosta. Ho detto: “Dio, soffro così tanto e non so come vivere questa esperienza. Ti prego, illuminami affinché io possa comprendere la Tua volontà…”.

La mattina dopo ho acceso il computer e ho ascoltato una lettura delle parole di Dio: “Aver fallito ed essere caduti ripetutamente non è una cosa cattiva, e nemmeno essere smascherati. A prescindere che tu abbia subito il trattamento, la potatura o lo smascheramento, devi sempre ricordare una cosa: essere smascherati non significa essere condannati. Lo smascheramento è una buona cosa, la migliore opportunità per arrivare a conoscere te stesso. Può portare un cambiamento radicale nella tua esperienza di vita. Senza, non avrai l’opportunità, lo stato né il contesto per riuscire a comprendere la verità della tua corruzione. Se arrivi a conoscere le cose dentro di te, tutti quegli aspetti nascosti nel profondo del tuo animo che sono difficili da individuare e portare alla luce, è una buona cosa. Acquisire la capacità di conoscere davvero te stesso è la tua migliore opportunità per correggere le tue abitudini e diventare una persona nuova; per te è la migliore opportunità per ottenere una vita nuova. Una volta che avrai conosciuto veramente te stesso, riuscirai a capire che quando la verità diventa la vita di una persona è davvero una cosa preziosa, e avrai sete di verità ed entrerai nella realtà. È una cosa davvero magnifica! Se riesci a cogliere questa opportunità e a riflettere seriamente su te stesso, acquisendo un’autentica conoscenza di te stesso ogni volta che fallisci o che cadi, sarai in grado di rialzarti nel mezzo del pessimismo e della debolezza. Una volta varcata questa soglia, riuscirai a fare un grande passo avanti e a entrare nella realtà della verità(“Per guadagnare la verità, devi imparare dalle persone, dalle situazioni e dalle cose intorno a te” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Ero così commossa mentre meditavo sulle parole di Dio e le mie lacrime continuavano a scendere. Sentivo che, creando questo tipo di ambiente in cui i miei fratelli e le mie sorelle mi avevano potato e trattato con tanta durezza, Dio non mi stava eliminando o mettendo apposta in imbarazzo. Anzi, dato che ero davvero arrogante e testarda, Dio voleva utilizzare quella situazione come castigo per svegliarmi e farmi riflettere su me stessa all’ultimo momento, perché mi pentissi e cambiassi. Era Dio che mi stava salvando. Rendendomi conto di ciò, mi sono sentita veramente liberata e non ho più frainteso Dio. L’ho pregato, desiderosa di cogliere l’opportunità per riflettere su me stessa e arrivare a conoscermi.

Poi, ho cercato alcuni discorsi di Dio in cui Egli parla dell’indole arrogante dell’uomo. Dio dice: “Se davvero possiedi la verità dentro di te, il cammino che percorri sarà naturalmente la retta via. Senza la verità, è facile commettere il male, e lo commetterai tuo malgrado. Per esempio, se in te ci fossero arroganza e presunzione, ti sarebbe impossibile astenerti dallo sfidare Dio; ti sentiresti costretto a farlo. Non lo faresti intenzionalmente, ma saresti guidato dalla tua indole arrogante e presuntuosa. La tua superbia e il tuo orgoglio ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza; ti indurrebbero a esaltare te stesso, a metterti costantemente in mostra e, alla fine, a sederti al Suo posto e a rendere testimonianza per te stesso. A lungo andare, trasformeresti le tue idee, la tua mentalità e le tue nozioni in verità da adorare. Guarda quanto male commettono le persone sotto il dominio della loro natura arrogante e presuntuosa!(“Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). “L’arroganza è la radice dell’indole corrotta dell’uomo. Più le persone sono arroganti, più tendono a resistere a Dio. Quanto è serio questo problema? Non solo le persone dall’indole arrogante considerano tutti gli altri in una posizione inferiore, ma, quel che è peggio, hanno persino un atteggiamento di sufficienza nei confronti di Dio. Anche se dall’esterno potrebbe sembrare che alcuni credano in Dio e Lo seguano, non Lo trattano affatto come Dio. Sentono sempre di possedere la verità e hanno un’opinione smodata di se stessi. Questa è l’essenza e la radice dell’indole arrogante, e viene da Satana. Il problema dell’arroganza, pertanto, deve essere risolto. Sentirsi migliore di un altro è cosa da poco; il problema cruciale è che un’indole arrogante impedisce di sottomettersi a Dio, al Suo governo e alle Sue disposizioni. Chi ha tale indole si sente sempre portato a competere con Dio per avere potere sugli altri. Questo tipo di persona non riverisce minimamente Dio, e tanto meno Lo ama o si sottomette a Lui(La condivisione di Dio). Mentre leggevo le parole di Dio, mi sentivo estremamente angosciata e a disagio, ma anche un po’ spaventata. Ho capito come avevo vissuto secondo la mia indole arrogante, non solo limitando e danneggiando gli altri, senza essere in grado di interagire con loro in modo appropriato, ma, ancor peggio, senza fare posto a Dio nel mio cuore e senza riverirLo. Ero incline a commettere malignità e a resisterGli in ogni momento. Ho pensato a come, da quando svolgevo il mio compito di capo, avevo ritenuto di avere una certa levatura, di cavarmela abbastanza sul lavoro, quindi avevo un’opinione molto alta di me stessa. Lavorando a fianco degli altri, pensavo sempre di essere superiore a loro, dando ordini e limitandoli. Quando i miei collaboratori mi suggerivano qualcosa di diverso, non cercavo mai i principi della verità. Pensavo solo che, avendo esperienza e buon occhio per le cose, potevo spingere le persone a darmi retta. Era come se considerassi il mio punto di vista la verità, la norma, quindi tutti gli altri dovevano obbedirmi. Ancora più spaventoso era come avevo limitato gli altri al punto che non avevano osato esprimere il proprio punto di vista. Tuttavia, io ne ero stata totalmente ignara, addirittura pensando che fossero d’accordo con me. La mia presunzione e le mie capacità mi avevano inconsapevolmente fatto sentire un gradino sopra alle mie sorelle e ai miei fratelli, tanto che avevo rimpiazzato un capogruppo senza nemmeno discuterne con i miei collaboratori. Quando la mia sorella ha sollevato la questione, l’avevo confutata trovando una giustificazione. Ho capito come ero stata estremamente arrogante. Non avevo la minima riverenza o sottomissione nei confronti di Dio, né avevo valutato se ciò giovasse al lavoro della casa di Dio. Avevo solo agito in modo unilaterale e arbitrario, secondo la mia indole arrogante, intralciando il lavoro della casa di Dio e facendo così tanto male ai miei fratelli e alle mie sorelle. Ciò era svolgere il mio compito? Credevo di essermi assunta delle responsabilità sul lavoro, ma, in realtà, ero solo un dittatore arrogante che cercava di soddisfare la propria avidità di potere. Stavo commettendo il male e resistendo a Dio! In seguito, mi sono chiesta ripetutamente: “Come sono stata capace di un’arroganza così sfrenata da incamminarmi su un sentiero di malvagità e resistenza verso Dio?” Solo riflettendo su me stessa mi sono resa conto di essere stata dominata da veleni satanici come “Io sono signore di me stesso in cielo e in terra” e “Sii al di sopra degli altri e rendi gloria ai tuoi antenati” al punto che, fin da piccola, mi era sempre piaciuto comandare sugli altri e, in ogni mia azione, avevo fatto sì che mi ascoltassero e orbitassero intorno a me, tenendomi al centro dell’attenzione. Era come se fosse l’unico modo per dimostrare le mie capacità, come se quello fosse l’unico modo valido e significativo di vivere. Ora ho finalmente capito che, avendo sempre vissuto secondo quei veleni satanici, la mia natura arrogante era andata fuori controllo e stavo vivendo senza un minimo di umanità. Non solo avevo limitato e danneggiato così tanto le persone, ma avevo anche intralciato il lavoro della Chiesa. Solo allora ho capito che i veleni satanici “Io sono signore di me stesso in cielo e in terra” e “Sii al di sopra degli altri e rendi gloria ai tuoi antenati” sono fallacie. Sono assurdità e malvagità che possono solo corrompere e danneggiare le persone. Pensavo sempre che essere superiore e avere gente orbitante intorno a me fosse motivo di goduria. Poi ho finalmente capito con chiarezza che vivere secondo questi veleni satanici era come fare la vita di un fantasma. Nessuno voleva avvicinarsi a me. Irritavo gli altri e Dio mi disprezzava ancora di più. Quelli erano i frutti amari del vivere secondo i veleni di Satana! Ho pensato a come, all’inizio, l’arcangelo fosse stato estremamente arrogante e, nel tentativo di essere alla pari con Dio, avesse cercato di prendere il controllo totale. Alla fine, offese l’indole di Dio, fu maledetto da Lui e venne scaraventato in aria. Questa mia indole che mi faceva limitare con tanta arroganza i miei fratelli e le mie sorelle, pensando sempre che gli altri dovessero ascoltarmi, non era identica a quella dell’arcangelo? A quel pensiero, ho finalmente capito quanto fosse spaventoso vivere con un’indole arrogante. Se Dio non avesse creato per me questo tipo di ambiente, sicuramente avrei continuato a svolgere il mio compito in base alla mia arroganza e chissà quanto male avrei commesso, giungendo a offendere l’indole di Dio e venendo punita. Dopo aver capito ciò, ho pregato Dio: “Dio, non voglio più vivere con un’indole arrogante, resistendoTi. Voglio cercare la verità per eliminare la mia arroganza e pentirmi sinceramente di fronte a Te”.

Ho letto un passo dalle parole di Dio che dice: “La natura arrogante ti rende testardo. Chi ha questa indole testarda non è forse incline a essere arbitrario e sconsiderato? Come rimedi, allora, alla tua testardaggine? Quando hai un’idea, la esponi e dici che cosa pensi e credi riguardo a tale questione e poi lo comunichi a tutti. Prima di tutto, puoi far luce sul tuo modo di vedere le cose e puoi cercare la verità; questo è il primo passo da compiere per vincere quest’indole testarda. Il secondo passo avviene quando altre persone danno voce a opinioni diverse: a quale pratica puoi ricorrere per evitare di essere testardo? Per prima cosa, devi avere un atteggiamento di umiltà, mettere da parte ciò che credi sia giusto e far sì che tutti comunichino. Anche se pensi che il tuo modo sia giusto, non dovresti continuare a insistervi. Questo è il primissimo tipo di passo avanti; mostra un atteggiamento di ricerca della verità, di negazione di te stesso e di soddisfazione della volontà di Dio. Acquisito questo atteggiamento e, contemporaneamente, non attenendoti alla tua opinione, tu preghi. Poiché non distingui ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, permetti a Dio di rivelare e dire qual è la cosa migliore da fare, la più consona. Mentre tutti si uniscono nella condivisione, lo Spirito Santo porta a ciascuno l’illuminazione(La condivisione di Dio). Nelle parole di Dio ho trovato un percorso di pratica: qualunque sia la situazione in cui mi trovo, devo mantenermi riverente e sottomessa di fronte a Dio. Per prima cosa, devo pregare Dio e cercare la verità; poi, devo presentare le mie idee ai miei fratelli e sorelle, in modo da poter cercare e tenere condivisioni tutti insieme. Anche quando penso di avere ragione, devo consapevolmente rinnegare e abbandonare me stessa, ascoltare di più le opinioni dei miei fratelli e sorelle e vedere cosa sarà più in linea con la verità e benefico per il lavoro della Chiesa. In una riunione successiva, mi sono aperta ai miei fratelli e sorelle, rivelando la mia corruzione e mi sono scusata per come li avevo danneggiati e limitati. Essi non se ne sono lamentati. Si sono aperti, hanno tenuto una condivisione con me e io mi sono sentita molto più leggera. Nelle discussioni di lavoro successive, chiedevo attivamente agli altri di esprimere il proprio punto di vista e, quando emergevano proposte diverse, cercavamo e tenevamo condivisioni insieme fino a raggiungere un consenso. Pian piano, i miei fratelli e sorelle hanno smesso di sentirsi limitati da me e la nostra collaborazione è proseguita in un’atmosfera molto più armoniosa.

Un giorno, stavo discutendo di lavoro con una sorella con cui dovevo collaborare. Diceva di aver scritto una lettera ai capi su alcuni problemi all’interno della Chiesa, raccontando loro delle difficoltà che avevamo avuto nei nostri compiti e di come le avevamo sperimentate. A quel punto, la mia indole arrogante ha fatto nuovamente capolino. Ho pensato: “Basterà parlarne nelle prossime riunioni. Non c’è bisogno di scrivere una lettera”. Quando stavo per respingere la sua idea, mi sono ricordata di quanto fossi stata incredibilmente arrogante in passato. Volevo sempre che gli altri mi dessero retta in tutto, tanto che i miei fratelli e sorelle si sentivano tutti limitati da me e io non vivevo affatto una parvenza umana. Così ho pregato Dio in silenzio, voltando le spalle a me stessa, non volendo più vivere secondo la mia indole arrogante. Dovevo praticare la verità. Successivamente, mi sono resa conto di quanto fosse bello che quella sorella si fosse assunta la responsabilità di parlare del lavoro ai nostri capi e che non avrei dovuto ostacolarla. Avrei dovuto aiutarla a scrivere bene quella lettera. Una volta capito ciò, il mio tono si è ammorbidito e sono riuscita a comunicare pazientemente con lei sui problemi del nostro lavoro, ascoltando di più le sue opinioni. Su qualche punto ho pensato che fosse un po’ fuori strada, ma mi sono astenuta dal dare giudizi alla cieca. Immaginavo che avrei dovuto cercare prima di parlare. Solo allora mi sono resa conto che una parte dei suoi argomenti erano cose a cui non avevo mai pensato prima. Ho provato un po’ di vergogna. Ho capito quanto ero stata incredibilmente arrogante, soffocando sempre i fratelli e le sorelle perché non potessero fare la propria parte nei loro compiti. In realtà, avevano tutti delle qualità. Se non fossero stati lì a lavorare con me, non avrei mai potuto adempiere ai miei compiti da sola. Dopodiché, insieme, abbiamo fatto un riassunto delle questioni e, una volta rifinita la lettera, l’abbiamo spedita. Da quel momento, nello svolgere i nostri compiti, ogni volta che la mia natura arrogante si mostrava di nuovo, pregavo consapevolmente Dio e abbandonavo me stessa, discutendo e tenendo più condivisioni con gli altri. La nostra collaborazione funzionava molto meglio, e mi sentivo particolarmente a mio agio e sollevata. Sentivo che svolgere così il mio compito era davvero fantastico. Una persona arrogante come me che cambia un po’ è stato davvero il frutto nato dall’esperienza del giudizio e del castigo delle parole di Dio.

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